Léonora Miano - La stagione dell'ombra- a cura di Rosella Clavari

 

 

 

 

 

 Léonora Miano

 La stagione dell'ombra

 Feltrinelli, 2019

 Traduzione dal francese di Elena Cappellini

 

 

 

In questo romanzo l'autrice parla di un argomento che, come confessa lei stessa,  è divenuta una specie di sua ossessione: il fenomeno della tratta schiavistica nella zona sub-sahariana dell'Africa.

La modalità di narrazione di questo evento, colto nella psicologia dei vari personaggi  anziché nella descrizione della tratta, è di un elevato lirismo, accostabile ai poemi sacri.

Leggiamo nel dolore delle donne del villaggio dei mulongo, devastato da un incendio, la perdita dei figli mai più rivisti; nella rivalità dei due fratelli l'uno, Mukano, capo del clan mulongo, l'altro, Mutango, dignitario feroce che tradirà i suoi, l'eco di una biblica rivalità fraterna ; la grande nube d'ombra, in questo caso malefica e non portatrice di liberazione dalla schiavitù, si ferma sopra la capanna delle donne definite “quelle i cui figli non sono stati ritrovati”.  E' la nube del male, la nube che preannuncia l'avanzare delle ombre dei figli morti verso le madri che non possono più accoglierli nel loro ventre e che sussurrano “Mamma aprimi , così che possa rinascere”. L'ombra  si fa avanti anche durante il viaggio verso il mare di Mutango :”E' tutto vivo in quel luogo. Tutto, eccetto quell'ombra. E' formata da una moltitudine di persone che appartengono ormai a un'altra dimensione”. Da qui il titolo del testo e anche la dedica iniziale che fa capire qualcosa di più : “Agli abitanti dell'ombra che ricopre il sudario atlantico. A quelli che li amano”.

Lèonora Miano si è impegnata a fare memoria di questa pagina della storia che l'Africa vorrebbe dimenticare, oltre che come scrittrice, come cantante, con un repertorio di canti che parlano della tratta degli schiavi.

Scritto nel 2013 e premiato con il Prix Femina nello stesso anno, arriva da noi solo nel 2019. E' dedicato principalmente “a coloro che hanno dovuto inventarsi le loro vite dopo aver perso i propri cari, senza avere trovato risposte alle loro domande” come dichiara in un intervista l'autrice stessa. Numerose sono le fonti bibliografiche e i documenti sul tema della tratta ed esiste anche una lunga tradizione orale; la scrittrice afferma che, dati i suoi numerosi impegni, non ha il tempo per svolgere una tesi al riguardo ma si augura che ci sia chi possa farlo. Dichiara inoltre di essersi servita per questo romanzo di due testi : “La memoire de la capture” di Lucie-Mami Noor Nkaké e i lavori del principe Dika Akwa Nya Bonambela, in particolare “Les descendants des pharaons à travers l'Afrique”.

Il romanzo, dal nostro punto di vista occidentale, nella voce narrante sembra racchiudere la magia e il mistero di un coro greco. Tutta l'aria è carica di una grande tensione che esploderà solo verso la fine.  I capitoli scandiscono la narrazione secondo i ritmi della natura, tra l'aurora fuligginosa del dopo incendio, l'ombra inquietante degli scomparsi e la via dell'acqua dove si pensa siano stati condotti i dodici uomini scomparsi: uno scenario apocalittico dove la terra di cattura segna la fine dei tempi.

Non è possibile riassumere una scrittura così densa e lirica se non limitandosi al percorso di una trama e dando rilievo ad alcuni personaggi femminili.

Dopo l'incendio che ha devastato il villaggio dei mulongo e la scomparsa di dodici uomini, tre persone si mettono in viaggio: Eyaba, la donna che nasconde uno spirito maschile e che indomita si mette alla ricerca del figlio verso il paese dell'acqua; il capo del villaggio Mukano con la sua scorta di otto uomini,  per chiedere informazioni sull'accaduto alla regina dei bwele, il clan vicino a loro. Anche  Mutango che non ha mai accettato di essere secondo a suo fratello Mukano, si allontana ma con mire personali di prevaricazione e di potere.

La superstizione che convive presso la gente mulongo con i riti di purificazione e il culto degli antenati, spinge le autorità a isolare le donne colpite dalla perdita dei figli in una capanna a parte. Chi le consola e le avvicina è Ebeise, la levatrice del luogo, anche lei vittima della scomparsa  del marito, guida spirituale del clan. Altre figure femminili di spicco: Ebusi, la madre impazzita di dolore per la scomparsa del figlio; la principessa Njole e la regina Njanjo, difese da uno stuolo di soldatesse arciere, del clan bwele;  questa presenza femminile al comando, non è cosa  nuova neppure per i mulongo il cui clan è stato fondato proprio da una donna e che si vedranno costretti, assente da tre mesi Mukano messosi in viaggio verso la costa, a eleggere la figlia maggiore di Mukano come loro capo.

Quello che scopriranno i tre viaggiatori, ciascuno con un epilogo diverso, vicino alla costa, è il traffico di schiavi condotti per mare; che un cacciatore bwele ha appiccato le fiamme al loro villaggio; che del loro villaggio non resterà più traccia se non nella memoria dei sopravvissuti.

L'anziana Ebeise dirà al riguardo: “molti dei nostri sono scomparsi, ma non tutti sono morti [...] nelle terre in cui li hanno portati, fanno come noi. Anche a bassa voce, parlano la nostra lingua. Quando non possono parlarla, è comunque il veicolo del loro pensiero, il ritmo delle loro emozioni”.

Sono pagine commoventi quelle dove la vecchia levatrice Ebeise, colei che aiuta a dare la vita, si trova costretta a dare  sepoltura a ventisette persone in un desolante  scenario di morte, dopo l'incendio del villaggio per opera del clan bwele.

Eppure fino alla fine, nonostante anche le sue perdite personali, un marito e un figlio, saprà pronunciare parole di saggezza: “Dobbiamo saper accogliere il giorno, quando si presenta. E anche la notte.”

C'è un percorso storico delineato nel dramma che vede implicati vari clan: i mulongo e i vicini bwele dapprima pacifici, poi traditori; gli isedu abitanti della costa e i cosiddetti stranieri che gestiscono il traffico di schiavi.

Anche se lontana nel tempo, una situazione così nefasta - e sotto altra specie di schiavitù- si ripropone ancora oggi nel Mediterraneo con i fatti di cronaca che ben conosciamo.

Possiamo dire che ci troviamo veramente di fronte a un romanzo importante perché unisce alla indubbia capacità narrativa elegiaca, la trasmissione di un sapere storico suscettibile di numerosi approfondimenti su una vicenda tanto triste per l'umanità.

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