Ondjaki - Trasparenti - recensione a cura di Rosella Clavari

 

 

Ondjaki

Trasparenti

ed. e/o, 2022

traduzione di Livia Apa

 

 

Ndalu de Almeida, nato a Luanda nel 1977, è conosciuto con il nome di Ondjaki che in lingua umbundu significa “guerriero”. Già questa scelta inclina a vedere nell’artista il fiero custode delle sue origini e tradizioni anche se ha scelto di vivere tra Luanda e Rio de Janeiro, due paesi ex colonie portoghesi. Fin dai suoi esordi seguiti da Scritti d’Africa, ha mantenuto fede all’oralità, alla voce della gente, come espressione della sua scrittura. Nel romanzo in oggetto, giunto a noi nella traduzione italiana solo nel 2022 ma insignito del Premio Saramago nel 2013, in particolare si nota una profonda maturità nel rappresentare l’umanità variegata di Luanda, con la maestria di un pittore-poeta. L’autore ci tiene a sottolineare, in una recente intervista, come sia cambiato l’artista africano delle ultime generazioni, recependo molte influenze esterne e combinandole con la propria origine sia nel fare teatro che nelle arti figurative e nella musica.

Il protagonista principale dei suoi romanzi è sempre Luanda, terra amata e devastata da una guerra civile durata 27 anni e finita con gli accordi di pace del 2003; c’è spesso un personaggio anziano, il vecchio saggio, che rimpiange il periodo precoloniale e si trova di fronte una società cambiata. La corruzione dilaga presso una classe dirigente che fa affari con Europa e America, Russia e Cina, ma anche nei livelli più bassi della società dove si mercanteggia la vita degli altri senza scrupoli.

Il ritratto dell’Africa urbana che ci offre Ondjaki è assimilabile a quello di qualunque periferia urbana abbandonata, in questo consiste la sua universalità, ma arriva a farsi metafora poetica di una condizione esistenziale lì dove il corpo, la propria individualità, non ha più senso e consistenza, si diventa appunto trasparenti, come in una radiografia permanente sotto gli occhi di tutti, quando il vecchio Odonato non riesce più a nascondere la sua metamorfosi con gli abiti. Proprio questo succede al povero uomo ( “la vita mi ha liberato poco a poco dal peso della fame e del dolore”), una vita di stenti dove si toglie il pane dalla bocca per darlo ai figli, una vita onesta dove non ha potuto conservare il posto di lavoro, dove un figlio diventa un delinquente e si allontana per sempre dalla casa paterna.

Questa commedia agrodolce si svolge in prevalenza all’interno di un grande palazzo fatiscente nel quartiere pieno di buche della Maianga, nel cuore di Luanda, dove si incontrano personaggi presentati quasi sempre in coppia. Ci sono tra gli altri il VenditoreDiConchiglie e il Muto; JoaoPianoPiano e la moglie MariaConForza; Papino, il ragazzo senza famiglia che lava le macchine; Edù deformato da una grossa ernia testicolare e sua moglie Nelucha ; infine Odonato con il suo piccolo nucleo familiare: Giallettina la figlia (innamorata del VenditoreDiConchiglie), la moglie XilisBaba e la madre Nonna Kunjikise che spesso si esprime nella lingua madre umbundu con disappunto del nipote GiovanDelGrand, il primo a staccarsi dalla famiglia. Il padre andrà alla ricerca del figlio rimasto ferito con disonore (una pallottola nel sedere) in una lenta ed estenuante vicenda dall’epilogo tragico.

Fuori da quel palazzo, ci sono poi il Ministro e sua moglie Pomposa, i sudditi del potere, i militari e poi i burocrati, infine gli intellettuali della situazione, il giornalista PauloPausato e la sua compagna Clara. Tenendo conto che il testo è pieno di citazioni letterarie, storiche, religiose, una figura a sé stante è il Postino che scrive lettere a sua volta onde sensibilizzare i destinatari sulla sua richiesta di lavoro: una moto per svolgere più celermente la sua mansione di postino.

Quando gli abitanti del palazzo vogliono ristorarsi, possono fermarsi e immergere i piedi nel piano terra dove scorre abbondantemente l’acqua da una tubatura mai riparata. La stessa acqua che raccoglie con i secchi Paulino per rifornire la gente, lavare i panni e lavare le macchine, durante la giornata. Visioni surreali ma non tanto poi se si pensa a cosa si inventa la gente povera per crearsi uno spazio di libertà; uno di questi è il cinema all’aperto che JoaoPianoPiano vuole allestire nella terrazza del palazzo, non senza un intento speculativo da parte sua e della moglie; nel cinema non ci sarà il suono ma solo l’audio che la gente vorrà dare, “doppiando” i personaggi. Un’altra coppia esilarante che rappresenta l’ottusità dei burocrati è composta da Stavolta e QuestaPure il nome di due ispettori-controllori che cercano di impedire o tassare qualsiasi iniziativa.

La narrazione è scandita e intervallata dalle voci “registrate” o da appunti ritrovati degli stessi personaggi che sottolineano i momenti salienti delle varie vicende.Il linguaggio fa un uso fantasioso di parole composte nei soprannomi e di portoghese mischiato alle lingue locali di Luanda, certamente impegnativo per la traduzione giunta a noi. Gli eventi che circondano i personaggi sono numerosi e importanti, ciascuno perseguito con una buona dose di speculazione e corruzione, come l’eclisse totale che richiama a Luanda molti turisti, oppure l’estrazione del petrolio che permette illeciti scavi o la privatizzazione dell’acqua che un solerte ministro vorrebbe mettere in atto. Ondjaki cerca l’eccesso, il sovrabbondante fino al parossismo che è un altro modo di esprimere l’alienazione e l’oppressione dell’individuo; arrivati a questo punto chi è corpo, carne, può diventare trasparente ( “non siamo trasparenti perché non mangiamo, siamo trasparenti perché siamo poveri”) e un’idea può diventare una persona (“è morta la Signora Ideologia” al bar BarcaDi Noè “non si parlava d’altro” ).

Alla fine emerge un ritratto di Luanda dai due volti, quello del giorno e quello della notte, quello di un spiaggia e di una gente antica amata da Odonato e quello di un paese dove la democrazia e la giustizia risultano assenti. La trasparenza di Odonato, come dice lui stesso, è un simbolo. Un simbolo che un uomo può essere l’immagine di tutto un popolo.

Ondjaki, nonostante le sue peregrinazioni tra l’Africa e il SudAmerica, ha scelto a Luanda di gestire la Libreria Kiela e la casa editrice Kacimbo, un gesto d’amore ancora una volta per la sua terra.

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