Yasmine El Rashidi-Cronaca di un'ultima estate-Un romanzo dell'Egitto- recensione a cura di Rosella Clavari

Yasmine El Rashidi

Cronaca di un'ultima estate

Un romanzo dell'Egitto

Bollati  Boringhieri, 2018

traduzione di Costanza Prinetti

 

E' notizia recente che questa scrittrice non ha ottenuto il visto di uscita dal suo paese, per venire in Italia  a presentare il romanzo in oggetto. Tema di scottante attualità, quindi, sia quello che descrive  che la realtà dei fatti corrispondenti.

Partiamo dal considerare la modalità scelta dall'autrice per descrivere alcune date salienti delle trasformazioni politiche e sociali nel suo paese avvenute in estate: il 1984  durante la sua infanzia;  il 1998, dove la troviamo studentessa e già proiettata  verso il cinema e la letteratura;  a distanza di 16 anni , il 2014, con un'altra grave crisi, dopo un trentennio di dittatura con Mubarak, e l'avvento di altre forme di potere che minano la vita del paese.

Il taglio è indubbiamente biografico e nella prima parte descrive il mondo incontaminato degli affetti familiari costituito non solo da Mama e Baba,  ma soprattutto dal suo primo confidente, il caro cugino Dido, dallo Zio, dalla Nonna e da Nesma, l'amata zia down. La ragazza frequenta la scuola inglese dove non si insegna la storia dell'Egitto, mentre nella scuola pubblica insegnano che il re era cattivo perché una creatura degli inglesi. Dicotomia interessante  perché si ripropone per altre situazioni e giudizi politici.

Nel racconto più che un'analisi politica, sembra prevalere la disparità delle voci del popolo sui vari presidenti e dittatori. Nasser, amato da alcuni, odiato da altri, come la Mamma della protagonista : aveva cacciato dalla villa accanto al suo quartiere una sua carissima amica, stessa sorte per altre ricche e e privilegiate famiglie. Poi c'è il discorso dei venditori senza licenza, arrestati all'improvviso; quello del cugino, prima comunista e poi anarchico, così come della  posizione di intellettuale della scrittrice vissuta con un senso di colpa .

Queste voci disseminate nell'opera confermano che la prima idea dell'autrice (come lei stessa ha dichiarato) era di fare un documentario ispirandosi a “Cronache di  un'estate” di Jean Rouch ed Edgar Morin.  Il rapporto con il padre, grande assente per lungo tempo, rimane un punto interrogativo che peserà sulla sua giovane anima anche perché la madre non dichiarerà mai il motivo della sua scomparsa. Una volta riapparso, la figlia stenterà a riconoscerlo, ormai invecchiato e stanco; non tornerà in seno alla famiglia, anzi esprimerà il desiderio di una nuova moglie. La madre è amata e ammirata nella sua volontà di non arrendersi, di continuare a lottare e a partecipare alla vita. La vera guida è costituita dallo Zio, così chiamato anche se non è proprio lo zio, sempre disposto a farle lezioni di storia e politica; e il vero amico e fratello è il cugino Dido, estremo nelle sue scelte e nei suoi giudizi ma anche generoso e disposto ad ascoltarla.

Gli anni '90 sono considerati dalla scrittrice un punto di svolta nella creazione dell'identità nazionale, ma anche per la città e la popolazione. Vediamo la tensione politica che influenza la cultura e la società egiziana ma che approda spesso a un silenzio di complicità. Il regime spinge al silenzio, all'autocensura, gli eventi sono sempre più complessi e solo a distanza di tempo possono essere capiti.

Mubarak , dopo le sue dimissioni, viene condannato all' ergastolo nel 2012 ma l'anno successivo viene scarcerato. Mentre all'arresto di Morsi, che gli era succeduto, il colpo di stato del 2013 annunciato dal capo dell'esercito Abd a-Fattah Khali al-Sisi  vede il suo insediamento alla presidenza, ancora attuale. Dal loro versante, i Fratelli musulmani violenti vogliono che l'Egitto sia come l'Iran. 

Nella seconda parte tutto questo si respira come prodromo alla rivoluzione finale di un'ultima estate così definita perché  probabilmente non sarà l'ultima.

Nel 2014, il cugino Dido è in carcere, invecchiato, triste, solo, e la cugina va sempre a trovarlo interrogandosi anche sulla sua posizione . Il silenzio negli ambienti e tra le persone è sempre più presente. Assistiamo gradualmente a una città che si spoglia delle cose e delle persone. Quanti ragazzi escono con il numero di telefono scritto sul braccio perché sanno che non faranno ritorno a casa!

Lo stile si rivela in una scrittura con periodi brevi o meglio frasi semplici e molti punti; quel punto che dà ritmo alla frase e frantuma la linea del pensiero in un serie di piccoli segmenti, ha a che fare con il flusso di memoria joyciano ma anche con il genere tra cronaca giornalistica e diario familiare.

Nella prima parte, sembrerebbe riprodurre il linguaggio della bambina che era: il mondo visto dagli occhi e dalla voce di una bambina. Continua più fluente, in un'aura claustrofobica, come descrivendo un incubo a occhi aperti attraverso una cronaca apparentemente fredda.

Avvertiamo l'esigenza della scrittrice di ricomprendere più epoche storiche ( vedi la sua infanzia con il racconto dello Zio sulle bandiere egiziane: dalla più bella, ottomana, a quella delle Repubblica araba d'Egitto) ricordando alcune date importanti: la rivoluzione del 1919 e l'indipendenza dal Regno Unito nel 1922 ; la monarchia che viene rovesciata nel 1952 con l'insediamento del presidente Nasser  cui succede nel  1970 Sadat :“hanno cercato di uccidere Nasser e poi hanno ucciso Sadat”.  La storia dell'Egitto non è solo quella immediatamente contemporanea- sembra ricordarci l'autrice- ma va dalla monarchia alla repubblica alla tristemente nota guerra dei sei giorni (Israele sferra un attacco contro Egitto, Giordania e Siria  cui seguirà il declino di Nasser). Si arriva alla frase paradossale, tra il serio e il faceto “i Faraoni hanno inventato la dittatura”, quando la giovane donna attraversa le sale di un museo egizio dove emerge la storia dell'Antico Egitto.

Oltre a voler ricomprendere l'aspetto storico, l'autrice vuole tenerlo legato al mondo familiare, emotivo, artistico e politico, vivendoli ben uniti insieme. Questa volontà di legare e mantenere uniti i vari aspetti citati, offre anche la possibilità di gestirli meglio; come scrittrice infatti vive il conflitto tra senso di colpa per il disimpegno e la consapevolezza della carica di denuncia della scrittura; come donna, descrivere la storia di un paese che si intreccia con la propria storia esprime la necessità di ricapitolarla per darla nuovamente alla luce.

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