Susan N. Kiguli - Terre che piangono - recensione a cura di Rosella Clavari

Susan N. Kiguli

Terre che piangono

(con testo originale a fronte)

traduzione di Marta Zonca

Interlinea, 2023

 Susan Nalugwa Kigali, classe 1969, è considerata tra i più grandi poeti contemporanei dell’Africa orientale e meridionale; è nata in Uganda, una terra chiamata “la perla dell’Africa” senza sbocco sul mare ma impreziosita nel suo variegato paesaggio dai picchi dei monti Rwenzori e dall’immenso lago Vittoria. Una terra purtroppo segnata dall’orrore delle guerre e dalle tristi vicende dei bambini soldato; nella poesia di Susan Kigali, non è slegata questa memoria da quella di un luogo accogliente, con la presenza degli affetti familiari ( in primis la madre rimasta vedova giovane che l’ha cresciuta nella saggezza antica dei suoi avi) e degli amici. Accanto a loro prendono spicco figure di grandi sportivi che hanno dato lustro alla nazione, come i campioni olimpionici Cheptegei, mezzofondista e il maratoneta Kiprotich e al di là dei connazionali il grande pugile e campione Muhammed Alì che incontrò Foreman nel 1974 in Zaire; ne “L’uomo e la sua sansa” rievoca con affetto il grande musicista camerunese Francis Bebey.

Ricorda anche i grandi esponenti della libertà, eroi nazionali come Nkrumah per il Ghana e Nyerere per la Tanzania. Traspare nella sua poesia, accanto alle memorie personali e intime, “quel senso di comunità, di storia collettiva - che facciano parte del mito o siano contemporanee - così tipiche e forti di una certa cultura”.

Susan Kigali è intimista e corale al tempo stesso. La particolarità che contraddistingue questa artista della parola è saper far convivere sentimenti antitetici come sdegno e speranza, rabbia e consapevolezza sublimando a canto di gratitudine il suo racconto esistenziale.

La lingua da cui sono tradotte le poesie è l’inglese (testo originale a fronte) e riusciamo a percepire la musicalità che può sprigionare nella declamazione in pubblico ma è un ritmo che non si perde anche nella versione italiana. Per questo motivo, meritano di esser lette tutte con attenzione nelle due versioni linguistiche.

Nei ringraziamenti finali l’autrice ricorda la collaborazione con le varie Università e Festival cui ha partecipato e ringrazia Antonella Sinopoli con il suo progetto AfroWomen Poetry che ha reso possibile la pubblicazione di questo volume in edizione bilingue. Ricordiamo che l’autrice è docente presso il Dipartimento di Letteratura all’Università di Makerere dedicandosi in particolare alla ricerca sulla poesia africana orale e scritta e sulle performance poetiche nel Sudafrica del post apartheid e nell’Uganda post guerra civile.

Di seguito una breve selezione di poesie tratte da questo testo.

 

 Noi non scriviamo la nostra poesia

 noi la viviamo [...]

 (da: “A un’amica nella sua prima notte di sonno da quando il figlio è a letto per un altro attacco di anemia falciforme")                                                                                                                                    

Ai mercanti di guerra di tutto il mondo

Diteci

avete iniziato una guerra

così che le nostre donne

potessero essere vendute e umiliate davanti a tutti?

Le nostre ragazze ogni giorno

spogliate della loro umanità

e offerte alle

macchinazioni di folli soldati?

 

Diteci

avete iniziato questa guerra

come una fiera del male

che svela i diversi volti

di Lucifero a masse terrorizzate?

I nostri bambini nudi stringono pistole

al petto.

 

Diteci ora

avete concepito questa guerra

come un catalogo di atrocità

da custodire nelle biblioteche della nostra storia?

 

Avete progettato questa guerra

per bruciarci nelle fiamme delle vostre faide

o l’avete fatto per poter emanare comunicati ufficiali?

 

 

Terre che piangono

 I guai nelle nostre terre

scendono in picchiata come aquile urlatrici

gli artigli aperti sulla

popolazione perplessa.

Io non lo

chi ha invaso chi

chi insegue troni regionali

io non lo so quale gerarchia ringhia

di chi sia il canale radio che mente.

 

Ma ho visto

macerie coprire gli indifesi

persone fatte a pezzi

dita puntate

capi abbracciarsi

persone morire.

 

Io non lo so quale Paese

difendano

di chi siano i bimbi

che proteggono

di chi siano i mercati

che salvaguardano

di chi sia il canale radio che mente.

 

 

 Le madri cantano una ninna nanna

(dopo il genocidio del 1994 in Ruanda)

 

Le madri cantano una ninna nanna

mentre la notte cala sugli alberi

tagliando fuori le ombre.

Le voci suadenti s’insinuano e si attorcigliano

attorno agli arbusti e all’erba alta

che celano montagne di corpi decapitati

e il luccichio dei machete

che hanno squarciato gole urlanti.

In questi campi privi di felicità

le madri tengono viva la melodia della vita

catturando un vento malinconico

per infondere forza con il canto negli animi di bimbi

che non hanno mai conosciuto il sapore dei

fiocchi d’avena al mattino

né udito il frinire dei grilli la sera.

Le madri cantano una ninna nanna

per quei volti allucinati

che si ritraggono impauriti quando odono dei passi

i cui compagni di gioco sono scheletri ridenti.

Le madri si fanno ninna nanna

mettendo a tacere le sirene del dolore

restituendo compassione alla nazione.

 

 

 

L’amore non è una rosa

 

L’amore non è una rosa

perché le rose appassiscono e muoiono.

 

L’amore è acqua che scorre

su un fuoco ardente.

 

L’amore è latte schiumato

fresco di mucca.

 

L’amore è un forte infuso

bevuto in compagnia.

 

L’amore è medicina

per una febbre cocente.

 

L’amore è una preghiera

dalle solide ali.

 

 

 Il formicaio

 

Voglio vedere il tuo volto

di fronte al mio

sempre.

 

Voglio accarezzare

il tenero lobo

del tuo orecchio

con la mia voce

sempre.

 

Voglio trovare

il cielo nelle

mezzelune dei tuoi

occhi

sempre.

 

Voglio che tutti

si stupiscano

di ciò che trovi

nelle mie gambe storte

sempre.

 

Voglio sedere

con te

sul formicaio

vicino alle colline scure come il pane

sempre.

 

Mwalimu Nyerere

(In memoriam)

 

Mwalimu Nyerere

tu, sommo padre, hai scalato

il Kilimangiaro fino all’altro versante,

il tuo volto impresso nella storia.

 

Tu libro della nostra lotta

tu portavoce del nostro popolo

tu bastone per il cammino dell’Africa

il braccio più forte della comunità.

 

Spirito di saggezza

pioniere dell’unità africana

fratello di Kwame Nkrumah

artefice della nostra rinascita.

 

Campione di giustizia

la tua mano sull’Uganda

la tua mano sul Sudafrica

la tua mano sul Burundi

la tua mano sull’Africa.

 

Figlio d’Africa

sostenitore della forza del nostro popolo

artigiano di un comune Tessuto Africano

lavorasti sodo per vedere

la gente mangiare assieme

i bambini andare a scuola

gli ospedali aprire.

 

Figlio di Makerere

filosofo nel nostro Cortile

secondo le usanze del nostro popolo

pronunciamo il tuo nome

segno ultimo della nostra riverenza.

 

 

Amo la mia casa

 […]

Per le risate che si alzano in volo

echeggiando in ogni angolo

per le risate sparse

sui cespugli in fiore

per le risate che sfuggono da ogni anfratto

levandosi per salutare il sole

per le risate da cellulare a cellulare.

 

Per quelli che hanno preso lezioni di danza

nell’utero

che scendono in pista

e si fanno adorare

che si voltano di qua e creano magie

si voltano di là

e mandano miliardi di angeli

a pregarli di non fermarsi mai

per quelli che fischiettano canzoni

e ti spingono a cantarle con loro

tuo malgrado.

 

Per quelli che piangono il lutto

richiamando mille nomi

ricordando nome su nome

ripercorrendo la storia di ogni vita

a loro cara ogni volto d’amore.

Per quelli che sentono il proprio dolore

dentro e fuori

che strisciano e graffiano la terra

come se questa potesse rispondere alle loro domande

per quelli che ogni giorno guardano il cielo

e implorano Dio

continuando ad amare

a sperare

a vivere come se la vita fosse per sempre

per quelli che non si lasciano mai andare

né lasciano le persone che colorano la loro vita

per quelli che fanno della tristezza parte della felicità

un elemento di pace

per vedere il prima, l’ora e il per sempre

 

per la mia gente che mi fa

desiderare di capire ciò che non capisco.

 

 

Mi manca mamma

 […]

Mi manca quella donna gentile

e la sua dolce morbida risata

e quella voce come se la risata fosse velluto

nella sua bocca.

 

Mi manca nostra madre

il modo in cui si gira risoluta

e chiede “Ate ki Mukwano?”

come se l’amicizia fosse tutto

ciò che vorrebbe da noi.

 

Amo nostra madre

quando socchiude gli occhi per dire no

quando si guarda i piedi intendendo

Non c’è bisogno di stupidaggini”.

Quando alza gli occhi

attraversati da quei lampi di luce che dicono ben fatto

e grazie

quando i suoi occhi si riempiono di lacrime in una

preghiera riconoscente

 

Amo nostra madre

e sono contenta di poter scrivere in luganda e in inglese.

Oggi l’ho fatto in inglese

perché quando i nostri occhi si incontrano

parlano luganda.

 

P.S. “Ate ki Mukwano?” significa “che cosa ti preoccupa amico?”

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