Tomi Adeyemi- Figli di sangue e ossa - recensione a cura di Giulia De Martino

Tomi Adeyemi

Figli di sangue e ossa

traduzione di Seba Pezzani

Rizzoli, 2018

 

E’ la prima volta che ci accingiamo a recensire un romanzo di fantasy, ma le pubblicazioni di questo genere, sempre in più gran numero provenienti da scrittori, anzi scrittrici di origine africana, ci inducono a farlo. Non abbiamo mai fatto questione di letteratura alta o bassa, purché si tratti di testi ben scritti e ben tradotti.

Tomi Adeyemi è una giovane scrittrice, non ancora trentenne, che ha scalato la vetta dei bestsellers dell’anno 2018 negli Usa: il suo romanzo fa parte della trilogia Legacy of Orisha, ed è già pronta la sua trasformazione in film.

Come succede a molti genitori di prima generazione la famiglia nigeriana in cui è cresciuta in America non l’ha avviata alla lingua e alla cultura yoruba, da lei conosciuta molto più tardi. E’ proprio in omaggio alla cultura degli antenati che la scrittrice mescola i miti e la cosmogonia della sua terra nigeriana con i temi classici del fantasy: una terra fantastica, degli eroi, degli oggetti magici e la trasformazione dei protagonisti che alla fine della storia sono cambiati come in tutte le fiabe.Non manca neanche il Grande Malvagio contro il quale combattere, anche a costo della morte.

Ma la novità per noi è che non ci aggiriamo tra elfi, draghi, orchi e nani e tra tutto l’armamentario che va da Tolkien alla Rowling: alle mitologie nordiche che sono alla base di molto fantasy qui si sostituiscono gli antichi dei della cultura yoruba e la storia della magia della terra degli Orisha. Veramente l’autrice prende a prestito il nome di questi dei Orisha e lo dona ad una terra ancestrale, lussureggiante di foreste e ricca di deserti, montagne e acque impossibili da attraversare ,provvista di costruzioni grandiose, antichi templi, ma anche di povere capanne di fango e paglia. Lagos, anche in questa terra semi immaginaria è un centro vivace di commerci e grande traffico come quella reale odierna. Qui vivevano in pace gli antichi dei, gli uomini e  i maghi, tramite tra la terra e il cielo, come aveva deciso la Grande madre celeste.

Ma l’invidia s’insinua tra coloro che possiedono la magia e coloro che ne sono esclusi fino ad arrivare ad una guerra totale che vede l’uccisione di tutti gli adulti maghi, ad eccezione dei bambini e ragazzi fino a tredici anni, età nella quale sboccia questa capacità. I superstiti, chiamati indovini, si riconoscono da una chioma argentea e da penetranti occhi madreperlacei: sono ridotti in schiavitù  dal potente re Saron, deciso a sterminare tutti gli indovini che si vogliono ribellare per ricreare l’antica magia, provando un autentico disprezzo e terrore di fronte a questi poteri sovrannaturali.

La genialità della scrittrice sta nel creare una storia con quattro protagonisti: i due figli del re, Inani e la principessa Amari e la ribelle Zélie, la predestinata,  con suo fratello Tzain, figli di una maga brutalmente uccisa da Saron nel giorno del grande pogrom denominato Raid. Non possiamo narrare la storia per ovvie ragioni, ma solo le caratteristiche dei personaggi, soprattutto quelli femminili, vere e proprio supereroine, in grado di maneggiare le armi e le parole, oltre che la magia, superando di gran lunga i fratelli, più difficili a uscire dagli schemi in cui sono stati allevati, più restii ad accettare la possibilità di un vero cambiamento per il futuro. Questa coppia fraterna s’innamora, nonostante le difficoltà e le differenze : la bella principessa del gigantesco e forte Tzain, il tenebroso e contraddittorio Inani della valorosa Zélie, creando uno dei punti cruciali della vicenda.

Come già si comprende c’è un sottotesto che pervade tutta la storia: il disprezzo per la genia diversa degli indovini da parte degli altri e di chiunque abbia idee contrarie a quelle dominanti, l’incapacità di accettare l’umanità dell’altro, un vero e proprio apartheid e schiavismo esercitato nei confronti del popolo dalla chioma d’argento, gli abusi commessi dai soldati del re, che spesso con atti di gratuita malvagità, si mostrano più realisti del re, anche se sono poveri e senza potere, tranne quella che deriva loro dall’indossare la divisa di Saron. Sono tutti chiusi dentro le rispettive condizioni: gli uni si sono convinti che non è possibile uscire dal loro stato di schiavitù, gli altri pensano di possedere le chiavi del mondo senza doverle condividere con nessuno.

Riusciranno i nostri eroi, tra una mirabolante magia, che ci regala istanti fantasmagorici di immagini e colori, e orribili combattimenti e torture, a cambiare le cose?  Come in ogni saga, il finale è aperto per un successivo sequel.

E’ facile immaginare a che cosa pensi l’autrice, quando parla di questo: anche il fantasy si mette al servizio della lotta alle discriminazioni contro gli afroamericani, al razzismo manifesto e strisciante che pervade la società americana, ai comportamenti violenti della polizia, anche se sotto la divisa c’è un nero. In fondo al libro, in una nota dell’autrice, tutto questo viene dichiarato a chiare lettere, casomai non si volesse capire... Le due eroine, l’una da subito, l’altra dopo un faticoso cammino di trasformazione sono il mezzo di cui si serve Tomi Adeyemi per proporci questi temi e proporli alle giovani generazioni di neri, creando delle wonder woman svelte di mano e di cervello,  in quasi 550 pagine che si leggono tutte d’un fiato senza stancarci mai.

Attendiamo con impazienza il film e il seguito.

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