Amira Ghenim - La casa dei notabili - recensione a cura di Giulia De Martino

Amira Ghenim

La casa dei notabili

edizioni e/o, 2023 - 2a ristampa

traduzione di Barbara Teresi

 

Una sera suonano alla porta della casa dei notabili en-Neifer e un garzone di fornaio consegna un pacchettino per la giovane signora Zubaida ar-Rassa, che ha da poco partorito il suo secondo figlio. Mhammed, il fratello di suo marito Mohsen, riceve stupito l'involucro, da cui fuoriesce un biglietto, firmato Taher, letto il quale si scatena una furia famigliare con risse, botte e minacce, per il sospetto di un tradimento coniugale da parte di Zubaida, coinvolgendo anche la famiglia d'origine della giovane sposa.

L'incipit della storia, narrato e ripetuto, secondo angolazioni diverse, da ben undici personaggi, è il contenitore di uno stupendo e minuzioso affresco sociale della Tunisia degli anni'30, anche se le deposizioni, a favore o contro il presunto adulterio, potremmo chiamarle così, si articolano in diversi tempi fino ad arrivare ai nostri giorni.

Il testo ha un personaggio, Hind, cui è affidato lo scioglimento dell'enigma, figlia di Mustafa en- Nefer, figlio di Zubaida e Mohsen, la quale. la sua volta, lo dedica a sua figlia, che cresce nel disincanto della confusione politica e nella crisi economica, succeduta alle speranze della rivoluzione dei gelsomini del 2010-11.

Svelare il tormentato segreto delle due famiglie coinvolte, gli ar-Rassa e gli en-Neifer, la prima più liberale e progressista della seconda, maggiormente legata alle tradizioni, equivale a operare con il bisturi della verità. ”Ma il bisturi della sincerità, operando in noi, non ci ha anche ripulito per sempre il cuore e l'anima dalle malformazioni ereditarie?” Malformazioni metaforiche, culturali e sociali che colpiscono i notabili della capitale, una borghesia cittadina che, sotto il concetto di onore, nasconde vergogne e vizi, velati dall'orgoglio della casta e dalla patina di un tradizionalismo patriarcale duro a morire; una religione che di spirituale ha ben poco, un profondo disprezzo per i disagiati, soprattutto se vengono dal sud e un razzismo nei confronti dei neri.

Nella serie dei tantissimi personaggi che il lettore è costretto ad inseguire, per capirci qualcosa di ciò che è accaduto in quella fatidica notte di dicembre del 1935, ce ne è uno che non compare in prima persona, ma è costantemente raccontato dagli altri. In realtà è il vero protagonista della storia:Taher al- Haddad, un attivista realmente vissuto, dapprima anticolonialista e indipendentista nel partito Destour, poi sindacalista insieme a Mohamed Ali al-Hammi, fondatore del primo sindacato autonomo tunisino, in seguito, autore di un saggio fondamentale, scritto nel 1930, in favore della piena partecipazione delle donne alla vita politica e sociale , su cui si fonderà nel 1957 il Codice, voluto da Habib Bourguiba, padre della repubblica tunisina, che garantisce alle donne il diritto di voto, all'istruzione e al lavoro, abolisce la poligamia e i matrimoni forzati, regolamenta il divorzio e legalizza l'aborto.

La sua importanza è evidente per tutte le donne tunisine e l'autrice vuole rendere omaggio ad un uomo che non ha rinnegato né l'islam né la lingua araba in favore di un modernismo occidentale, ma forte dei suoi studi nella grande università musulmana di al-Zaytuna, si pone contro le interpretazioni patriarcali dei testi sacri, riconoscendo piena dignità alle donne proprio nelle parole del Corano. Ha cercato di lottare contro le ipocrisie dell'entourage politico-sociale di Tunisi, ricavandone disprezzo e un ostracismo arrivato a sospenderlo dal lavoro, facendolo morire a neanche quarant’anni solo, povero e disperato. Nel romanzo la scrittrice lo immagina frequentare la dimora di sidi Ali ar- Rassa come maestro di lingua araba che tiene lezioni in casa sia ai maschi che alle femmine. Per controbilanciare una educazione troppo esposta all'occidente, pensa il padre, non si sa mai...

La grande storia collettiva con le lotte interne tra vecchio e nuovo Destour, la comparsa dei movimenti sindacali liberatisi dalla tutela addomesticata dei francesi, la nascita della repubblica e la fine del protettorato francese, fondato sulla connivenza del Bey di Tunisi, le tragiche rivolte del pane o del couscous del 1983-84, represse nel sangue da Bourguiba, l'arrivo di Ben Ali e in seguito degli islamisti al potere: tutto ciò s'intreccia con le storie delle famiglie degli ar-Rassa e degli en-Neifer, donando sfaccettature variegate ai diversi personaggi. In primis i due patriarchi Ali-ar Rassa e Othman en- Neifer: l'uno più aperto alle novità, purché non intacchino il potere della famiglia e dell'ordine costituito, fa studiare le femmine della famiglia in una scuola di suore francesi, donando loro il gusto per la letteratura non solo araba. L'altro aborre tutto quanto puzza di occidentale e lontano dai precetti musulmani ed è tuttavia costretto ad assecondare le inclinazioni del figlio Mohsen, desideroso di studiare in una università tedesca (il lettore apprenderà in seguito il perché).

Giganteggiano le due madri Beshira al Jalluli, madre di Zubaida e Jnaina ash-Sharif, madre di Mohsen: s'immischiano fortemente nelle vite dei mariti e dei figli e, sebbene condividano una condizione di subalternità rispetto ai coniugi, intessono trame e inganni, pur di favorire quello che pensano sia il meglio per la loro prole, difendendo le loro idee con una certa energia.

Sullo sfondo una marea di figli e nipoti che si arrabatta per assecondare i principii della buona società tunisina, incarnata nei padri e nelle madri. Solo Mohsen, con l'apertura derivatagli dagli studi in Europa sembra distaccarsi, arrivando a scegliersi per moglie Zubaida, intelligente, colta, aperta, una spina nel fianco della famiglia en-Neifer. Soccombe invece il fratello Mhammed, vittima di abusi sessuali da bambino (da parte di un inserviente della moschea) che per difendere la sua omosessualità segreta, cede ai desideri della madre e si sposa, combinando un infelice matrimonio, per salvare la faccia.

Anche le serve di casa hanno da dire la loro sul misterioso episodio del biglietto firmato da Taher. Luiza e Khadduj, l'una vissuta da sempre nella casa di Beshira, amica di giochi di Zubaida, fedele nei suoi confronti e disposta a tutto pur di salvarla dal disonore, ha seguito la padroncina nella casa del marito, per servirla con affetto. L'altra, una nera, figlia e nipote di schiavi affrancati, di generazione in generazione servi in casa di lalla Jnaina, affezionata a Mohsen che ha visto nascere, ha una sorella malata di mente e prostituta. Entrambe non conosceranno mai l'amore e, prese a botte e male parole all'interno delle famiglie in cui abitano, ne seguiranno minutamente le vicende. Insieme alla moglie infelice di Mhammed rappresentano una religiosità popolare, fatta di jinn, di santi protettori e dei loro miracoli, di sogni profetici, di riti ancestrali che segnano il distacco dalla vita delle classi agiate che fondamentalmente li disprezza come poveri e come ignoranti.

Ma l'affresco dipinto dalla Ghenim non si limita a questo: entra nei vicoli della vecchia Tunisi, esplora le sue bottegucce di artigiani, entra nei caffè e nei locali della bella società , nei bordelli dove i maschi, in barba ai precetti islamici, danno libero sfogo ai loro istinti, ci conduce nelle cucine dove esalano mille odori e profumi, soprattutto in occasione di matrimoni, funerali e riti di circoncisione. Ci mette in contatto con una presenza ebraica ed italiana, diffusa in tutta la città, destinata quasi ad estinguersi in seguito, connotando la città di Tunisi di un certo cosmopolitismo, rivelando ancora oggi certi prestiti linguistici non solo dal francese ma anche dall'italiano.

Come si vede, un testo dalla struttura complessa e tuttavia di gradevolissima lettura che induce il lettore a velocizzare il susseguirsi delle pagine per vedere come va a finire. Insomma Zubaida e Taher hanno o no avuto l'occasione di amarsi? non intendiamo spoilerare il finale...

Anche perché il vero finale è nelle parole di Hind che raffigurando un simposio accademico a cui lei partecipa ha parole inequivocabili contro certi professori maschi di sinistra che ipocritamente difendono, in pubblico, l'avanzata delle donne e a casa propria procedono come i loro padri e nonni. Questo non succede solo in Tunisia...Un testo femminista? Si, in pieno.

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