Alain Mabanckou - Le cicogne sono immortali - a cura di Rosella Clavari

 

 

 

 

 

 

 Alain Mabanckou

 Le cicogne sono immortali

 66thand2nd, 2020

 traduzione di Marco Lapenna

 

   Anche in questo romanzo di carattere autobiografico, Mabanckou dà prova della sua capacità di raccontare in forma ironica e vivace momenti felici e drammatici della sua preadolescenza attraverso lo sguardo sincero di un ragazzo, Michel, nella città ormai familiare di Pointe-Noire; il padre Roger che non si stacca mai dalla sua radio e lo invita sotto il mango per informarlo sulla realtà dei fatti storici nel Congo-Brazzaville dove vivono, apre la mente del ragazzo sulle inspiegabili e repentine trasformazioni politiche del suo paese. In fondo chi è il presidente se non quel combattente amato che con i suoi compagni di scuola spesso è andato ad onorare nelle cerimonie ufficiali? E sempre con la scolaresca, in divisa elegante, quante volte hanno salutato con canti l'arrivo dei numerosi capi di stato che si sono avvicendati nel rendere omaggio al presidente? La canzone per la verità era sempre la stessa, nel testo cambiava solo il nome del presidente ospite di turno, aggiungendo una dedica anche all'eventuale moglie. Ben presto verrà a sapere, edotto dal padre nelle chiacchierate sotto il mango, che quelle visite diplomatiche nascondevano ben altri interessi che una semplice visita di cortesia, per esempio le strategie dei paesi colonialisti nei confronti del Congo; e gli interessi della Russia comunista a mantenere forti legami, accogliendo molti studenti congolesi nelle Università di Mosca negli anni '70-'80.  Le trame oscure e le divisioni tra nordisti e sudisti nella guerra civile interna sono l'aspetto peggiore della questione e ne farà le spese Pauline, la madre del piccolo protagonista, cui i nordisti hanno ucciso il fratello.

Facendo un passo indietro, poco prima dello zio verrà ucciso proprio il presidente Marien Ngouabi: la notizia diramata nella radio locale mentre Michel si trova col papà sotto il mango, suscita l'improvvisa fuga del cane di casa, Mbou Mabé (che significa cane cattivo) cui il bambino era particolarmente affezionato. Questa digressione sul mondo animale è molto divertente perché suona come una metafora degli ultimi, dei dimenticati da tutti,  di fronte ai giochi di potere che decidono la vita o la morte degli uomini.  Michel, preoccupato dalla fuga del cane, vorrebbe piangere per la morte del presidente, considerato il grande combattente congolese, quasi sentendosi in colpa di provare più disperazione per il suo cane fuggito; facendoci ricordare i versi di una famosa canzone russa  “ i soldati  morti in battaglia, non rimangono sepolti sotto terra ma tornano a casa, volando in stormi triangolari, trasformati in bianche cicogne”, anche il bambino ricorda l'inno che cantava in classe, in cui erano lui e i suoi compagni le bianche cicogne della rivoluzione socialista congolese.  Il ragazzo ricorda che Ngouabi oltre a essere onorato dalle visite di numerosi rappresentanti come Mao-Tse-Tung, Nicolae Ceausescu e Georges Pompidou  aveva avuto il merito di andare a visitare quasi tutti i presidenti dell’Africa.

A questa visione ideale incoraggiata dalla propaganda scolastica,  fa da contrappunto la lezione di storia  impartitagli da papà Roger che gli spiega come esempio  le ragioni della guerra nel Biafra dove le responsabilità sono tanto della Nigeria quanto della Francia. Poi gli ricorda l’esempio di grandi eroi dell’indipendenza, assassinati e assurti a martiri come Patrice Lumumba.  

A Lumumba non piaceva l’idea dei due Congo separati “ se ce l’avessero chiesto[…] - riflette il ragazzo – volevamo essere un solo paese, un solo popolo con un solo compagno Presidente della Repubblica e senza i complotti dei belgi, degli americani e dei loro complici africani che adorano ammazzare gli eroi neri per poi scioglierli nell’acido”; vengono anche ricordate altre vittime della libertà come gli attivisti anticolonialisti del Camerun Felix Moumié e Ruben Um Nyobe.  Non si può sottacere l’assassinio di Amilcar Cabral che non farà in tempo a vedere l’indipendenza della Guinea-Bissau e di Capoverde. 

La Voix de la Révolution Congolaise su cui è sintonizzato tutto il giorno il papà, dà scarse notizie sulla morte del presidente, ingozzando gli ascoltatori di musica sovietica, e lui decide di passare alla Voix de l’Amérique che fornisce maggiori notizie. Intanto i camion dei militari sfilano per le strade seminando il panico, anche il ragazzo ha il terrore di essere preso senza motivo: in ogni quartiere c’è una sezione del Comitato militare del Partito “e la gente ci va a denunciare i sediziosi e i servi locali dell’imperialismo in cambio di un po’ di soldi”;  a volte i denunciati sono dei poveri malcapitati innocenti che vengono brutalmente massacrati di botte. La descrizione della storia del suo paese seppur filtrata dalle parole del papà, è bilanciata dalla narrazione colorita delle persone a lui più vicine e a quelle del suo quartiere.

Mama  Pauline, venditrice di caschi di banane, è la seconda moglie di papà Roger; il papà di Michel è un gendarme che poi li ha abbandonati. La prima moglie, Mama Martine ha avuto sette figli da Roger e Michel li ama come suoi veri fratelli e sorelle, così come si sente amato da Mama Martine “come se fossi uscito dalla sua pancia”. Il ragazzo uscendo da casa spesso si imbatte nelle tre mogli, che cucinano all’aperto, del vicino di casa, un tipo particolare del gruppo Lari  che confeziona polveri magiche.  Poi c’è il negozio “Caso per caso” (si chiama così perché i prezzi non sono mai fissi, dipende dalla persona)  di Ma Moubobi , una cicciona che russa dietro la cassa del negozio quando non ci sono clienti, dove si fanno spese piccole perché il Grand Marché è troppo lontano. Dietro la cassa troneggia il ritratto del presidente ma ora- pensa Michel- dovrà affrettarsi a cambiarlo.

Le piccole passioni del ragazzo sono andare al cinema e possedere delle scarpe speciali, non quelle eleganti Salamander che vede addosso ai capitalisti neri, ma quelle dette “Furia cinese” indossate dal suo eroe Bruce Lee. La madre gli consente di comprarle ma poi nota che più che ballerine sembrano pantofole da ospizio e tutti lo guardano con derisione sebbene lui con quelle scarpe senta di poter correre volando…

Ci sono due zii importanti nella sua vita: lo zio René, membro del Partito Congolese del Lavoro, sempre elegante nel suo completo bianco, il distintivo rosso nel risvolto della giacca e l’immancabile valigetta ventiquattrore che apre con uno scatto. Stiloso, carismatico, si reca presso la sua famiglia in un momento drammatico, quello della morte di un altro zio che abbiamo preannunciato: il capitano Luc Kimbouala-Nkaya, lo zio amato di Brazzaville dove Michel si era recato spesso in vacanza nella sua bella casa, godendo di tutti i suoi agi  e dove ricordava di avere visto insieme a lui e ai cugini il mitico incontro di boxe Muhammad Alì- George Foreman. Sia lo zio Renè che i due zii che lo accompagnano ( specie di guardie del corpo) consentono al ragazzo di capire un po’ meglio i fatti storici che stanno vivendo. Ma la cosa più importante ora è sfuggire al pericolo di ritorsioni verso Mama Pauline, la sorella dello zio capitano ucciso.  

L’ ingenuità del ragazzo lo porta a rivelare la morte dello zio a un suo caro amico che lo invita a tacere per non mettere in pericolo la sua famiglia.  

Anche con questo romanzo Alain Mabanckou torna a parlare della sua  Pointe-Noire dichiarando in una recente intervista di restare fedele a se stesso e al suo ambiente come i grandi scrittori, per esempio Gabriel Garcia Marquez alla Colombia, Dostoevskij alla Russia. Parlare della sua città significa mantenere il legame e sconfiggere la nostalgia.  Oggi docente di letteratura francofona presso l’Università della California a Los Angeles, da sette anni non può rientrare nel suo paese poiché malvisto dal governo congolese. Ci fa sorridere la frase che un po’ come un tormentone ripete a se stesso il protagonista, sapendo di non dover dire certe cose  per non sentirsi rimproverare: “Michel stai esagerando, certe volte senza rendertene conto, sei sgarbato” dietro la quale si nasconde forse l’autoironia dell’autore sulla sua attuale situazione.  

Ma la denuncia storico-politica di Mabanckou è più che legittima, quello che non può tollerare è il tacito consenso e sostegno dell’Europa nei confronti di quei dittatori africani che vi si recano in visita presso le maggiori autorità degli stati. Con una netta separazione da parte degli europei tra etica politica e interessi economici di parte. Ritrovare questa eticità sarà compito di ciascuno di noi. Allora comprendiamo che le cicogne immortali di cui parla il titolo son proprio quelle persone eccezionali che strenuamente hanno lottato per il proprio paese, come tra i tanti, Agostinho Neto, Amilcar Cabral, Patrice Lumumba, la cui memoria sarà sempre viva nell'anima degli africani  che lottano per la libertà.

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