Chinelo Okparanta- La felicità è come l'acqua- recensione a cura di Giulia De Martino

                                               

 

Chinelo Okparanta 

La felicità è come l'acqua

Racconti edizioni, 2019

traduzione di Federica Gavioli

 

Ancora una giovane scrittrice americana di origine nigeriana, nata a Port Harcourt, emigrata negli USA bambina, con la famiglia appartenente ai Testimoni di Geova. Sta diventando, anche lei, un’esponente notevole della letteratura della diaspora e ha già vinto premi con testi da noi non ancora tradotti. “La felicità è come l’acqua” del 2013 è una raccolta di 10 racconti, che seppur diversi presentano una unità tematica, personaggi femminili accomunati da caratteristiche simili, un linguaggio pacato, a tratti lirico e sognante. Sei racconti si svolgono in Nigeria, anzi proprio a Port Harcourt, i rimanenti negli Stati Uniti, dove si tenta di vivere come se fosse ancora Africa il territorio che circonda i protagonisti emigrati.

Le donne rappresentate cercano timidamente di fare i conti con la realtà patriarcale, con le pressioni famigliari (e del contesto dei parenti e vicini) a sposarsi il prima possibile e a generare figli, si muovono per combattere  i veti religiosi , cristiano o musulmani che siano e  le superstizioni sulla sterilità. Ma lo fanno con una modalità quotidiana, nessun eroismo o forte determinazione. Le pastoie che le trattengono da gesti forti o eclatanti non sono solo nella società, in cui vivono, ma anche dentro se stesse, trasformandosi in dubbi.

Tutto viene vissuto con un senso di colpa. Anche quando si immagina, come in “Runs girl” un nuovo Eden e una nuova Eva, questa commetterebbe lo stesso peccato della Bibbia, ma sarebbe perdonata. Non si strepita per ottenere diritti, si spera che sia possibile un’altra vita: una lotta condotta nel silenzio e nella resistenza. Spesso i racconti si avvalgono di un’accoppiata madre-figlia: si sa, le madri, dopo averlo provato sulla propria pelle, diventano le più accese sostenitrici delle storture del patriarcato con il pensiero-guida “nulla è mai cambiato e sarà così per sempre”, perpetuando generazioni di donne sottomesse.

Così in “Ohaeto Street”, la madre  induce la figlia Chinwue alla conversione ai Testimoni di Geova e al matrimonio con Eze, benestante membro di tale comunità, pur di vederla sistemata bene, riverita dal vicinato, allontanandola dal suo mestiere di insegnante cui si era avviata. Lei non è convinta, ma da brava figlia obbediente si converte e si annoia da morire nelle riunioni della Sala del Regno, finché una malaugurata sera, durante una rapina in casa, la ragazza, con la pistola puntata sulla sua testa,  scopre che suo marito è più affezionato alla sua costosissima automobile che a lei. I veli che le impedivano di vedere la realtà cadono e silenziosamente se ne va di casa.

Anche in” Wahala!”una madre non arretra davanti a niente pur di ovviare alla presunta sterilità della figlia, compresa la visita alla fattucchiera che vende pozioni a caro prezzo: non vuole che Ezinne sia considerata una “botte vuota”, gettando nel disonore il marito e tutta la famiglia. Ovviamente lei non genera perché non riesce ad avere rapporti sessuali se non nel dolore, irrigidendosi dietro questo spettro sempre incombente della sterilità. Dopo una cena con i vicini, allestita sontuosamente e in vista di allontanare la negatività, il malocchio insomma, il marito insiste per avere un rapporto con Ezinne che stanca e stralunata dagli avvenimenti, tenta di sottrarsi. I gemiti di dolore, durante un vero e proprio stupro, sono scambiati dal marito e dalla madre che origlia quanto succede in camera da letto, per gemiti di piacere: sicuramente la pozione ha avuto effetto e la generazione avverrà finalmente!…

Un’altra madre compare nel racconto”Chiarezza”, questa volta ossessionata dai toni chiari della pelle: a forza di nutrirsi di Cosmopolitan, Elle, Glamour, che propongono modelli occidentali di pelle bianca, bocche rosa, capelli biondi e lisci, la classe media si sta sbiancando. La figlia un po’ resiste, ma come ci si può opporre ai consigli della madre? E anche alla gara tra studentesse del liceo, dove chi è più chiara di pelle è più considerata e popolare? Ma a rischio, con un rimedio casalingo di varechina, ci rimette la faccia la domestica più nera di casa, invisa alla madre proprio per questo motivo…

Un’altra coppia di madre-figlia subisce violenza domestica da parte del padre, senza mai denunciare alla polizia o agli insegnanti della scuola  lo stato delle cose: non solo la madre giustificherà fino alla fine ( il padre sta morendo di cancro) il comportamento paterno, ma avallerà una cacciata di casa della figlia, rea di immischiarsi nei rapporti dei genitori. Gli interessi dell’uomo sono da anteporre a quelli della prole, così è stata educata la donna e pretende che la figlia perdoni il padre: lei risponderà che ha subito doppia violenza, fisica da parte del padre, psicologica da parte della madre e se ne andrà definitivamente.

In “America”la madre di Neenna ossessiona la figlia con l’idea del matrimonio, fino a che non scopre che la figlia preferisce le donne ai maschi: tuttavia , ottusamente, continuerà a blaterare dei nomi che darà ai nipotini che la figlia le deve, per permettere al suo sangue di essere eternato.

Certo, il tema della omosessualità sta a cuore alla scrittrice, ma come si potrà notare è inserito in un discorso più generale sulla libertà di scelta sottratta alle donne da un sistema maschilista profondamente radicato. L'autrice dedica due racconti a questo argomento, “America” e “Grace”, in cui l’amore si mescola però ad altre tematiche: la dicotomia tra  paese vagheggiato, opulento e privo di problemi, dove tutto può essere risolto e tutto viene accettato, vale a dire l’America sognata sempre sotto una coltre di candida neve, e il paese reale, con una carica di problematicità e contraddizioni non previste da chi ha voluto andarsene, buttandosi alle spalle la Nigeria e il suo delta sporco di petrolio e di sangue.

Anche la tematica ambientale pervade sottilmente i racconti : la Shell , le bande ribelli e criminali che rubano petrolio per avere armi, la sporcizia e i rifiuti fanno da sfondo a molte narrazioni. Pure qui s’insinua il senso di colpa: andarsene, sapendo che difficilmente si torna, significa chiudere gli occhi di fronte alle necessità del paese che si lascia, per cercare di risolvere solo i propri problemi individuali.

Il senso di dover rispondere alle richieste della  collettività è talmente forte che induce Nneoma in “Una storia, una storia!”addirittura ad uccidere: la donna, fidandosi delle superstizioni tradizionali circa le pozioni miracolose, ossessionata dal non essere stata scelta in matrimonio da nessuno e dal non avere figli, cioè di non aver correttamente risposto a quanto ci si aspettava da lei, crede di poter impossessarsi dei feti in grembo alle madri incinte, operando un passaggio al suo ventre, con conseguenze letali per bimbi e madri.

Occorre ricordare che la propagazione della vita è un atto importantissimo per la maggioranza delle comunità africane, radicato non solo nella convinzione ancestrale che più figli è uguale a più possibilità di sopravvivenza, ma anche nel fatto che la discendenza è un legame sacro tra gli antenati e il futuro, tra il mondo dei trapassati e i vivi . Di qui la difficoltà di accettare tutto ciò che  può turbare questo sistema, come l’omosessualità, l’aborto, la contraccezione e via dicendo. Certamente le conversioni all’islam e al cristianesimo hanno radicato ancor più queste convinzioni. Ricordiamo che le maggiori conversioni al cristianesimo si sono avute nel periodo del colonialismo, al di fuori di quelle correnti liberali che in Europa hanno permesso concezioni religiose più laiche e secolarizzate. Oggi, inoltre, l’Africa si trova in una crisi economica senza precedenti: questo fa predominare correnti religiose fondamentaliste sia nel cristianesimo che nell’islam che rendono popolarmente condivise molte legislazioni punitive nei confronti di chi fa scelte divergenti nei settori sopra indicati, rafforzando anche le credenze magiche sui bambini stregoni e sulle anziane streghe, negli slums delle grandi metropoli.

Dunque, la felicità può, a volte, essere raggiunta,ci dice l’autrice,  ma è come l’acqua che ci sfugge dalle mani, per questo è da considerarsi preziosa quando la proviamo. E ci dà anche la possibilità di credere che possa accadere ancora.

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