André Carl van der Merwe, Moffie, (a cura di Giulia De Martino)

SudAfrica

André Carl van der Merwe

Moffie

Jacobelli editore, 2012

Traduzione di Valentina Jacoponi

 

Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80, André Carl van der Merwe, un giovane sudafricano bianco, di madre inglese e di padre afrikaner, quasi ventenne, riceve la cartolina di precetto per andare militare per 2 anni. Annota in un taccuino l’esperienza dolorosa di un giovane omosessuale alla ricerca della sua identità, le sofferenze di un addestramento pericoloso quanto privo di senso, gli orrori dei massacri a cui partecipa o a cui assiste, gli affetti e gli amori cui si lega : più di 25 anni dopo, l’autore ha il coraggio di rielaborare quel diario, mescolandovi tratti di fiction e dà alle stampe il suo primo romanzo, dopo aver svolto attività nell’ambito della moda e dell’arredamento.
 Il romanzo, diviso in cinque parti, più un epilogo, si apre e si chiude con due sezioni di 2-3 pagine brevi e molto dense, estremamente significative per la comprensione del testo.
Nell’incipit troviamo il giovane Nick seduto, con il suo amico Malcom, in un automezzo blindato antimina, di ritorno da un “contatto”, come viene eufemisticamente indicato lo scontro con un gruppo di “terroristi”angolani o namibiani( ci troviamo, infatti, ai confini del Sudafrica durante le guerre contro i guerriglieri di quei paesi). I suoi occhi sono pieni delle violenze perpetuate soprattutto dai soldati di mestiere del corpo speciale Koevoet, autore di numerosi massacri e pensa di non farcela trascinato “ in questo macello che è la loro guerra di confine, come un animale da scannare e senza alcun potere sul mio destino; costretto a uccidere persone che non conosco, per una causa in cui non credo”.
Per azzerare questa realtà lo aiutano i ricordi dell’infanzia, soprattutto quella vissuta nella fattoria ai piedi dei Drakensberg: il sapore del pane nella cucina della nonna attenua quello del sangue e del sudore della paura. Le altre parti del testo fluiscono sull’onda dei ricordi e si mischiano al presente della vita nell’esercito, nei campi di addestramento e in azioni militari vere e proprie. Quando l’autore sente che la fiction non rende giustizia a ciò che vuole esprimere ricorre alle parole del taccuino, schizzato a caldo sotto l’impulso di eventi ed emozioni e il testo ne è , infatti, disseminato. L’importanza e la segretezza del taccuino si evince, in modo particolare,  quando Nick viene ferito e ha l’ansia, nel trasporto in ospedale, che possa perdersi o esser letto da qualcuno.
Abituati, come siamo, a pensare all’apartheid in termini di razzismo contro i neri, veniamo colpiti da questa testimonianza così precisa ed appassionata ad un tempo: un regime autoritario, razzista e violento non può che esserlo anche contro gli omosessuali e tutti coloro che evidenziano un pensiero divergente, esattamente come per il regime fascista mussoliniano. Non a caso sono numerose le pagine dedicate all’educazione del protagonista, agli sforzi del padre per far aderire il bambino tenero e fantasioso ad un modello virile duro e senza grilli per la testa.
I bravi bambini maschi non amano il disegno e la pittura, amano la matematica! Bambino, Nick, è in lotta perenne con la volontà ( e la frusta) del padre: un maschio non piange se viene picchiato, non s’intenerisce per un animale o i suoi cuccioli durante le battute di caccia, non gradisce di passare molto tempo con una madre che narra storie di fantasia, deve necessariamente amare le durezze del rugby o della lotta sui materassi. Quando muore Franckie, il fratellino più grande di due anni, il piccolo Nick non può essere accolto nel suo immenso dolore : solo i braccianti del villaggio zulu sapranno accettare con calore le sue sofferenze, è con loro che sarà trovato abbracciato, generando ulteriore scandalo, come quando non riusciva a mantenere le distanze dalla sua balia nera.
 La madre inglese e i nonni materni , tutti cattolici, sembrano offrire una sponda di maggiore dolcezza, ma quelli che contano sono il padre e i suoi parenti afrikaner calvinisti, tutti dogma e paura dell’inferno se non si rispetta la bibbia o la loro tradizione : nel romanzo c’è un bel campionario di zii, cugini e nonni di entrambi gli schieramenti. Nella parte quinta il lettore apprende che l’adorabile zio Dick era una carogna di pedofilo che ha approfittato dei suoi nipoti, compreso il piccolo Nick…
Quando la famiglia abbandona per un po’ la vita dura della fattoria per abitare in un sobborgo bianco borghese vicino Cap town, la vita non si fa più rosea per Nick: cominciano i tormenti dei confronti con gli altri adolescenti nello sport e nello studio. Nel ragazzo sono da sempre presenti sospetti sul proprio orientamento sessuale che confliggono con la sua genuina ricerca di Dio. Si abbandona ad esperienze nascoste e brucianti,sesso droga e rock and roll, come da copione d’epoca, sempre perseguitato dalla possibilità di essere scoperto e bollato come moffie, parola dispregiativa afrikaner per omosessuale: femminuccia, moffie sono gli insulti abituali del padre nei suoi confronti. Il peggio del peggio nella  società di origine boera di origine contadina, tutta dedita ai sentimenti virili di coraggio, fierezza ed onore. Quando arriva al figlio la cartolina del precetto militare per il padre è una liberazione: dove non è riuscita l’autorità paterna trionferà quella dello stato, la rigida disciplina militare con tutti i suoi regolamenti.
Paradossalmente sarà proprio la vita nell’esercito,le prove da superare, fisiche e morali, la vicinanza con la morte e la sofferenza a donargli, inaspettatamente, la consapevolezza della sua identità sessuale, perché conoscerà tre compagni, tutti e tre gay( ma lo sapremo con sicurezza solo alla fine) che segneranno per sempre la sua vita e con i quali condividerà questo tempo oscuro. Il simpatico Malcom che ha avuto una vita difficile e possiede un carattere cordiale e aperto: diventeranno amici per la vita, perché sarà la prima persona a cui Nick confesserà la sua omosessualità. Il dolce e bellissimo Ethan di cui il protagonista si innamorerà perdutamente, il tenebroso, raffinato e  sfuggente Dylan, per il cui suicidio Nick porterà a lungo un complesso di colpa. La sola idea che siano esseri realmente esistenti e non parti della sua fantasia lo spinge ad oltrepassare qualsiasi ostacolo, a vincere sui soprusi e la barbarie.
Il romanzo è scandito da citazioni di canzoni famose in quegli anni, dalle impressioni di lettura di molti romanzi e poeti, tra tutti citiamo l’onnipresente Antoine di Saint Exupery con il suo Piccolo principe che ha impressionato generazioni di giovani. Il linguaggio contiene parecchie frasi ed espressioni gergali afrikaner, rendendoci un tessuto molto vicino alla realtà. E’ così che due anni di buio e di terrore si mescolano con momenti di tenerezza, confidente abbandono, contemplazione di splendidi paesaggi di un Sudafrica odiato quanto amato .
Chi ha dato a questo stato un potere così grande sulle coscienze dei giovani, cercando di trasformarli in macchine di una guerra odiosa e insensata?I giovani protagonisti, sicuri che, giustamente,  prima o poi i neri si ribelleranno in massa , sperano solo nella capacità di misericordia dei nativi  per poter ricominciare a vivere tutti insieme in pace.
Emergono con chiarezza, nel romanzo, gli atti di accusa contro un esercito che ha saputo creare il famigerato reparto 22 per “curare” gli omosessuali e gli oppositori bianchi a suon di elettrochoc, botte fino allo sfinimento, medicinali atti a indirizzare il “giusto” orientamento sessuale e di pensiero.
Questo problema, certamente,non riguarda solo il Sudafrica:dossier sui comportamenti antiomosessuali degli eserciti in generale riempiono gli scaffali della giurisprudenza in diverse parti del mondo . Questo libro è un tassello della lotta per l’affermazione del godimento pieno di questo diritto civile.
Si potranno, forse, non apprezzare alcune pagine crude del romanzo, qui interviene la sensibilità di ognuno nel giudicarle, ma non si può non amare questo testo , ad un tempo, crudele, tenero e struggente.
 

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