Mauro Moruzzi - Il Meccanico di Asmara - recensione a cura di Giulia De Martino

Mauro Moruzzi

Il Meccanico di Asmara

editore Paolo Emilio Persiani, 2022

Si tratta di un testo uscito nel 2022, ma solo nel 2023 ha conosciuto un numero straordinario di presentazioni in tutta Italia, a partire da Bologna, la città dell'autore, per approdare alla Casa degli Italiani, storico centro d'incontro della comunità italiana e italo-eritrea ad Asmara.

Evidentemente, al di là delle qualità della scrittura, interessa e incuriosisce il tema Asmara. Ricordiamo che Bologna, per tutti gli anni della resistenza eritrea agli etiopi, ospitò annualmente dal '72 al '91, i congressi e i festival delle comunità diasporiche provenienti da tutto il mondo, che supportarono la resistenza armata fino all'indipendenza. Di Eritrea l'autore (che approda alla narrativa dal mondo della sociologia e della sanità) si era occupato in due precedenti romanzi, Euridice e la città meccanica e Mai Bela tempo di amare, con sempre protagonista la città di Asmara.

Ad un certo punto della sua vita Moruzzi comincia a viaggiare per l'Eritrea, restando letteralmente preso dal fascino che emana la capitale e la particolarità dei suoi abitanti. Gli asmarini legano gran parte della loro identità alle archittetture e all'urbanistica razionaliste e futuriste lasciate dagli italiani colonizzatori, costruendo una anomalia: laddove gli italiani cercavano di dimenticare e mettere in sordina quel periodo di più di settanta anni, da seppellire insieme al fascismo, i cittadini di Asmara ne restavano attaccati, non cambiando niente della città degli italiani, dai palazzi e ville ai negozi, alle strade fino alle insegne dei caffè, dei garage, degli hotel. Non hanno demolito pressoché nulla in odio ai colonizzatori, anzi hanno cercato di frenare l'inevitabile decadimento delle costruzioni, fino ad ottenere l'ambito riconoscimento Unesco di Asmara patrimonio dell'umanità. In questa loro strana identità, gli asmarini si distinguono da tutti gli altri eritrei della costa e dei bassopiani.

Così, nel romanzo di Moruzzi, Asmara appare una città ferma nel tempo, sospesa in un sogno metafisico che favorisce l'andirivieni spaziale e temporale in cui si trovano i protagonisti principali: un professore di architettura sessantenne innamorato di una studentessa, la giovane e bella Sonia di origine eritrea, conosciuta all'università di Bologna.

Sonia, completamente italiana, a parte il colore della pelle e i riccioli neri, è alla ricerca di un padre e di un nonno italiani scomparsi senza lasciare traccia in Eritrea. Per molto tempo non ci ha pensato o meglio è vissuta con una voragine buia, finché non è stata presa dalla voglia di conoscere le sue origini. Lei e la sua mamma eritrea di etnia cunama si sono trovate all'improvviso a vivere in Italia, avendo lasciato Asmara durante la guerra tra Eritrea ed Etiopia, aspettando un marito e un padre che non rivedranno mai più. Il nonno Italo e il figlio Antonio condividono un destino inquieto e lo stesso trasporto per le donne: ne amano più di una, lasciandole però all’improvviso e seguendone altre che li portano a perdersi in zone remote di una paese altrettanto turbato.

Anche quello tra il professore e la bella studentessa Sonia è uno strano legame, non solo per la differenza di età: si troveranno in Eritrea ognuno con le sue oscurità e paure, si prenderanno e si lasceranno svariate volte nel corso della vicenda per la diversità delle esigenze umane e culturali cui obbediscono. I due riescono a entrare in possesso di alcuni quaderni di appunti, a tratti veri e propri diari del nonno Italo, approdato in Eritrea nel 1936, in qualità di impiegato postale. Questo è l'artificio tramite il quale l'autore ci parla con puntigliosità e precisione storica del periodo dell'Eritrea fascista fino alla sconfitta ad opera degli Inglesi nella seconda guerra mondiale.

Occorre anche parlare della fascinazione dell'autore per la figura dei meccanici. Come tali il nonno Italo e il padre di Sonia sono rappresentati. Moruzzi, durante le sue permanenze e scorribande tra le strade di Asmara scopre una piccola comunità di meccanici italiani pluriottantenni, sopravvissuti a Menghistu e alla guerra, probabilmente trattenuti dagli Etiopici per la loro bravura nell'aggiustare qualsiasi mezzo di trasporto, elemento che suggerisce all'autore di dotare dello stesso mestiere il nonno e il padre di Sonia. Girando per la città scopre tante targhe scritte in italiano di negozi di meccanici e di garage, abbandonati dai pochi italiani rimasti in Eritrea, soprattutto al profilarsi della guerra con l'Etiopia e in seguito occupati da asmarini. Ma in Asmara si conservano anche insegne vintage di bar e locali tutte in italiano. Un caso unico nel panorama dei paesi che hanno conosciuto il colonialismo. Questo non vuol dire che gli asmarini non vedano gli slums creati dagli italani per gli indigeni, che purtroppo esistono ancora.

Tutto ciò permette all'autore di aggirarsi per la città e descriverla non solo nei suoi monumenti più famosi, quali la sede della FIAT Tagliero, il teatro dell'Opera, il cinema Roma, l'Albergo Italia, la Posta centrale, la chiesa ortodossa di Enda Maryam per citarne alcuni, ma anche nelle facciate, ingressi e giardini delle ville o di semplici palazzi, scorci di strade e piazze. Sembra di aggirarsi tra i quartieri di Monteverde Vecchio e Garbatella a Roma o tra le vie di Sabaudia.

Il professore, artista e architetto, sa bene quanto entusiasmo vi misero gli uomini che operarono ad Asmara, ispirandosi non solo al Razionalismo, ma anche al Cubismo, al Futurismo, al Modernismo, persino all'Art déco, alle reminiscenze neoclassiche e neogotiche. In una Italia fascista, tutta presa dalla magniloquenza dell'antichità romana, non c'era spazio per questi architetti che in Asmara trovarono una tabula rasa da modellare a loro piacimento, in una zona periferica che non poteva suscitare rimostranze da parte del governo.

Tuttavia il romanzo non parla solo di questo: troviamo anche il tema dell'eroismo dei soldati italiani durante i combattimenti contro gli inglesi, l'orgoglio non tanto di essere fascisti quanto quello di essere italiani. L'autore ci immette nella mentalità dell'italiano comune, plasmato dalla retorica mussoliniana, pieno di pregiudizi razziali alimentati dal fascismo, ma capace di ergersi contro il nemico inglese con dignità e coraggio, fatto del resto riconosciuto dai britannici stessi. Dei misfatti del fascismo si parla di straforo, per esempio nelle testimonianze di alcuni anziani, ma per lo scrittore non sono il centro di questo romanzo.

L'altro tema che campeggia è quello dell'amore, come elemento potente che può suscitare passioni distruttive che arrivano alle allucinazioni, o al mistero delle coincidenze, ma che resta l'unica speranza vera della vita umana. Soltanto che per dircelo l'autore ci trascina in una sarabanda spaziale che arriva fino alla Grecia, quando il protagonista insegue l'amata Sonia che ad un certo punto lo abbandona. Una sarabanda temporale con storie di principesse, papi, guerrieri crociati, crudeli despoti di epoche varie che, a nostro parere, si collegano con una certa vena surreale al resto del testo.

Lo scrittore si è documentato non solo di persona in Eritrea, ma in fondo al romanzo troviamo citate le sue fonti storiche e letterarie che lo hanno guidato nella stesura. Un romanzo interessante, con una miriade di personaggi eritrei, soprattutto femminili, che il protagonista Carlo incontra non solo a Bologna e ad Asmara ma in molti posti dell'Eritrea dove si trova a vagabondare e che ci aprono squarci intriganti di vita quotidiana.

 

 

 

 

 

 

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