Amir Tag Elsir, Il cacciatore di larve, (a cura di Giulia De Martino)

Sudan

Amir Tag Elsir

Il cacciatore di larve

Edizione Nottetempo, 2013

Traduzione di Samuela Pagani

Vi presentiamo un nuovo autore sudanese, che dopo aver studiato medicina e aver esercitato la professione di ginecologo in patria, secondo una ormai nota consuetudine, ora vive e lavora all’estero, in Qatar. Ha pubblicato diversi romanzi e raccolte poetiche, ma Il cacciatore di larve è la sua prima opera tradotta in italiano, in modo relativamente rapido dato che il testo è stato finalista per l’International Prize for Arabic Fiction per il 2011.


Il romanzo non è né un testo per entomologi né una detective story, come si evincerebbe da una occhiata superficiale alla professione del protagonista: Abdallah Harfash, detto Farfar, è, infatti un ex-agente di polizia, costretto ad un pensionamento forzato per una gamba amputata e sostituita con una di legno, a causa di un incidente di macchina durante una operazione. Si apprenderà che in realtà è stato “un fuoco amico”a produrre il disastro in cui lui perde la gamba, l’autista muore e l’altro agente resta rimbambito a vita.
Durante il periodo di convalescenza ha pensato parecchio il nostro Farfar: che fare una volta ristabilito? Ha sentito alla tv che un fioraio bengalese, un calzolaio ruandese, una prostituta di Saigon, dal nulla e da ignoranti, hanno scritto dei libri che li hanno resi famosi e riempiti di soldi. Perché un onesto ex-poliziotto non può fare altrettanto?


Detto fatto pensa di poter scrivere un capolavoro semplicemente perché, per anni, ha scritto centinaia di rapporti di pedinamenti su delle cartellette gialle, corredo di servizio insieme al distintivo e alla radio ricetrasmittente. Ora, per la verità, radio e tessera sono stati ritirati, ma la polizia, bontà sua, gli ha lasciato i biglietti gialli che cerca di portare sempre con sé, per annotare quanto osserva dell’umanità: dopo tutto, ha una lunghissima esperienza umana di delinquenti, terroristi e oppositori politici…


 Il fatto è che non sa da dove cominciare, avendo al suo attivo l’unica lettura di due libri in tutta la sua vita e non precisamente di letteratura: uno sui trucchi e la magia e l’altro sugli usi matrimoniali nel mondo. Ma pensa di avere dalla sua due elementi che potranno aiutarlo. Il primo è la conoscenza della libreria Foraggi del cristiano R.M., da lui in svariate occasioni, tenuta d’occhio per motivi di lavoro, quale possibile covo di oppositori e depravati: forse  potrà sperare in qualche consiglio su cosa leggere per farsi un’idea di che cosa sia , in realtà, la letteratura. Peccato che il libraio, avendo saputo del suo pensionamento, lo tratta, ormai dall’alto in basso , dal momento che non gli fa più paura. L’altro elemento è recarsi al Palazzo del Sicomoro, noto locale di scrittori, intellettuali, oppositori politici e perdigiorno, deciso a fare la conoscenza con il celebre autore A.T. per scoprire i trucchi del mestiere e capire da dove trae ispirazione un romanziere.


In effetti, esclusi i pedinati, la sua esperienza umana è molto scarsa: non ha praticamente parenti, a parte una zia maritata con un massaggiatore di una squadra di calcio, non è sposato, non ha amici o amori. La conoscenza di A.T. cambia la sua vita, come la frequentazione del Sicomoro e di tutti coloro che vi gravitano. Tutto quello che sente o apprende passa, però, per il filtro della sua precedente attività: non ha idea della immaginazione e della fantasia che trasforma la realtà e la rende letteratura, tutto si riduce alle domande che si pone un poliziotto di fronte ai fatti accaduti.


Ma sogna Farfar, quanto sogna e già vede gli scaffali delle librerie riempiti delle sue opere: nella sua testa  già sono pronti titoli e pseudo trame e non ha ancora scritto nulla. Quando applica alla lettera i suggerimenti dello scrittore A.T. scrive dei mini rapporti di polizia noiosi e pedanti, bocciati prontamente dal maestro che, misteriosamente, non lo scoraggia. Larve sono i suoi scritti, dice A.T., tocca a Farfar  far crescere le fasi del suo romanzo-insetto: le larve possono non nascere mai oppure diventare farfalle.


Comincia così una sarabanda di approfondimenti di persone reali da trasformare in personaggi da romanzo, tanto da diventare quasi persecutorio nei confronti del massaggiatore, marito di sua zia, di un sarto, confezionatore dei vestiti buoni di Farfar, di un vicino di casa becchino e  capo-tifoseria di una squadra locale che diventa matto, del proprietario di un sordido locale frequentato da cammellieri e poveracci, analizzati, piuttosto impietosamente, nei loro atti e nelle implicazioni che possono avere in future trame.


Il romanzo si riempie di parti intertestuali, costituite da capitoli di un romanzo di A.T. letto senza capirci nulla, da brevi parti di suoi futuri romanzi, di brani di una scrittrice esordiente, che lui odia perché gli contende i favori del maestro. Buona parte di questo materiale fa molto pensare al nostro Calvino, ai suoi tanti e diversi incipit, accumulati in vista di opere successive. Ma, un dubbio attanaglia lo pseudo scrittore: non è che a forza di confidargli le sue osservazioni sulle persone e le sue continue indagini A.T. gli ruberà qualche personaggio? In particolar modo pensa al massaggiatore, su cui ha investito  molto.


Del resto, il nostro, preso dalla sua arroganza e megalomania, non si rende conto che ormai lo scrittore lo frequenta lontano dagli altri, al Pozzo, caffè di infimo ordine, beandosi di tutti i suoi sproloqui, mentre Farfar pensa di essere,  ormai,  in amicizia intima. Ne imita addirittura i rituali di scrittura, sicuro che da questi ne discenda una letterarietà miracolosa. Quando non incontra più in giro lo scrittore, che anzi non risponde più alle sue telefonate il suo dubbio si fa reale: da qualche parte starà scrivendo un meraviglioso romanzo con protagonista il ‘suo’ massaggiatore. A nulla vale salvarlo dalla prigione, dove viene rinchiuso A.T. per qualche giorno: chi potrà apprezzare il romanzo di un esordiente illetterato di fronte al capolavoro di un maestro?


Tristemente tornerà alla sua professione: ormai preso di mira dalla polizia per le sue frequentazioni di intellettuali in odor di opposizione, ricattato, non gli resta che prestarsi come infiltrato in quel mondo in cui aveva sperato di entrare da protagonista di successo.
La mazzata finale gliela dà lo scrittore: è Farfar stesso il protagonista del nuovo romanzo di A.T., si tratta infatti della storia di un ex-agente che vuole diventare scrittore ma finisce per essere una spia della polizia sul mondo degli intellettuali…


Come si vede, una satira divertente e comica sul mondo degli apparati repressivi dei paesi arabo-africani, la mania del controllo e della censura della libertà di pensiero artistico e politico, ma anche del mondo degli intellettuali, chiusi nella torre d’avorio dei loro linguaggi, dei loro rituali, spesso lontani dai bisogni e dai desideri della gente comune, vittime sì, ma spesso inconcludenti e parassitarie.
La vicenda non ha una connotazione temporale o di luogo specifica: ci si muove dentro una grande città africana, vista dai suoi caffè e dai suoi teatri( molte scene sono dedicate agli spettacoli teatrali tradizionali e più o meno d’avanguardia), con personaggi tratti da ceti umili e artigianali, ritratti nei loro tic più negativi. Troviamo persino delle esuli etiopi che lavorano al caffè e si esprimono in un arabo dolce e sgrammaticato.


 C’è l’ossessione della ricchezza rapida, del successo, della notorietà televisiva, il confronto irraggiungibile con una Dubai da sogno. Siamo dunque in una epoca attuale, in cui si aggira il pessimismo irriverente dello scrittore sudanese, per niente convinto dai poteri delle autorità costituite, ma neanche troppo fiducioso sulla capacità di reagire delle popolazioni o sul ruolo degli intellettuali.
 

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