Una questione di potere di Bessie Head (Sudafrica) - a cura di Rosella Clavari

altSudafrica

Una questione di potere  di Bessie Head -a cura di Rosella Clavari

Edizioni Lavoro, 1994

Traduzione di Paola Fattori

La vicenda umana di Bessie Head, nata in Sudafrica e riconosciuta cittadina del Botswana negli ultimi anni della sua tormentata esistenza, si intreccia inesorabilmente con le vicende storiche del suo paese e con la sua vocazione di scrittrice.
Basti pensare che l'anno della sua nascita precede lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'anno 1948 segna nella sua terra, con l'ascesa del Partito nazionalista, l'avvio dell'istituzionalizzazione dell'apartheid; la repressione razzista ormai innescata, sfocerà nel 1960 nel massacro di Shaperville in seguito al quale Bessie Head deciderà di lasciare il suo paese per passare il suo esilio in Botswana dove rimarrà fino alla fine della sua vita. 
Se il Sudafrica come luogo di conflittualità e di razzismo la emarginava in quanto meticcia, vale a dire né bianca né nera, in Botswana tale condizione di non appartenenza perdurerà, trovandosi in un mondo di tradizioni africane arcaiche e tribali di cui lei non aveva mai fatto parte anche riguardo l'uso delle lingue africane a lei sconosciute. E qui, facendo un passo indietro, guardiamo al suo retroterra umano e artistico: nata da una donna bianca e da un nero, stalliere al servizio della sua ricca famiglia, la madre di Bessie viene internata in un manicomio e lì dà alla luce la piccola che, dopo il presunto suicidio della madre, verrà affidata a una famiglia di bianchi che la rifiuterà scoprendo il colore della sua pelle. Verrà affidata in seguito a una famiglia di meticci e di nuovo abbandonata dopo la morte del capofamiglia. Entrata in un istituto, grazie a una piccola rendita lasciata dalla sfortunata madre potrà compiere i suoi studi e diplomarsi come insegnante. Assistiamo dunque a una storia di rifiuti e di abbandoni continui subita da Bessie fin dalla più tenera età e, ormai giunta all'età della sua emancipazione, un'ulteriore elemento contribuisce al suo particolare isolamento: l'educazione e lo stile di vita di matrice inglese ricevuto, differente dalla comunità di meticci di lingua afrikaans con i quali conviveva in Sudafrica nel famoso District Six e in seguito, differente dalla comunità di meticci legati all'uso delle lingue africane in Botswana ( "non parlo nessuna lingua africana. Non sono africana"). Tuttavia sarà proprio l'uso della lingua nella scrittura a dare bellezza e conforto alla sua vita partecipandola anche agli altri.

"Una questione di potere" uscito nel 1974 e tradotto in Italia solo nel 1994 è un testo sicuramente autobiografico in cui la narrazione si spinge nell'intimo dell'autrice sondando le oscure dinamiche della follia di cui impietosamente e lucidamente ne fa descrizione attraverso allucinazioni, deliri, sconfitte, cadendo e risollevandosi di continuo.
E' stato definito volta per volta un testo criptico, astratto, difficile ed enigmatico per l'elevato numero di simboli presenti. Le figure religiose e mitologiche evocate, così come le numerose  riflessioni filosofiche, riflettono la sua cultura umanistica e la sua conoscenza della religione cristiana piuttosto che della mitologia di impronta africana.
Giustamente Itala Vivan sottolinea l"alta qualità espressiva della scrittura di Bessie Head e il controllo del mezzo linguistico e dello stile". Infatti, se equilibrio esiste in Head, questo è fondato sulla scrittura, sul magistero della sua scrittura e della abilità narrativa. Così pure Adriana Cavarero nella sua preziosa introduzione al testo parla di una scrittura "che si inoltra negli abissi dell'anima e tiene colloqui con la morte". 
La questione di potere che dà il titolo al libro riguarda una dimensione privata e pubblica del potere, quello subito sulla propria pelle ( la vicenda autobiografica della scrittrice qui descritta nella protagonista Elizabeth) e la violenza esercitata  sulla gente attraverso il razzismo e il sessismo.
Due parole sulla trama: la protagonista Elizabeth vive in un villaggio con il figlioletto e, tranne poche presenze nella sua vita, quella della giovane africana Kenosi, cooperatrice agricola e del ragazzo americano Tom, non ha nessuno con cui parlare e dividere i suoi pensieri; il figlio, in particolare, rappresenta quel legame col quotidiano, nella cura del pasto e della scuola, che le impedisce di perdere il controllo sulla realtà quando viene visitata dalle allucinazioni.
La sua solitudine infatti è popolata dalle visioni demoniache di due figure maschili che scandiscono le due parti del testo: Sello e Dano. Sono due uomini realmente esistenti nel villaggio di Mobateng, il primo un camionista, l'altro un ricco allevatore di bestiame  ma si presentano  all'improvviso   nella sua casa come  oscure presenze fantasmatiche che la trascinano nel gorgo della follia. 
Sia Sello che Dan hanno il loro doppio. Sello sembrerebbe una personificazione più positiva e spirituale ("il progetto di Sello riguardava il meraviglioso mondo del futuro")  in realtà eserciterà questa forza in maniera coercitiva (" chi la teneva intrappolata in una stretta mortale doveva veramente essere il maestro della psicologia sottesa alla stregoneria").
Dan dal suo canto è la personificazione del sesso sfrenato in una visione fortemente fallocratica e come risvolto della medaglia compare come monaco quasi affiliato di Sello. In ultima analisi mentre Sello sembra impersonare il bene nel superamento del proprio io, la crudeltà di Dan è espressa in una sessualità sfrenata che umilia la donna (lo stuolo di donne dai coloriti soprannomi che popolano le allucinazioni di di Elizabeth). Il doppio esprime la moltiplicazione del visibile nella deflagrazione e disintegrazione dell'io, lo stato paranoico della protagonista che forse ha ereditato dalla madre la follia da cui è affetta . Queste due  figure maschili  portano in luce  il contenuto autobiografico del romanzo : c'era stata una  violenza sessuale nella vita di Bessie così come la non accettazione in quanto meticcia, non solo della società in genere ma anche degli uomini nel rapporto personale e sessuale. Ecco allora che la dicotomia maschile finisce per convergere in un unico modello negativo del maschio violento, del religioso fanatico, dell'uomo controverso.
Come uscirà la protagonista da questo delirio che le ruba la vita? Attraverso il rapporto con la terra, la sua coltivazione, la cura della cooperativa agricola e dei cooperanti con cui entra in contatto.
La carica metaforica del testo è ineludibile e passa attraverso tutte le esperienze di vita accumulate dalla protagonista.  L'Africa è quella madre terra ( lei che la giovane madre l'aveva persa appena nata)  che  Bessie vuole riconquistare, quella terra che risorgerà. Il padre è l'assente,  rivisto nelle due figure di Dan e Sello, personificazione di un male che affligge l'Africa come il mondo intero. Tornando al titolo del testo, un' interpretazione teologica cristiana vede il concetto del potere stigmatizzato nelle tre grandi tentazioni evangeliche presenti all'inizio della vita messianica di Cristo  e che ritorneranno poi alla fine della sua vita. Quali sono? Quelle di tutti i tempi,  per tutti gli uomini da che esistono: il possesso materiale dei beni e il possesso fisico ( il sesso),  il potere politico ( mondo dal quale Bessie Head si tenne spesso lontana) e il potere spirituale che induce al miracolismo ( stregoneria e religione spesso mischiate e confuse nelle prolifiche sette africane).
Nel deserto, Gesù si tiene lontano da queste tre tentazioni sataniche che torneranno sotto le vesti dei sacerdoti, dei capi politici, della  folla manovrata, nella fase finale della sua  condanna a morte. Un approccio teologico è opportuno per spiegare le riflessioni sul male presenti in questo testo così come le citazioni dove si incontrano personaggi del mondo religioso e mitologico tra cui il Budda e la Medusa.
Pur immergendosi nelle disquisizioni filosofiche sui "grandi miti dell'umanità", in realtà l'autrice  tenta un superamento delle barriere imposte dalla società, dalla religione, dalla politica. 
La fiducia che Bessie Head ripone nell'Africa va aldilà  di una ristretta visione politica e lo spiega nel dialogo della protagonista con Tom l'americano. 
Elizabeth dice " la sofferenza dei neri è come un sommario di tutto ciò che hanno sempre detto filosofi e profeti. Non ragionare mai secondo il concetto di io e di mio. [....] dove pensi che siano le loro anime dopo secoli di sofferenze? Sono più in alto di Budda e di Gesù e possono dettare le condizioni per il futuro: il futuro dell'umanità intera"  Tom le risponde che esiste il potere nero ma lei ribatte " non mi piacciono le fratellanze esclusive, soltanto per i neri. Non vorrebbero neanche te, tu non sei nero"  e conclude  "l'Africa non sta risorgendo. E' già rinata. Tutto dipende da dove si sceglie di mettere l'accento. Io lo metto sull'anima [......] questa è la mia lotta e questo è il potere nero. Ma è un potere che appartiene all'umanità intera e che tutta l'umanità può condividere".
Delle due appartenenze bianca e nera, Elizabeth privilegia quella africana e recupera una visione unitaria e armonica della realtà, negli intervalli dei suoi deliri, coltivando la terra. Ora vuole "attirare l'attenzione sulle risorse naturali del paese" . Il giardino, l' hortus conclusus di cui parla è la sua terra, è l'Africa dove tutti, bianchi e neri lavorano e raccolgono i frutti della fatica operosa.   Bessie in realtà appartiene solo alla sua terra, alla madre Africa, qui simboleggiata in Kenosi l'amica cooperante che "assomigliava così straordinariamente a una gatta, in tutti suoi gesti. Si muoveva con una calma eccezionale, flessuosa, perfettamente controllata".  Con un'abile economia di tratti la Head offre un'efficace ritrattistica psicologica dei vari personaggi.  Così descrive Tom l'americano mentre lo vede intento a lavorare nell'orto :" Aveva un viso simpatico, vagamente assente, con quegli occhi azzurri un po' strabici e la piccola bocca sempiaperta, che gli dava un'aria di perenne stupore[........] dove ebbe l'inizio l'amicizia di tipo diverso, l'amicizia che esiste quando si volge lentamente il capo e si guardano con attenzione i profondi misteri della vita? Poiché quella era la cosa che Elizabeth ricordò maggiormente di lui; per tutto quell'anno lui continuò a volgere il capo verso di lei e nei suoi occhi si formava improvvisa un'espressione di profonda saggezza" .
E così descrive Eugene, l'inglese direttore del lavoro agricolo: "L'istruzione era per tutti (diceva). Aveva sempre in mente qualcosa per tutti. In questo senso Eugene era un africano, non un bianco, e la profondità di questa identificazione traspariva dal suo comportamento nella vita quotidiana[.....] Lui era così identico a loro nei gesti, nell'atteggiamento, che Elizabeth, sbalordita pensò: Com'è possibile che i suoi movimenti, i suoi gesti siano così africani? C'è una tale profondità nel suo starsene in ginocchio. E' una forma di umiltà inconsapevole".
Frequenti sono i parallelismi  tra eventi naturali e turbamenti interiori: "il suo intimo, come il cielo di Mobateng nella stagione estiva, era un vortice inarrestabile di sconvolgimenti sotterranei" oppure quando, dopo una notte tormentata dal delirio delle allucinazioni, la calma ritrovata affiora all'alba, attraverso il trillo prolungato di un uccello, su un albero vicino.
Avere sottolineato la condizione di umiliazione della donna, ha consentito ad alcuni di definirla una scrittrice femminista; in realtà la Head, così come rifiutò le barriere artificiali del razzismo imposte dal potere politico, rifiutò anche  l'etichetta di scrittrice femminista, africana, black o rivoluzionaria. Sottolineò più volte che il suo punto di vista era universale e scriveva per tutti.
La scrittura diventa in un certo senso la sua salvezza, lo strumento per difendersi dal male o per scandagliarlo meglio; è inoltre la possibilità di rendere la vita magica e riuscire a comunicare un senso di meraviglia  La particolarità con cui riesce a ottenere ciò nel romanzo in questione, sta nel combinare il diario con il racconto, la componente onirica con quella quotidiana poetico-realista; sta appunto nel superare dei percorsi convenzionali.  La sua condizione di esiliata e di meticcia ha senza dubbio  segnato anche le sue scelte di linguaggio, attraversando con disinvoltura l'arte del racconto, della meditazione filosofica e storica, della poesia. In questo senso, grandi scrittrici afro-americane come Nikki Giovanni, Alice Walker e Toni Morrison hanno riconosciuto in lei il loro modello ispiratore. 
Dopo questo romanzo, il più autobiografico e che costituisce un po' il vertice della sua arte, Bessie Head nelle opere successive si riavvicina alla terra e alla vita del villaggio : The Collector of  Treasures and Other Botswana Village Tales,1977 trad it. La donna dei tesori. Racconti da un villaggio del Botswana" EL 1987; "Serowe:Village of the Rain Wind" 1981;  A Bewitched Crossroad: An African Saga, 1984.
Tuttavia solo nel romanzo in esame assistiamo al "viaggio dell'anima nella profondità dell'inferno", e anche riflettiamo su una ambivalenza o ambiguità della scrittura nei confronti della follia: strumento salvifico o autocompiacimento nel delirio? Senza dare una risposta, preferiamo immaginare che quest'anima grande sia uscita finalmente dall'inferno  a riveder le stelle , salendo proprio quella scala stellata  di cui parla in uno dei suoi ultimi articoli intitolato "Perché scrivo?": -Why do I write?-" I am building a stairway to the stairs. I have the authority to take the whole of mankind up there with me. That is why I write.".  
 
 

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