Françoise Ega - Lettere a una nera - recensione a cura di Giulia De Martino

Françoise Ega

Lettere a una nera

Fandango libri, 2024

traduzione di Annalisa Romani

 

Il testo tradotto dalla Fandango fa seguito ad un rilancio, effettuato nel 2021, dalla canadese Lux editeur: si tratta di un libro che era ormai praticamente scomparso, pubblicato postumo nel 1978, due anni dopo la morte dell'autrice. Un omaggio ad una scrittrice della Martinica, trasferitasi in Francia, a Marsiglia, negli anni '50, infaticabile combattente per i diritti delle lavoratrici provenienti dai dipartimenti francesi d'oltremare, sempre pronta contro ogni discriminazione razziale , di genere e di deprivazione culturale.

Lettere a una nera della Fandango è dotato di una interessante prefazione di Elsa Dorlin, che delinea con precisione le coordinate storico-politiche della Francia degli anni '50-'60, chiarendo il quadro entro il quale si colloca la straordinaria indagine effettuata dalla Ega sul lavoro prestato da les domiens ( così erano chiamate le persone provenienti dai dipartimenti d'oltremare) nelle case della media e alta borghesia di Marsiglia e sui comportamenti di crudeltà e di sfruttamento economico da parte delle donne francesi nei confronti delle nere. I Caraibi francesi costituivano un ottimo serbatoio di manodopera maschile e femminile a poco prezzo, tutto sommato più conveniente dell'importazione di lavoratori dall'Africa, culturalmente più distanti. Il flusso delle donne veniva diretto soprattutto verso le grandi città come Parigi, Lione, Marsiglia, Bordeaux.

Francoise Ega si accorge, dalle confidenze di alcune sue connazionali e anche attraverso la sua osservazione diretta, di quanto queste donne vengano umiliate e sfruttate fino allo sfinimento, poiché considerate carne nera da lavoro più che persone con una individualità e vita propria. E' per questo che la scrittrice, sposata e madre di cinque figli, con un marito che ha un lavoro non sempre sufficiente ai bisogni famigliari, decide di farsi assumere come femme de ménage e monitorare di persona quanto accade. E' un esperimento audace, ma dato che ha svolto numerosi lavori di fatica, lo porta avanti con pazienza, anche se il marito non è convinto, dato che preferirebbe che lei si occupasse della loro casa e dei figli. Quando arriva al punto di rottura con una padrona, abbandona e ricomincia l'osservazione da un'altra parte.

Di tutto ciò scrive in un diario giornaliero, tra il 1962 e il 1964, inventandosi una specie di finzione epistolare diretta a una scrittrice brasiliana, proveniente da una poverissima favela, di cui aveva letto su Paris match. La sente sorella nella durezza della vita, ma anche nel tentativo di riscatto attraverso la scrittura. Certo, alcune volte non è solo per questo che cerca lavoro nelle case come domestica: in alcuni momenti i soldi mancano per soddisfare tutte le esigenze dei suoi figli.

Le borghesi, negli anni del dopoguerra, erano solite, letteralmente, importare donne caraibiche le quali poi avrebbero dovuto lavorare gratis per parecchi mesi o anni onde assolvere il debito del viaggio pagato dalle famiglie francesi. In seguito il governo metterà delle regole, con il pretesto che l'arrivo in Francia di queste donne le potrà avvicinare di più alla cultura francese, ma sostanzialmente il flusso per molti anni sarà una sorta di schiavismo mascherato.

Non è tanto per dire: la Ega prova su di sé la fatica di circa 14 -15 ore di lavoro domestico, ore che non finiscono mai poi per le governanti- babysitter- lavandaie -stiratrici che abitano con queste famiglie. Alla fatica fisica si aggiungono le privazioni di un cibo sostanzioso che le sostenga e il dormire dentro dei bugigattoli in letti indegni di questo nome.

Su tutte cade l'arroganza delle padrone di casa, descritte dettagliatamente dall’autrice: superbia classista e superbia bianca, incapacità di sostenere rapporti umani con le domestiche, di cui non interessa sapere neppure il nome, tirchieria di parvenues che da poco sono riuscite ad acquistare i nuovi gioielli status symbol delle casalinghe bene come lavatrici, frigoriferi, aspirapolveri, frullatori ecc.; ma per risparmiare sulle bollette, nascondono alcuni elettrodomestici e fanno fare tutto manualmente alle loro sottoposte, compresi i lavaggi in acqua gelida in pieno inverno. La Ega ha una capacità di resilienza molto forte, vuole vedere dove può arrivare la cattiveria di queste donne e resiste, sorretta da due cose fondamentalmente: la fede e il fatto di avere una casa dove i figli e il marito la aspettano dopo il lavoro per cui non è costretta ad accettare orari pazzeschi. La sua fede ingenua ma forte che la fa riflettere molto, è condivisa da molte sue compaesane che riempiono le chiese cattoliche tutte le domeniche e le feste comandate. Non c'è evento della vita che non venga celebrato con riti religiosi e accompagnato anche da una certa eleganza nel vestire, segno esterno del rispetto dovuto a Dio e alla Madonna. Per lei sapere che può ogni sera tornare alla sua vita la riempie di gioia, anche se i bambini e il marito a volte la fanno disperare; la fatica è ancora tanta e ci vogliono molte ore prima che possa andare finalmente a riposarsi, dopo aver cucinato rassettato, stirato e rammendato. Ma su tutto vince la voglia di scrivere.

L’autrice si è diplomata nella sua isola, non è culturalmente sprovveduta e anche se il suo francese è infarcito di creolismi spera di poter trovare un editore interessato a ciò che ha da dire. Gli strafalcioni grammaticali le vengono corretti dai suoi figli, nati in Francia e più addentro di lei ai “misteri” della grammatica e della sintassi francesi: saranno poi i lettori del suo primo libro che scriverà negli anni '60: una memoria della sua infanzia nella Martinica, dei famigliari e amici lasciati, degli alisei e della natura, del cielo e della voglia di gioire e di vivere.

Lettere a una nera presenta una galleria di personaggi, descritti con pennellate vivaci. Le signore francesi, belle e brutte, alte e formose, piccole e rinsecchite, ma tutte con la stessa spocchia. I loro figli viziati, lasciati soli per occuparsi di moda e quisquiglie varie, spesso trovano un po' di affetto solo nelle tate caraibiche. I mariti nella maggior parte sono apparentemente più cortesi delle mogli, anche se a volte allungano le mani o peggio. Questo perché i padroni, tornati stanchi dai loro affari, non hanno voglia di musi lunghi o di litigare né con le domestiche né con le mogli: fanno la parte del poliziotto buono, presentando la faccia bonaria del patriarcato. Ma la Ega non si lascia abbindolare...Con in testa l'immagine di Josephine Baker, lei sa che per molti uomini francesi, tutte le nere, caraibiche e non, sono carne da sesso.

Generosa e instancabile, delle volte presta il suo aiuto ad anziane che la chiamano per le pulizie e che vivono in povertà, lavorando gratis per loro. E' sempre disponibile per l'amica del cuore, e per tutte le sue compaesane che dimostrano di avere bisogno materiale o spirituale del suo intervento. Interessanti sono le notazioni che riserva ai maschi del suo paese, a partire da suo marito. Non sempre ci fanno una bella figura questi uomini, pronti a ubriacarsi o a correre dietro a qualsiasi donna, spesso rissosi e lesti a menar le mani. Lavoratori sì, tuttavia non sempre capaci di rapporti di reciprocità con le mogli. Ma quando si tratta di ballare, donne e uomini, sono tutti buoni e belli: si scatenano con i ritmi caraibici, in preda ad una nostalgia per l'isola del sole, del mare, del vento e della lussureggiante vegetazione.

Anche la Ega, come Fanon, osserva lo spaesamento dell'immigrato, in realtà del colonizzato, la privazione graduale della propria lingua e cultura, della sua individualità. Lo osserva soprattutto tra i caraibici che hanno salito i gradini della società francese e per dimostrarsi più francesi dei francesi, tengono a distanza gli altri, a livello economico e culturale, prendendo in giro coloro che sono più restii a farsi assimilare. Eppure proprio queste persone si trovano ai vertici delle associazioni che dovrebbero servire ad aiutare i meno abbienti o i più deprivati culturalmente: contro di loro spesso la scrittrice lancia strali avvelenati.

La sua ricerca termina nel '64: ha abbastanza materiale per una eventuale pubblicazione. Dopo sarà l'anima di tante iniziative sociali e culturali, occupandosi di alfabetizzazione e sanità per i più poveri. Alla sua morte una folla immensa seguirà il suo funerale e le sarà dedicata nel quartiere Busserine, dove ha vissuto e combattuto le sue battaglie, una targa da parte dei connazionali riconoscenti. Il suo libro sulle domestiche caraibiche vedrà la luce solo due anni dopo la sua morte; occorrerà infatti attendere il 1978, quando in Francia si apriranno spiragli politici e culturali più favorevoli per permetterne la pubblicazione.

Scritto con rabbia e risentimento, ma anche con ragionevolezza, spesso con ironia, è una lettura interessante anche per l'oggi. Molti temi sono ancora attuali, basti pensare alla schiavitù di molte badanti, alla precarietà dei lavoratori agricoli e di quelli nell'edilizia. E alla difficoltà di accettare che si possa essere europei ed africani (o asiatici o sudamericani) nello stesso tempo, in modo particolare in Italia.

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