Shukri al-Mabkhout, L’italiano - recensione a cura di Giulia De Martino

Shukri al-Mabkhout, L’italiano

Edizioni e/o, 2017

traduzione di Barbara Teresi

 

altNon si tratta di un giovane scrittore ma del rettore di una prestigiosa università tunisina, quella di Manouba, che dopo diversi saggi di critica letteraria e opere di traduzione ha deciso di lanciarsi, con il presente romanzo,  nella narrativa, vincendo subito l’International Prize for Arabic Fiction 2015. A dire la verità aveva già scritto “Baghanda”, una storia  vera ispirata ad un calciatore tunisino, ma non era stato tradotto ed era restato confinato nell’ambito della letteratura del suo paese.

Il romanzo L'Italiano, già tradotto in diverse lingue, ha stuzzicato la curiosità dei lettori europei perché, pur non parlando direttamente della cosiddetta ‘primavera araba’ del 2010-11, risale agli anni ‘80-’90 quando Bourghiba dovette cedere il potere in modo apparentemente tranquillo e incruento a Zine El-Abidine Ben Ali, generando un periodo di grandi trasformazioni , l’affermarsi dei movimenti islamisti , un periodo di grandi repressioni e creando i presupposti per i capovolgimenti del 2010-11.

Il titolo trae in inganno il lettore italiano che pensa di trovarsi davanti ad un protagonista che compie un percorso migratorio in Italia, fuggendo dalla mancanza di libertà e democrazia o ad un innamorato della lingua e cultura italiana.

In realtà, cosa curiosa per noi italiani, Abdel Nasser, il personaggio principale della storia, viene chiamato così per le sue caratteristiche fisiche : non sembra un arabo, ma un europeo, in particolare un italiano, anche se altrove viene affermata, nello svolgersi della trama, la sua origine turca: il padre veniva infatti da una facoltosa e cosmopolita famiglia ottomana. Forse, commentano le comari, la madre incinta sarà rimasta impressionata da qualche bellimbusto televisivo di Rai 1 che negli anni ‘60 cominciò ad essere ricevuta anche in Tunisia o da qualche attore italiano, di bell’aspetto ed elegantemente vestito, tipo Mastroianni, aggiungiamo noi.

 Fatto sta che nelle sue fattezze c’è un destino di sciupafemmine, eroticamente attraente per tutte le donne che si accorgono di lui.  Il lettore italiano è un po' spiazzato: normalmente è l'italiano del sud che è identificato con un aspetto dai tratti somatici arabi...E forse l'autore cede anche un po' ad un immaginario cinematografico degli anni passati che vede nell'italiano il latin lover per eccellenza.

Allora è la storia di un bello e fatuo? Neanche per sogno! Negli anni ‘70-’80 lo vediamo giovane e non brillantissimo studente universitario di legge, innamorato della libertà e del socialismo comunista, membro di partito e sindacato rivoluzionari, come capita a tanti giovani nel resto del mondo negli stessi periodi, consumatore di testi filosofici e teorici del marxismo, abile parlatore e reclutatore di adepti al movimento studentesco di estrema sinistra. Finirà per comprendere come anche dentro sindacati e partiti di sinistra ci siano lotte clandestine, connivenze con il regime e intolleranze che possono arrivare fino al delitto politico.

 

Ma la storia ci viene narrata dagli anni ‘90 , a ritroso , da un amico del protagonista che ha condiviso con lui adolescenza e giovinezza, a partire da un curioso e orribile episodio: siamo nell’estate del ‘ 90 e si celebra il funerale di hajj Mahmud, il padre di Abdel Nasser, con cui il figlio non è mai andato d’accordo. All’improvviso il protagonista, vestito malissimo, con barba lunga e chiaramente imbolsito e alterato dall’alcol, assale l’imam che guida la funzione, nello sconcerto di tutti, in particolar modo della moglie dell’uomo assalito, lalla Jnina, conosciuta e amata da tutta la famiglia.

Sufficiente per incuriosire il lettore che tenta di capire come sia stato possibile questo oscuro atto, commesso da Abdel Nasser.

Nel cercare di comprendere Abdel Nasser veniamo a contatto con una intera generazione di giovani, tentata dalla rivoluzione e dalla modernizzazione di un paese, che ha creduto nel cambiamento e si è ritrovata disillusa e, suo malgrado, invischiata con il potere, incapace di sostenere contraddizioni che finiranno col perderla.

 Il protagonista, lungi dal diventare avvocato, si da' al giornalismo negli ultimi anni di Bourghiba. Gli piacerebbe il giornalismo d’inchiesta ma è costretto a ripiegare su un supplemento letterario: non si fa  carriera con la censura alle costole e con il suo passato di movimentista di estrema sinistra. Si trova a poco a poco invischiato, tramite il suo direttore, nei labirinti del potere e la cosa non cambia con Ben Ali, anzi peggiora, dopo un inizio che aveva lasciato ben sperare.

Ma non è solo la solita storia del giovane di belle speranze traviato dalla vita, perché a fianco di Abdel Nasser compare uno straordinario personaggio femminile che sposta la tematica del romanzo sul femminismo antelitteram di Zina, la  bella  e intelligente,soprattutto colta  ragazza che il giovane incontra nelle riunioni politiche universitarie.

La dialettica tra i due, fin dall'inizio, è frizzante sia dal punto di vista intellettuale che sessuale e  ne rivela tutta la diversità: innanzi tutto l'origine sociale. Urbano, appartenente ad una famiglia agiata lui, campagnola e povera lei, l'unica della famiglia ad andare a scuola e a laurearsi. Poi una differenza caratteriale e intellettuale: lei non è mai paga di etichette precostituite e ingaggia una lotta aspramente critica con lui e le forze cui si collega, sostenendo la sua autonomia di pensiero da una interpretrazione rigidamente marxista-leninista. Lui, pur essendo brillante, tende a credere nelle forze organizzate che sicuramente sconfiggeranno il mostro capitalista, anche quando ha dei dubbi. Chi ha fatto parte dei movimenti del '68 0 del '77 in Italia sa di che cosa si parla.

Ma Zina è portatrice di un fascino ingenuo e nello stesso tempo fortemente seduttivo che induce il giovane a volerla proteggere e  favorire nelle sue ansie di riscatto sociale e di genere. Non è abituale,in una donna, nel panorama di quegli anni, una volontà di riuscire così determinata, che le fa superare ostacoli di ogni genere,  per di più provenendo da un ambiente disagiato.

Ma una società non cambia così facilmente: un maschilismo per niente velato, una ristrettezza di orizzonti intellettuali, la corruzione che pervade il paese la indurranno a cambiare rotta e così anche il suo destino sarà lontano dai suoi sogni più autentici. Il matrimonio non regge alle tempeste. Dopo il divorzio entrambi conosceranno solo dei ripieghi sentimentali e sessuali insoddisfacenti . E condivideranno l'amarezza di attività lavorative distanti dai propri ideali.

Non riassumiamo le vicende per non far perdere al lettore il gusto della lettura e neanche i motivi del gesto con cui comincia la storia del protagonista, che del resto è il pretesto narrativo da cui si dipana il tutto.

Il testo è pieno di personaggi descritti con grande vivezza, soprattutto le donne, spesso libere e libertine, e  non sono divisi in buoni e cattivi: tutti  condividono una doppiezza e una contraddittorietà che sembra riportare al destino stesso della Tunisia di oggi.

Ci sono anche digressioni in direzione di personaggi minori che lungi dall'annoiare allargano la visione della società tunisina, in particolare modo del conservatorismo di certi strati rurali. Una società che  Habib Bourghiba aveva cercato di  istradare verso un laicismo e una modernizzazione di costumi che non ha retto, però, alla trasformazione del padre della patria in un dittatore e ha finito con  il promuovere invece corruzione, clientelismo, mancanza di libertà e democrazia  . Si aggiunga, inoltre, una esiziale incapacità di affrontare la grave crisi economica che attanagliava il paese.

Una parte molto interessante della vicenda è nella descrizione del clima che si crea nel paese al momento del'arrivo di Ben Ali: tutto avviene in modo soft e la Tunisia si ritrova con una situazione peggiore, quasi senza accorgersene. Il lettore segue la vicenda dalla visuale della redazione del giornale per cui lavora Abdel Nasser, comprendendo anche che Ben Ali, quando ha preso il potere, lo ha fatto con il consenso di tutto l'occidente, felice di liberarsi dell'imbarazzante Bourghiba, ormai in preda a senilità deviante,contenta della sottomissione del paese agli aggiustamenti strutturali del FMI,  senza capire a cosa si andava incontro con la lotta senza quartiere condotta dal nuovo presidente contro gli islamisti e con il liberismo sfrenato perseguito a scapito delle classi meno abbienti.

Un buon romanzo storico che però è capace anche di indagare tra i sentimenti e i desideri dei personaggi, anche se a volte certe scene di sesso ci paiono inutili e un po' ingenue. Proprio quest'ultimo elemento è stato il motivo per cui il libro, pur avendo ricevuto il massimo premio ad Abudhabi, non si trovava nelle librerie degli Emirati...Ma l'impedimento è stato risolto recentemente con grande soddisfazione dell'autore. Potrebbe sembrare un testo autobiografico, ma Mabkhout ha dichiarato in alcune interviste, che si tratta del ritratto di una generazione, generatrice dei 'rivoluzionari' del 2010, di cui lui ha fatto senz'altro parte, ma non della sua vita in particolare: se proprio si vuole trovare una identificazione, ha detto, è più con il personaggio di Zina che con quello di Abdel Nasser. Sorprendente!

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