Youssef Ziedan, Azazel (a cura di Giulia De Martino)

Youssef Ziedan, Azazel

Neri Pozza Editore, 2010

 

altCerti libri sono un segno dei tempi: non sarà un caso il grande interesse mostrato dal pubblico per la figura di Ipazia, per la ricostruzione della Alessandria del V sec. per il cristianesimo delle origini. Film come Agorà o le inchieste sul cristianesimo primitivo di Corrado Augias hanno mosso molte persone verso questi argomenti.
 Il romanzo di Ziedan ha un in più: è un testo che narra la storia di un monaco cristiano egiziano del V secolo scritto da un musulmano, insigne docente di filosofia islamica e sufismo, attualmente anche direttore del Centro dei manoscritti e del museo affiliato alla Biblioteca d'Alessandria.
Il romanzo ha vinto il premio come miglior romanzo arabo del 2009 e ha suscitato, al pari del film Agorà di Amenabar notevoli polemiche, soprattutto con la chiesa copta d'Egitto.
Certo è che noi lettori  siamo in compagnia del santo monaco eremita Caritone o del terribile vescovo Cirillo, del vescovo Ario e del patriarca di Costantinopoli Nestorio, dormiamo nella strettissima cella del protagonista Ipa, visitiamo con i suoi occhi Gerusalemme e la maggior parte dei luoghi sacri di Palestina, siamo tra le rovine degli antichi templi egiziani o navighiamo sul Nilo verso l'isola Elefantina. Un affresco storico di eccellenza, condotto con una precisione quasi maniacale: un polpettone per professori, si potrebbe pensare....
Invece no, è un appassionante lettura delle esperienze di un uomo dalla giovinezza alla maturità, dei suoi dubbi di fede, dei drammi della sua esistenza, dei suoi slanci erotici e dei suoi pentimenti, della grande storia d'amore vissuta con la giovane vedova Marta, sullo sfondo di un'epoca piena di rivolgimenti storici, economico-sociali, religiosi e spirituali. Teatro di questi avvenimenti, le grandi città di Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Edessa, Efeso, Gerusalemme e sullo sfondo il potere nascente del papa romano e le alleanze politiche dei patriarcati.
Come tutto ciò può interessare il lettore contemporaneo laico, cristiano o musulmano che sia? Si cercano risposte all'origine dell' intolleranza di oggi, delle violenze che in nome di Dio vengono ancora oggi perpetuate, alle possibilità che le cose avrebbero potuto essere diverse se solo non fossero state cancellate con le stragi, gli esili, con la riduzione a tacere di menti che volevano dare vita liberamente ai propri ragionamenti e alle proprie credenze.
Ecco che allora ci identifichiamo con il giovane Ipa e con il suo percorso, in compagnia di Azazel, un po' Satana tentatore, un po' alter-ego del monaco,  ma anche filosofo razionale e coscienza del protagonista: il diavolo lo  guida, nonostante tutto, verso un cammino di libertà e di non rinuncia alla voglia di seguire la propria testa. Ancora una volta il dubbio si conferma come la base essenziale per vivere con dignità la nostra vita di uomini.
Se guardiamo a certi elementi narrativi il romanzo non presenta molta originalità: è anche tipico dello studioso che abbandona il proprio terreno di saggista affidarsi a formule narrative collaudate per potersi concentrare su quello che si vuole dire. A partire dall'espediente delle pergamene in siriaco antico ritrovate da tal padre Kazary in una scatola di legno durante alcuni scavi archeologici e tradotte in arabo dal traduttore che ne edita la storia. O anche la somiglianza con la coppia di monaci Adso di Melk-Guglielmo di Baskerville del romanzo di Umberto Eco “Il nome della rosa” che viene , in qualche modo, ripetuta dal giovane Ipa e dal vescovo Nestorio. Apparentemente Azazel sembra collegarsi anche ai romanzi rivelatori di presunti complotti della chiesa di Roma contro i vangeli cosiddetti apocrifi alla Dan Brown.
Ma le somiglianze terminano qui: il testo è supportato da una conoscenza profonda e sistematica dell'argomento che non ha nulla a che vedere con la sciatteria culturale approssimativa che connota quella tipologia di testi.
Un giovane parte dalla nativo villaggio del sud Egitto verso gli studi ad Akhmim e ad Hag Hammadi, portandosi dentro un dolore intollerabile: il padre ucciso da integralisti cristiani, legati a sua madre, per aver prestato aiuto ad alcuni sacerdoti di un antico culto egizio assediati nel proprio tempio, ormai resi forti dall'editto teodosiano sul cristianesimo unica religione ammessa nell'impero.Anche un altro peso lo attanaglia: di non essere stato autenticamente battezzato da suo padre, cristiano in odore di paganesimo.
Ma la sua vita di monaco studioso subisce uno scossone ad Alessandria: la frequentazione di Ipazia  e la sua morte cui assiste impotente trasformano lo studente voglioso di filosofia e medicina, oltre che di teologia in un errante alla ricerca di Dio e di se stesso. Si battezzerà da solo chiamandosi con la metà del nome della maestra di Alessandria, Ipa. Eccolo perciò vagare per tre anni in Palestina, prima di approdare alla chiesa della Resurrezione a Gerusalemme.
Nel frattempo ha sperimentato le gioie della carne con la pagana Ottavia, rivelando a se stesso lati del carattere e pensieri di cui non si credeva capace. Sempre gli sono di conforto rotoli e pergamene che si trascina in tutto il suo itinerario: i libri rivelano tutto l'amore dell'autore per i manoscritti antichi di cui è assiduo frequentatore.  C'è di tutto nella sacca di Ipa, i testi di Plotino, di Origene e di altri gnostici, alcuni vangeli ormai scartati dalla nascente ortodossia come non veritieri, anche il Libro dei morti egizio.
Le conversazioni con Nestorio, qui costruito come un saggio maestro, il padre cristiano che il giovane non ha avuto, aperto e tollerante, aprono la mente del monaco Ipa a quei dubbi che ha sempre cercato di sotterrare sulla resurrezione, sulla natura del Cristo e sulla vergine Maria. Comprende che la commistione di religione e politica crea una miscela esplosiva: dietro le scomuniche ci sono spesso intrighi di corte o calcoli politici che non hanno nulla a che fare con la sincerità della fede.
Nel V secolo la religione non è vissuta prevalentementedal punto di vista etico come tendenzialmente nei tempi moderni. Nelle taverne di Alessandria si disputava e ci si scannava ferocemente sulla consustanzialità del Figlio al Padre o se Maria dovesse essere considerata madre di Dio o madre di Cristo.
Ma questa religione è condannata solo alla ferocia e all'intolleranza si chiede il monaco Ipa? Rinuncia a seguire da vicino le vicende del concilio di Efeso da cui scaturirà la condanna delle dottrine di Nestorio: è sempre la paura a farlo scappare nel monastero dove lo troviamo all'inizio della storia, sulla strada che da Aleppo porta ad Antiochia, la grande rivale di Alessandria.
Sembra aver trovato la pace e un ruolo, quello di monaco medico, dedito allo studio delle erbe e degli antichi trattati di medicina: ma l'amore verso una giovane vedova che abita nei pressi del convento, dotata di una voce celestiale e per la quale scrive inni sacri destinati ad essere cantati nelle feste solenni insieme ad un coro di fanciulli, sconvolge di nuovo la sua vita.
L'autore lascia un finale aperto: Ipa, dopo aver scritto la sua biografia su consiglio di Azazel, lascerà il convento. Andrà dalla sua Marta'? Proseguirà il suo cammino di religioso? Di sicuro abbandona le sue paure e le sue viltà, i dubbi fanno parte della natura umana e lo aiutano ad essere migliore.
Dietro questo romanzo un amore immenso per l'Egitto e per il suo grande patrimonio culturale. L'Egitto non è solo musulmano, è anche le Piramidi e i suoi templi antichi, la cultura ellenistico-romana e le dispute cristiane. Il passato di un egiziano è anche Origene, Ario o Nestorio. Una religione non nasce sola, ha il passato della terra in cui nasce, si porta appresso tutte le precedenti credenze, le possibilità culturali create da queste e ha in sé, se vuole, l'antidoto contro l'intolleranza. Ha scritto del cristianesimo per parlare anche di islam.
Bel romanzo e lettura istruttiva per chi pensa all'islam unicamente come alla religione dei kamikaze e degli estremismi o per chi pensa che la religione cristiana non sia mai stata toccata da questi problemi.
 

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