Eugène Ebodé - L'immortalità più un giorno - articolo da "La Repubblica" del 24.9.2023

 

Eugène Ebodé

L’immortalità più un giorno 

articolo da La Repubblica, inserto Robinson, 24.9.2023

traduzione di Lorenzo Alunni

 

[Eugène Ebodé è presidente della Cattedra di letterature e arti africane dell’Accademia del Marocco. Originario del Camerun, ha scritto romanzi e novelle. A lui è stato conferito l’onore di introdurre CaLibro 2023, ( dal 28.9.2023 al 1.10.2023 a Città di Castello) , Festival degli scrittori e scrittrici africani e afroscendenti].

Parlare di letterature africane significa parlare degli africani, degli afrodiscendenti e di ciò che essi apportano in quanto a illuminazioni o turbolente possibilità. Dico così perché la letteratura è uno specchio e i libri sono i riflessi delle nostre azioni o delle nostre inconfessabili paure e speranze. Riflettono lo stato dei nostri Stati, lo stato dei nostri umori, l’istante delle nostre felicità, l’istante delle nostre debolezze, le fondamenta delle nostre tristezze, ma delineano anche, al di là delle nostre vite frastornate, la nostra immortalità più un giorno.

Dell’Africa si è spesso celebrata l’oralità, la sua oratura o oralitura, intesa come l’insieme dei racconti, delle epopee, delle leggende, delle composizioni dell’intelletto animate o trasmesse attraverso la parola. La storia dell’oralità, i suoi modi d’espressione, le sue funzionalità, i suoi processi di traslazione da voce a testo, hanno fatto di quel continente una riserva inesauribile di voci sonore.

In Africa, i griot e le griot hanno saputo portare il più vicino possibile alle orecchie e ai cuori , racconti, elogi, canti, proverbi e recite intessute come convocazioni venute dal profondo delle epoche e destinate a placare la sete di orizzonti da scoprire o capaci di attenuare la paura dei fantasmi. Ne consegue che la parola narrata serve a darci fantasia ed emozione, a suscitare interrogativi, a creare distanza e tutto ciò che è inalterabile e che una vita di successo deve perseguire: splendere ed elevarsi.

Ecco una delle eredità, attraverso le quali l’Africa costruisce il proprio racconto e propone, fra l’antenato atemporale e il potere temporale, il proprio negoziato con il caso e la necessità.

Dopo le guerre puniche, Roma detiene gran parte del potere in Nord Africa. L’Africa detta romana, nel bacino del Mediterraneo, produce varie importanti opere letterarie in latino, con autori quali Terenzio, Apuleio, Floro, Tertulliano, Sulpicio Apollinare, Nonio Marcello, oltre a grammatici come Terenziano Mauro, Gaio Mario Vittorino e Attilio Fortunaziano. Grazie a questa lista, vediamo bene quale fu il contributo degli africani che scrivevano in latino, e quanto furono numerosi a prendere posto sulla ribalta del mondo letterario.

Torniamo ad Apuleio, originario di quella che oggi chiamiamo Algeria. Nel II secolo della nostra era pubblicò quello che sarebbe stato poi considerato il primo romanzo: L’asino d’oro o Le metamorfosi. Dopo Apuleio, si sono distinti anche altri autori africani, come il teologo e filosofo Sant’Agostino, autore delle Confessioni.

Hanno mostrato il loro intelletto, i loro contributi sono riconosciuti come importanti, ma la loro origine africana viene resa invisibile, nel senso della cancellazione del dato cromatico. Le letterature africane contemporanee sono, grosso modo, il risultato di tale più recondita memoria dei drammi comuni agli africani: districarsi dalla trappola razziale e contestare la conferenza di Berlino, che pacificò le relazioni diplomatiche e commerciali fra gli europei, ma ratificò le conquista coloniali.

Un’identica lotta, stavolta per uscire dalla segregazione razziale, risultò negli Stati Uniti in un’alleanza chiamata Rinascimento di Harlem. Quel movimento offriva una crudele constatazione: l’idea di Rousseau del contratto sociale, che pretendeva di far uscire la società dalla guerra senza fine suggellando dei rapporti d’uguaglianza fra i cittadini, era un’illusione.

E siamo a oggi con il Mediterraneo e il suo cimitero, le barche, le bare. Da Duala a Lampedusa. Bisogna che questi naufragi finiscano, attraverso una coscienza condivisa della felicità minima da offrire ai bambini di questo e dell’altro lato, e attraverso un dialogo fra le due rive.

La letteratura può dare il suo contributo. A questo proposito ecco il mio desiderio: che fioriscano in questo luogo d’incontro i fiori della bellezza e degli scambi utili alle cooperazioni favorevoli all’avvicinamento fra i nostri destini, legati e non spezzati. Favorevoli alla circolazione di libri di grande intensità per riconnettere e per discutere utilmente. Per elevare e non per sminuire. Per comprendere e non per fraintendersi. Per costruire ponti più solidi e durevoli che renderanno invisibile il colore e glorificheranno la diversità.

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