African dreamers- Five true stories
Deborah, Wangare , Marveille, Grace, Mariam sono le ragazze del documentario African dreamers, un lavoro eccellente presentato nella rassegna del MIA a Roma lo scorso ottobre 2020, ma non saprei quando si potrà rivederlo, tuttavia lo segnalo per una eventuale riproposta ( ora si trova online sulla piattaforma Chili).
Sono le cinque storie di queste ragazze che vivono in diversi paesi africani con le loro esperienze di vita e di riscatto dalla miseria, l’indigenza, il degrado verso una ricostruzione di sé; storie che vengono presentate e intrecciate in un sapiente montaggio. Un lavoro collettivo di sette registi che hanno operato in vari paesi : Kenya, Tanzania, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo
Le ragazze, nate in contesti veramente difficili e , in più di un caso , abbandonate ancora piccole a se stesse, hanno cercato con forte volontà, ma anche con incertezza, di affermarsi e trovare un riscatto per realizzare il proprio “ sogno”.
Il collettivo di Hic sunt leones le ha accompagnate per tre anni e il riscatto che hanno cercato non è solo per se stesse ma è una lotta per tutte le donne africane non solo contro la miseria , il disagio sociale ma anche contro i violenti soprusi che le donne in alcuni contesti culturali devono sopportare, come l’infibulazione e i matrimoni imposti in età infantile. Molto spesso certe problematiche si sono rivelate anche nella letteratura attraverso saggi e romanzi.
Il documentario ci presenta delle personalità molto forti come la donna Masai che lotta da anni per i diritti delle giovani africane. C’è anche il riscatto dalla prostituzione e dalle droghe, la ribellione nei confronti della violenza maschile ( sempre presente). Il lavoro ci illustra quanto sia difficile il percorso verso la giustizia e la liberazione lasciandoci ammirati per quello che ci rivela nella forza dei suoi esempi.
Wangare vive a Nairobi negli slums è poverissima ma non vuole aiuti da nessuno, ama essere libera e indipendente, ma vive nel disordine e nel vizio, poi si riscatta quando riesce a realizzare il suo sogno, anche se solo in parte , che è quello di danzare.
Deborah, vive in Tanzania sottomessa ad un padre padrone che le dà lavoro e protezione , ma il suo sogno è un altro : avere un lavoro indipendente , guadagnare bene e aiutare la famiglia.
Marveille vive nella Repubblica popolare del Congo e si trova in un contesto di religiosi evangelici. Patisce una misteriosa accusa di stregoneria e vari tentativi di purificazione. La superstizione popolare non la perdona e tende a condannarla ed ucciderla. Una tematica questa della stregoneria, molto presente in vari contesti dell’Africa subsariana , descritta in romanzi e in alcuni film come “ I am not a witch” , presentato al Festival FESCAAL di Milano nel 2018 . La giovane si rifugia in una missione , dove viene salvata, in un contesto di solidarietà e armonia dove ci accorgiamo che si canta ( in italiano) “Il pescatore” di Fabrizio De Andrè.
Grace è una ragazza del Kenya che è un paese con paesaggi meravigliosi e slums terribili. Questa Masai molto orgogliosa , dovrebbe a 8 anni subire l’infibulazione,, una pratica rituale sugli organi sessuali femminili, fra l’altro condannata dagli organismi internazionali e anche dalle leggi locali.
A 13 anni decide di fuggire, con l’aiuto della madre e di altre donne, anche perché le volevano imporre un matrimonio con un uomo molto più vecchio.
Mariam una giovane della Costa d’Avorio molto sfortunata, ha cominciato con la droga fin dai 10 anni ed è stata introdotta alla prostituzione, corrotta con il dono di pochi oggetti. Quando riesce ad allontanarsi trova il suo riscatto e l’appagamento dei suoi desideri che sono andare a scuola e imparare a leggere.
Da sottolineare l’uso delle musiche in questo lavoro che si intrecciano alle storie e sono magnifiche: vanno dal blues alla bossa nova accanto a musiche africane originali fino al citato “Il pescatore” di Fabrizio De Andrè.