Colette Braeckman -Denis Mukwege, L'uomo che ripara le donne -recensione a cura di Giulia De Martino

   

Colette Braeckman

Denis Mukwege - L'uomo che ripara le donne

Fandango, II ed. 2018

traduzione di Manuela Madamma

 

Ci permettiamo di richiamare l'attenzione dei nostri lettori su un libro edito nel 2014,  ma che la casa editrice ha fatto più ampiamente circolare nel 2018, dal momento che il dottore congolese di cui si parla ha vinto quest'anno il Premio Nobel per la pace insieme alla yezida Nadia Murad, sopravvissuta alla prigionia dell'Isis.

Colette Braeckman, la giornalista belga che ha voluto dedicare un libro a questa splendida figura di medico ginecologo è una esperta d'Africa e in particolar modo di Congo e di tutta la regione dei laghi, avendo seguito tutte le guerre, a bassa o ad alta intensità,  che si sono succedute e che ancora sussistono- anche se non se ne parla- nell'area del Congo, Rwanda, Burundi, Kenia e Uganda.

Un testo ostico da leggere, non tanto per la congerie di informazioni politiche sugli eventi dell'area negli ultimi vent'anni, quanto per le tragedie degli stupri subiti dalle donne  descritti spesso senza mezzi termini, perchè è così che ne parla il 'muganga', cioè il dottor Mukwege, nel tentativo di far comprendere all'Europa e al mondo di cosa stiamo parlando e come occorra fare qualcosa di definitivo.

Già vincitore dei premi Sakharov,Primo Levi,e di molti altri riconoscimenti internazionali ha recentemente dichiarato, rifiutando il ruolo di star umanitaria: "Ne ho abbastanza di questi viaggi, di questi premi. Preferirei farmi dimenticare, ritornare ad essere un semplice medico di villaggio. A condizione che finalmente la comunità internazionale si assuma le proprie responsabilità e risolva il problema. Ascoltarmi vi mette la coscienza in pace, ma se nulla cambia a che serve? Mi danno premi e denaro per tamponare le conseguenze, ma non si interviene sulle cause dei conflitti."

Originario del Kivu, la regione a est del Congo democratico, diventato medico in Africa, ma specializzatosi in Francia in ginecologia ed ostetricia, ha fondato a Bukavu nel 1998 il Panzi Hospital, in cui è diventato uno dei massimi esperti mondiali per la riduzione dei danni dovuti a violenze sessuali. Prima da solo, ora coadiuvato da un team africano e ed europeo: è lì che si ricuciono giovani donne, bambine , anziane, orrendamente mutilate e seviziate nel corpo e nell'anima.

Lo stupro è diventato, in alcune zone dell'Africa, un modo di fare guerra. Non si tratta di casi occasionali che si accompagnano a saccheggi, uccisioni, soprusi di ogni tipo. Violare le donne, spesso in modo collettivo e in pubblico, davanti ai famigliari e ai vicini di casi significa distruggere un villaggio intero, quindi un modo per annientare il nemico. Le donne stuprate che restano in vita piagate e con gravi problemi , gli uomini che impotenti sono stati costretti a guardare senza poter intervenire non sopravvivono alla vergogna e spesso se ne vanno, distruggendo tutto un tessuto di relazioni e lavori che ruota intorno alle figure femminili. Le donne, per ignoranza e paura, sono fortemente emarginate, i figli conseguenti allo stupro sono destinati ad una vita di stenti.

L'ospedale del dottore cerca di curare anche le ferite dell'anima con una equipe di psicologi, soprattutto donne, cercando di dotare le donne di mezzi di sussistenza, attraverso il microcredito,  per condurre una vita se non normale, almeno dignitosa. Questo ospedale è stato distrutto più volte, il dottore è sfuggito a due attentati, vive barricato praticamente in ospedale: è una voce scomoda per tutti, per i propri connazionali, per le forze militari governative e di guerriglia, e anche per qualche potentato capitalista straniero, perchè, oltre che medico è un attivista politico che sa che le guerre di laggiù non sono né religiose né etniche ma sono legate ad interessi locali e internazionali di natura economica. Ricordiamo che il Congo possiede immense richezze minerarie, necessarie all'elettronica e a tutto ciò che serve alla vita odierna in fatto di telecomunicazioni.

Il nostro dottore è umano, non un super eroe, conosce momenti di sconforto, ha quasi dovuto sacrificare la sua famiglia per sostenere questa difficile attività, ma è anche un pastore protestante sorretto da una grande fede ed è convinto che a prodigarsi per la riconciliazione e la pace si arriverà ad un risultato, soprattutto se a volerlo saremo in tanti. 

 

 

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