Alex Zanotelli - Lettera alla tribù bianca - recensione a cura di Habtè Weldemariam

 

 

 

 

 

 

 Alex Zanotelli

 Lettera alla tribù bianca

 Feltrinelli, 2022

 

Di rado è una buona idea servirsi della biografia dell’autore per presentare un testo. Significa, nella maggior parte dei casi, difettare di argomentazioni più valide o di un contenuto all’altezza. Ma quando si parla del libro che stiamo per presentare oggi, risulta impossibile dividere l’opera dalla vita di chi l’ha scritta. Per Padre Zanotelli, solidarietà, pace, giustizia sociale non sono solo parole ma valori da praticare là dove s’incontra la sofferenza, la rabbia ma anche la voglia di riscatto dei “dannati della terra”.

Egli è stato il primo uomo bianco che ha scelto di “scendere agli inferi”, trascorrendo dodici anni a Korogocho, la più spietata e disperata delle baraccopoli di Nairobi (e forse del mondo). Proprio a Korogocho una sua frase: “Forse Dio è malato” divenne il titolo del libro sull'Africa di Walter Veltroni, che da ex segretario dei DS, all’inizio del 2000, si recò in visita a Korogocho (unico leader politico italiano, oltre a Jesse Jackson il reverendo nero democratico statunitense). I mali di Dio, a Korogocho, si chiamano Aids, fame, prostituzione, droga, alcolismo, violenza di ogni genere.

Nasce qui la “Lettera alla tribù bianca”, un volume agile e intenso che condensa le battaglie e le motivazioni spirituali e culturali, sempre dalla parte degli oppressi e degli ultimi: nell’amata Africa come nella Napoli di rione Sanità, diventata oggi la sua città.

Il saggio è una denuncia della colpevolezza di ogni singolo uomo bianco vivente sul pianeta. Anche se non artefice di prima mano delle condizioni disperate nelle quali versano africani, sudamericani e asiatici, ogni uomo del 2000 è complice del loro stato.

Lettera alla tribù bianca” è soprattutto un accorato, un forte appello, in particolare per le giovani generazioni, all'impegno a costruire la casa comune dell'umanità plurale. Si tratta di un appello che nasce, appunto, dall’esperienza reale di un missionario comboniano che ha vissuto in Sudan dal 1965 al 1978, ed è stato direttore della rivista Nigrizia per un decennio (dal 1978 al 1987).

Proprio tra il 1986-87 ho avuto modo di conoscere bene p. Zanotelli essendo stato ‘rifugiato’ (*) per più di sei mesi proprio nella redazione di Nigrizia di cui lui era direttore da dieci anni, e mi ha sempre stupito per la sua grande sensibilità. Per lui, ad esempio, gli avvenimenti del sud del mondo - dell'Africa in particolare - non erano solo notizie, ma qualcosa di più importante, profondo. Ricordo poi, quando interveniva nei diversi incontri, convegni, seminari … c’era un grande silenzio perché prima della sua voce parlava la sua storia, perché l’atto di mettersi nei panni dell’altro è un esercizio che coincide con l’umanità. E “non possiamo dirci umani se non siamo capaci di provare a capire, profondamente, chi abbiamo di fronte”.

La ‘conversione’ secondo padre Zanotelli

Lettera alla tribù bianca”. Un missionario convertito dai poveri dell’Africa, scrive ai popoli europei per chiedere loro di verificare se siano mai stati cristiani, discepoli del Vangelo o siano restati da sempre “verniciati di cristianesimo” con le radici rimaste profondamente pagane. Quando il Papa Francesco, con grande coraggio e umiltà ha affermato che ‘non siamo nella cristianità, non più,’ la conversione al cristianesimo del missionario e teologo Zanotelli diventa più che evidente oggi.

P. Zanotelli sa che cos’è l’inferno. E a Korogocho era enorme la tentazione di “dubitare dell’esistenza di Dio”. La tribù bianca da cinquecento anni ha conquistato il mondo con un senso di suprematismo bianco su tre premesse fondamentali: “aveva la civiltà”, “aveva la cultura” e “aveva la religione”. Questo le ha dato il diritto di conquistare il mondo. Questo senso di superiorità che sta emergendo attraverso il suprematismo bianco che abbiamo visto negli Stati Uniti con Donald Trump e in Europa con l’ultradestra, è una cosa che porta dentro nella propria storia. Per p. Zanotelli, “uscirne è un atto di conversione”.

La sera prima del ritorno in Europa (la sua partenza, per gli africani), durante una partecipata veglia di preghiera interreligiosa, p. Zanotelli ricevette in dono una nuova missione: quella di convertire ‘la tribù bianca’: “… i responsabili delle piccole comunità cristiane mi hanno detto “Alex tu non puoi uscire di qui se prima non preghiamo su di te”. Io ho detto “che bello” e mi hanno invitato in una stanzetta dove c’è stata questa lunghissima preghiera che è durata 2/3 ore, c’erano anche persone di altre chiese. Ho sentito una voce che ha detto “Alex, inginocchiati”, mi sono inginocchiato in mezzo a loro, e il reverendo Timothy, un pastore di una chiesa indipendente africana, ha iniziato a pregare in modo carismatico e poi ha detto “dona a Padre Alex il tuo spirito santo perché possa tornare dalla sua tribù bianca e convertirla”.

Convertire gli europei da che cosa? P. Zanotelli confessa di aver riletto negli anni la Bibbia con altri occhi fino a scoprire la fede nel Dio «che sente la sofferenza inflitta agli oppressi e scende a liberarli». Ieri tramite Mosè, oggi, secondo i dettami della black theology sudafricana e nordamericana, attraverso Nelson Mandela, Desmond Tutu e Martin Luther King e a noi oggi chiede di convertirci, cambiare lo sguardo e chiederci di fare altrettanto, di rileggere persino le Sacre Scritture, ma pure la storia e la geografia con altri occhi, non con quelli dei dominatori e dei potenti ma degli ultimi e degli sfruttati. Cambiare i luoghi, i compiti, gli "abiti", restare fedele ai poveri e alla povertà, una povertà che si declina come scelta di condivisione e di sobrietà, come un camminare insieme, liberi da giudizi e da etichette. E senti che “il Regno viene” – direbbe un cristiano - laddove riconosci volti e storie e ti senti tirato dentro a un punto tale che ti sarà impossibile prendere le distanze. Questa mi sembra la “conversione” del missionario, del sacerdote, del teologo Padre Zanotelli.

Se la tribù bianca non si converte non c’è speranza né per noi né per loro”. Convertirsi da cosa? Proprio dalla supremazia bianca, da questi 500 anni e dal fatto che la tribù bianca ha prodotto questo sistema economico finanziario in cui vivremmo bene. Ma chi vive bene? Il 10% della popolazione mondiale che consuma da sola il 90% dei beni di questo mondo lasciando agli altri le briciole. E come conseguenza, 3-4 miliardi di persone oggi vivono con 2€ al giorno, 800 milioni di persone fanno la fame (dati della FAO). “Questo è un sistema di morte”. E dobbiamo riconoscere che l’egoismo eretto a sistema in tempi di abbondanza, continua a devastare altri popoli per fame: “ogni anno buttiamo 2600 miliardi di tonnellate di cibo buono.

L’elenco delle sue denunce, anzi indignazioni, sulle violenze, sulle disuguaglianze globali, in particolare sull’incombenza della guerra atomica, “la regina del terrore” etc... sono infinite e che non si possono condensare in un libro agile come questo. Quello che spesso si chiede p. Alex è “come è possibile che miliardi di persone non si ribellino?

Se convertirsi nella Bibbia significa cambiare rotta perché si è sbagliato strada, la richiesta della conversione da parte di p. Zanotelli, sicuramente non è un atto di accusa ma un umile tentativo di un missionario di aiutare la tribù bianca a cambiare rotta in tutti i campi: economico, finanziario, ecologico e spirituale, con l’accorato appello: «il pianeta ormai non ci sostiene più»

Per concludere, p. Alex getta luce su un intero sistema fatto di disuguaglianze, di diritti negati e di disimpegno nei confronti di una crisi climatica che coincide sempre più con un atto di violenza globale. Ma indica anche una via di speranza: è possibile incamminarsi per la strada di “un’umanità plurale”, che comincia con l’accoglienza dell’“altro”, “ricco per me perché diverso da me”.

Portando la testimonianza di grandi personalità come Nelson Mandela, Desmond Tutu e Pierre Claverie, … egli ribadisce il proprio messaggio, e cioè che “l’umanità è una realtà collettiva, e che può aspirare a un futuro solo se abbraccia ogni pluralità e abbandonando ogni desiderio di conservare lo status quo della “tribù bianca”.

Dopo più di 40 anni di battaglie instancabili, affiora qualche constatazione amara, ma mai una resa, come quando afferma «penso che la mia generazione sarà tra le più maledette della storia umana … a voi giovani chiedo perdono, vi consegniamo un mondo gravemente malato. Il futuro non esiste, siete l’unico presente che abbiamo perché ci sia vita sul pianeta

Infatti, il libro comincia con "scrivo a te, giovane…” e termina con una splendida lettera “…a voi giovani”. E “da artigiano e profeta scomodo”, come lo chiamava il mio ex-presidente e leader aclista, l’indimenticabile Giovanni Bianchi, “Alex conta sui giovani di ogni età per reinventare insieme il mondo sconvolto da guerre note e dimenticate, dai mutamenti climatici e da povertà e disuguaglianze economiche e sociali sempre più scandalose”. Lui considera i giovani non il futuro, bensì l’unico presente a disposizione per salvare il mondo, rendendolo più umano e plurale; li invita a sognare, a trovare in sé stessi la forza di opporsi ad una società malata ed ingiusta, ad essere strumenti di pace.

Il mondo della tribù bianca deve cambiare rotta, riconoscere i propri errori ed il valore della dignità di ciascun essere umano, indipendentemente dal colore della propria pelle.

 (*) una mattina del 1986 mi sono presentato alla questura di Verona per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, invece la questura mi ha consegnato il “Foglio di via” che mi ha costretto a cercare un rifugio presso la sede dei Comboniani in attesa dell’esito dal legale a cui avevo affidato il mio problema.

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