Selezione di testi tratti da "Isole galleggianti. Poesia femminile sudafricana (1948-2008)"

Proposta di una selezione di testi tratti dal volune

Isole galleggianti. Poesia femminile sudafricana 1948-2008

a cura di Paola Splendore e Jane Wilkinson 

Edizioni Le Lettere 2011

Traduzione di Paola Splendore
 

                                                    

Ruth Miller ( Cape Town 1919- Johannesburg 1969)
 
L'ISOLA GALLEGGIANTE
Giù per la gola satolla del fiume
Sporgono tronchi frastagliati di alberi,
Vortici gorgoglianti galleggiano;
I cervi morti annegati hanno ginocchia ferite.
I nidi stillano fango negli alberi fradici.
Turbinando in un vortice folle
Giù per la scura piena dello Zambesi
Appare un'isola- strappata intera
Tendini di canna e sangue salmastro,
Divelta dagli ormeggi nel fango muto,
Porta sul dorso ondeggiante
Una mandria di cervi arenati, vivi,  
[.................]

Cadrà la notte su Fumo Tonante
E inghiottirà i loro fianchi saltellanti.
Strappati dal nostro continente, ci perdiamo
e non conoscendo le stagioni
le nostre verdi isole inesplorate affondano in acque
                                                      [ingarbugliate, cieche.
 
PERSINO IL MARE MUORE......
Persino il mare muore
Disse Garcia Lorca
Piangendo un altro.
Ma io non mi consolo
Per la morte del mare
Bianchi gabbiani gridano
Rauchi e penetranti
Chiamandosi l'un l'altro
In archi impazziti
Sul mare melodioso.
Sei certo che morirà?
Che prova esiste
Per dimostrarlo,
Forse che non si muove, non appare
Alla nostra piccola visione?
No, strillano i gabbiani
Con il loro senso selvaggio, Noi che l'amiamo più di tutti
Sappiamo che la sua morte sarà certa e tremenda
Perché noi moriremo con lui.

CI SONO FERITE
Scritta sul vento o sull'acqua
La parola è carne. Presto o tardi
La carne parlerà con suoni
Così cupi da bucare la pelle.
Le stigmate non sono visibili
In questi casi: ci sono ferite
Dentro cui un Tommaso non oserebbe
Affondare la mano.
 
Elizabeth Eybers (Transvaal 1915- Olanda 2007)
 
SALICI
La fine del giorno mi ha condotto all'ora spettrale
dove si stagliano stipati nello stupore velato,
fragili e sottili, la cerea luna sospesa
tra la bruma del crepuscolo e l'intrico dei rami.
Teneri germogli di primavera spuntavano tra gli arti
e si spargevano in tremuli zampilli,
ma nella tristezza dell'ora presente appaiono
effimeri e sull'orlo della morte
[...................................]

BILINGUE
A chi non mi ama le mie scuse presento:
sono cresciuta a suon di filastrocche,
e più vado avanti e più di amare sento
quei suoni cari che di rifare tento
per ritrovare la voce di mia madre
perché era lei, che per me leggeva
quando le andava, o a volte cantava,
e tutto quello che sempre faceva
era nella lingua che meglio sapeva,
con un tono di grande allegria naturale.
Troppo giovane allora, troppo vecchia oramai per il
                                                                         [rimpianto,
gioiosa accetto quel debito fecondo.
 
 
Ingrid Jonker  ( Kimberley 1936- Cape Town 1965)
 
SCURO RUSCELLO
Verde ruscello fremente di vita
in cui guarda il sole
non posso parlare con te
hai troppi segreti
Meglio parlare ai girini?
Sono troppo timidi.
Dirgli che diventeranno ranocchi?
Non è detto che accada.
Dovrò piangere perché uno di loro affonda
prima che gli spuntino le zampette?
Non serve a niente.
Ruscello in cui il buio
non vede altro che il buio
con te posso parlare
ti conosco meglio.

SILENZIO ARRIVA L'UOMO DEL BUIO
Sul verde sentiero
dell'orizzonte lontano
che circonda la terra piccola mia,
un vecchio arranca
una luna aperta tra i capelli
l'usignolo nel cuore
un gelsomino reciso all'occhiello
e la schiena ricurva dagli anni.
          Cosa fa, mamma?
Chiama i grilli
Chiama il silenzio
nero che canta
come i giunchi, tesoro,
e le stelle che palpitano
toc toc amore mio,
come i minuscoli scarabei
nel loro esile trillo lontano.
                  Come si chiama, mamma?
Si chiama Silenzio
Si chiama Sonno
Signor Oblio
dalla Terra dei Sogni
Si chiama silenzio
proprio così, tesoro
Silenzio, l'uomo del buio
                       Mamma.......     
Silenzio, l'uomo del buio    
 
CITTA' DESOLATA
Nella pioggia appena passata
giorno distante e città desolata
di ghiande di colombe colme d'alba
le mie mani puro scoiattolo
veloci furtive ma pronte
giorno distante e città desolata
tra la folla sei arrivato
col tuo chiaro sorriso
come da un lungo viaggio
e la pioggia appena passata
s'è riscaldata sul mio corpo
la pioggia di fumo e ocra
che odora delle tue mani pulite
calde colombe e il papavero
aperto arancione del cielo.

Ina Rousseau (Roodepoort 1926- Cape Town 2005)
 
TEMPO DI JACARANDA  1983
Brutalmente il nostro universo
si imbratta di vivaci
tinte pastello-
diventa un banale acquerello,
una crosta leziosa e nauseante
un inferno viola e lillà.

Jennifer Davids (Cape Town 1945)
 
POESIA PER MIA MADRE
La poesia non è tutto, dicesti
il pomeriggio che ne portai una
a te piegata sulla tinozza
con le mani
la pelle aggrinzita
delle tue mani scure
granadiglia rinsecchita
ricoperte di schiuma.
[...........................]
La poesia non è tutto
nella vita, dicesti
col tuo sguardo cerchiato di azzurro
scorrendo veloce la pagina
con un'occhiata sopra la mia spalla
tornando poi alla tua
acqua sporca
e le mie parole
strizzate
si facevano sempre più
piccole.
 

Antjie Krog ( pr.Free State 1952)
 
PRIMO SEGNO DI VITA
[.............................]
come una poesia sei cominciato senza che lo sapessi
un innesto di immagine e suono
col cordone ombelicale della vita venato del mio sangue
dopo settimane gonfio in un gesto di parole e vertebre
un verso che tremava stamattina chiedendo di essere scritto
[................................]
 
DIVENTARE POETA
svegliarsi una mattina nel suono
con le antenne di vocali consonanti dittonghi
calibrare con delicatezza il più tenue
movimento di luce e di perdita nel suono
trovarsi all'improvviso in ginocchio davanti al percepibile
dell'attimo preciso in cui
un verso si dilata nell'aria
[................................]
 
Ingrid de Kok (Stilfontein ,1951)
 
BERE LA SUA ACQUA
Casa è dove sta il cuore
una lattina legata a un cane randagio.
La sola verità è quella di casa:
conserve sullo scaffale d'inverno.
Quelli che portano la casa sulle spalle
vivono più di cent'anni,
andando passo passo dalla nascita alla laguna.
[......]
Casa è dove sta il cuore:
guscio caldo sulla schiena.
Il cielo entra nella pelle,
le rosse formiche del cielo
ti strisciano sulle spalle.
Questo corpo che si china è il mio solo corpo.
Mi chino e bevo
l'ombra nell'acqua.

RAMMENDO
Dentro e fuori, indietro, dall'altra parte.
Il gesto rituale congiunge la stoffa.
I punti sono i versi di un chirurgo,
un sigillo cinese, la pantomima
della stampa. Poi traccia. Poi scia rossa.
Crescono croste, stigmate dal filo.
Cronaca di cotone congelato.
Istogramma di lividi e ferite.
La donna è intenta alla sua antica arte.
L'ago congiunge mentre sfreccia,
e sfregia, scrive, segna, sutura,
il rammendo invisibile del cuore. 

PARTI DEL DISCORSO
Ci sono storie che non vogliono essere narrate.
Se ne vanno portandosi valige
tenute insieme da un cordino grigio.
Guarda le loro schiene ricurve che scompaiono.
Gobbe. Ferite. Sacche da viaggio.
Ci sono storie che rifiutano di essere danzate o mimate.
Gettano via i bastoni scorticati
e le scarpe rumorose da tip tap,
cancellano le loro tracce dalle filastrocche
o da giochi antichi come mosca cieca.
[...........]
Perché ancora immaginare parole intere, mondi interi:
lo scoppiettio delle consonanti,
vocali come anemoni marini,
sintassi di cordone ombelicale, versi che cominciano nel
                                                                           [cuore,
e verbi, verbi che muovono montagne?
 
Karen Press ( Cape Town 1956)
 
L'UOMO CHE HA SUL TETTO PAROLE INCOMPLETE
L'uomo che ha sul tetto parole incomplete
setaccia le strade per le lettere mancanti.
Vecchie lettere verdi
e spazi.
Il suo tetto di latta è cosparso
di vecchie lettere verdi e spazi.
Nessuno a guardarlo dall'alto
ne coglierebbe il senso.
L'uomo cerca altre lettere, stesso verde, stesso tipo.
Ruba latta stampata
da tetti e muri di altra gente
cercando di trovare l'uguale.
[.......]

Yvette Christianse (Doornfontein 1954)
 
ROCCE  E PIETRE
Il fuoco brucia, il fumo inizio
e fine. Noi fissiamo - quegli alberi -
ci teniamo forti. Sappiamo
perchè il corpo duole - il vento
è un vecchio vandalo in questa valle.
Il fumo sale. Le ceneri si ammucchiano.
Eppure, aspettiamo- la speranza ha un senso.
Dovessi danzare, sarebbe
tra quelli ali sulle onde.
Mi tufferei come gabbiano e
neppure più le ceneri rimarrebbero.
Allora, certo, il vento imparerebbe un altro canto.

Malika Ndlovu ( Durban 1971)
 
NATA IN AFRICA MA
nata in Africa ma
allattata da un'altra lingua madre
addormentata con ninne-nanne straniere
prego di andare in cielo da gesù
quando muoio
nata in africa ma
su una zolla assegnata
scagliata lontana dall'albero indigeno
strategia per decidere del mio destino
[......]
nata in Africa ma
prigioniera di me stessa
ho sciolto le catene
e sono libera di aprire la mappa sacra
nessuno potrà impormi il mio destino
nata in africa ma
viva nel prima e nell'oltre
un universo si risveglia in me.
 
Gabeba Baderoon  (Port Elizabeth 1969)
 
NON POSSO IO STESSA
Per venire in questo paese,
il mio corpo deve ricomporsi
in firme e fotografie.
E' tra queste che mi rintracceranno.
Devo abbandonare ogni incertezza.
Non posso io stessa essere una domanda.
 
Makhosazana Xaba  (Greytown 1957)
 
MANEGGIARE CON CURA
Se domani mi sveglio in mille pezzi
come una coppa di vetro esplosa
sulla piastra bollente del fornello,
mi raccoglierai
pezzetto per pezzetto,
spostando i mobili
un centimetro dopo l'altro?
Frugherai con cautela
nel cassetto delle posate
se lo scoppio l'ha trovato aperto,
mi troverai in quella confusione
e poi rimetterai tutto a posto?
[...........]
Ti spingerai fino agli
spazi alti della cucina
con un panno umido
per assorbire la polvere
degli interstizi
così che io possa tornare
tutta intera
quando mi mandi via
dalla tua vita,
nello spazio riservato
del cimitero
dei rapporti.
 

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