A. Igoni Barrett- L'amore è potere, o almeno gli somiglia molto- recensione a cura di Rosella Clavari

A. Igoni Barrett

 

L'amore è potere, o almeno gli somiglia molto

 

traduzione di Michele Martino

66thand2nd, 2018

 

Questo scrittore nigeriano che è tra i più talentuosi tra quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, si presenta qui con una serie di racconti in cui notiamo una certa  forma di  riconoscenza verso la letteratura afro-americana . L'autore stesso non fa mistero di avere frequentato tra gli autori preferiti la scrittrice afroamericana Gayl Jones, ma è proprio l'aria che si respira, dai quartieri abbandonati al degrado morale e fisico di capifamiglia storditi dalla vita che ci rimanda a un clima traducibile musicalmente nel blues.

Nove racconti, di impatto narrativo a volte diseguale, con un' introduzione interessante dell'autore stesso : “ un racconto può essere tante cose […] in poche pagine, può rievocare qualcosa di più grande: un'impressione, una conversazione, una giornata, una vita. Abbiamo sempre avuto bisogno di ascoltare delle storie”. Effettivamente ha una capacità di sintesi, simile all’arte poetica. La città in cui vivono i vari personaggi dei racconti è Poteko, immaginaria comunità in cui l'autore ha miscelato vari aspetti di Lagos, Ibadan e Port Harcourt. E', si può dire, il filo conduttore che lega le azioni dei diversi personaggi. I mercati, i negozi, le chiese, le strade affollate, i caffè e i ristoranti sono percorsi incessantemente dalla folla di personaggi che popolano i racconti.

L'abilità di far apparire in più racconti gli stessi protagonisti, ma da una prospettiva diversa, compatta queste storie,sottolineando la comune appartenenza non tanto allo stesso ambiente sociale, dato che ne vengono rappresentati  diversi, ma alla città nel suo insieme. Per esempio Perpetua, una delle due anziane protagoniste del primo racconto "La cosa peggiore di tutte" è anche la giovane sposa in "Godspeed e Perpetua" di cui viene narrato il tardivo innamoramento verso il marito e le peripezie del suo matrimonio. La donna alcolizzata del racconto "La forma di un cerchio perfetto" non è altri che la figlia teneramente amata e viziata, salvata anche dalla morte, dal padre Godspeed di cui sopra.

Quanto all'amore, di cui nel titolo del libro, ce n'è ben poco, dato che le sue rappresentazioni hanno molto a che fare con l'ossessione del potere e del denaro, con la violenza della supremazia maschile e l'incapacità delle donne di sottrarsi alla fascinazione del padre-padrone, da cui si ricava comunque un tornaconto. Difficile per queste donne allontanarsi dalle  immagini stereotipate con cui comunemente vengono pensate. Anche le donne, apparentemente libere come la sudafricana bianca in " Una storia di tira e molla a Nairobi" o le ragazze che compaiono in "Trophy" fanno i conti con uomini che giocano all'amore, trincerandosi dietro la propria irresponsabilità o leggerezza, quando non cadono addirittura sul filo del rasoio nel penale come ne " La ragazzina con i seni in boccio e la risata di gomma da masticare": un cugino più grande di 15 anni  cerca la cuginetta fin da quando questa ha nove anni, approfittando della sua condizione di orfana, assetata di affetto e attenzione. 

Ma i personaggi non sono tutti mostri o tutti santi: Barrett sa individuare le diverse sfaccettature dell'amore che lega gli umani, rendendo i suoi racconti di sapore universale: non è soltanto nelle megalopoli africane che gli uomini e le donne si affacciano alla vita con i tratti rappresentati dall'autore. Ma c'è posto anche per la solidarietà, la tenerezza e la pietà.

Nel primo racconto Ma Bille e Perpetua sono due nemiche-amiche vicine di casa.  Ma Bille si è prodigata tutta la vita attorno ai suoi quattro figli e nipoti “ogni cosa che aveva dato, l'aveva data perché voleva dare” . Di quattro figli nessuno si trova disposto ad accompagnarla all'ospedale per un intervento alla cataratta. Sarà proprio la vecchia e malandata Perpetua a farle compagnia, più bisognosa di lei di aiuto. Andranno insieme all'ospedale, ognuna affrontando la propria operazione e contando l'una sull'altra per affrontare la solitudine della vecchiaia.

Un perfetto quadro di un disperato degrado familiare è presente nel racconto “La forma di un cerchio perfetto” dove il giovane Dimie Abraksa, dopo varie peripezie e le percosse della madre che arriva quasi ad ucciderlo in preda ai fumi dell’alcool, si rende conto che quella donna è sola e non ha l’aiuto di nessuno; tutti i suoi fratelli si rifugiano dalla nonna, lui torna indietro da lei. Tenerezza di figlio? Tributo a chi comunque ti ha dato la vita? La madre per un istante sembra accoglierlo per tornare poi alle solite urla disumane provocando una forte reazione nel ragazzino.  Il tutto descritto senza sentimentalismi o retorica, occorre trovare la pietà e l’affetto nascosto tra le righe del racconto, tra un accadimento e l’altro.

“L’amore è potere” che dà il titolo al libro, è il racconto agghiacciante di una giornata di ordinaria follia della guardia carceraria Eghobamien: ha torturato, violentato, intascato mazzette, assistito a soprusi di ogni genere. E' l'incarnazione di un autoritarismo ottuso e prepotente: sua moglie Estela lo conosce come le sue tasche,  solo lei non ha paura di lui e sa come ascoltarlo e quietarlo quando rientra a casa, vomitando ubriaco tutto quello che è successo in una giornata terrificante appena trascorsa. La proibizione di Estela di entrare in casa con la divisa nasconde però la doppiezza di questa pietà: non è anche la voglia di nascondere la testa sotto la sabbia per non vedere la realtà  che sarebbe troppo doloroso affrontare?

“Godspeed e Perpetua” è il racconto più articolato di tutti in cui non c’è solo la storia di una coppia ma anche il rapporto simbiotico padre-figlia, quello con la servitù - poiché si parla di un interno borghese, esatto opposto di quello rappresentato nelle case di Dimie Abraksa, e Eghobamien, personaggi di altri due racconti poco fa citati- ; si parla anche del potere delle chiese evangeliche e dei truffatori scaltri  che vi si infiltrano; c’è inoltre la descrizione di un cambiamento dovuto ai cambiamenti di governo: il capofamiglia Godspeed cade in disgrazia e perde agli occhi dei suoi ogni credibilità fino a un riscatto finale, nel corso di un rapina armata a casa sua. Quello che descrive sapientemente  l’autore è il cambiamento che avviene nei vari personaggi: nella moglie, Perpetua, turlupinata dal signor Farasin, improvvisato esorcista della Chiesa che lei frequenta, in Godspeed che, da cinico qual’era ”sapeva bene come girava il mondo, non era stato l’amore a tirarlo fuori dai bassifondi”, scopre il significato della delicatezza solo accudendo la figlia di sette mesi malata; l’amore lo coglie di sorpresa, mentre Tene, la domestica dopo un fidanzato e due amanti alla sua mercè, convola a giuste nozze con la benedizione della famiglia che l’ha accolta. Tutti i personaggi sono messi a fuoco e sviluppati nella loro evoluzione.

“Una storia di tira e molla a Nairobi” è il racconto conclusivo dove si incontrano per l’appunto a Nairobi, un nero e una bianca sudafricana; lei insolente, seduttiva, sopra le righe eppure romantica e desiderosa di un figlio. Di fronte a una gesto razzista nei confronti del suo uomo, qualcosa di apparentemente banale davanti alla fila di un supermercato, reagisce infuriandosi e difendendolo. Le parole conclusive sono affidate all’uomo il quale afferma che l’amore non è necessariamente fare un figlio, “amore significa che mi rendi felice finché un giorno non è più così”; disincantato, lieve, gratuito.

L'amore cantato da Barrett, - come è stato notato da alcuni critici - è un amore in cui si torna sempre indietro: perdonando, chiedendo perdono o cedendo alle lusinghe. Torna a casa il ragazzo a soccorrere la madre sola, torna a casa la guardia carceraria a fare i conti con la sua coscienza, torna Ma Bille, dopo varie ostilità a parlare con la vecchia vicina Perpetua. Per pietà, per potere, per bisogno d’affetto, comunque alla fine si torna indietro.  In senso più ampio rispecchia la resistenza e la resilienza degli Africani, in particolare della Nigeria, il paese amato dallo scrittore oltre che per essere la sua terra natale,  per il modo che ha la sua gente di affrontare la vita e per la sua vivacità e ricchezza culturale.  Non dimentichiamo che, come si legge in una recente intervista, Barrett scrive prima di tutto per i suoi connazionali: i dialoghi, ricchi di idiomi con  parole locali, spiegate nel glossario in fondo al testo italiano, lo testimoniano.

Memorabile l'uso  delle descrizioni nelle narrazioni: dipingono un personaggio con tratti precisi, quasi sovrabbondanti che ce lo fanno perfettamente collocare nel suo ambiente ma lasciano intatto il mistero dell'animo umano: non è un caso che i finali delle storie non ci dicono nulla del dopo. I protagonisti cambieranno? Sapranno affrontare diversamente la vita?

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