Maaza Mengiste - Il Re Ombra - a cura di Habté Weldemariam

 

 

 

 

 

 Maaza Mengiste

 IL RE OMBRA

 Einaudi, 2021

 Traduzione di Anna Nadotti

 

 

Ambientato durante l'invasione italiana in Etiopia, proclamata da Mussolini nel 1935, Il Re ombra ci riporta in quello che ormai molti considerano il vero inizio della Seconda Guerra Mondiale. Esso ruota intorno a un esercito di donne - finora escluse dalla memoria storica - combattenti in prima linea per la liberazione dell’Etiopia. Attraverso personaggi complicati che non affrontano risposte facili, il romanzo storico esplora cosa significa di fatto essere donne in guerra.

Ho letto in una intervista che l’autrice afferma di avere studiato a lungo le vicende storiche di quel periodo storico, documentandosi per evitare la retorica: “Mentre facevo ricerche ho iniziato a pensare ai miti e alle leggende della guerra, e mi sono resa conto che se l'Italia aveva la sua macchina di propaganda, allora dovevo anche accettare il fatto che l'Etiopia avesse le sue mitologie su questa guerra. […] Ho capito che ciascun Paese ha miti e propaganda. E che la verità di cosa succede in guerra è fuori dagli archivi. […] dovevo rompere i miti, le leggende e la propaganda e guardare più a fondo”.

Da qui il punto d’osservazione scelto dall’Autrice che esamina le parti in conflitto, dandoci uno sguardo aperto e stimolante su questo periodo della storia che racconta: quello degli etiopi che difendono il loro paese; dei “cattivi” ovvero gli italiani cosiddetti ‘’brava gente’’; degli ascari che vengono considerati traditori; di Haileselassie, il Re in esilio, unico personaggio storico, afflitto da dubbi sulla propria legittimità mentre, in Inghilterra, aspetta la fine della guerra; dell’umile contadino musicista “Re Ombra” che riveste panni non suoi. Infine le donne, le vere protagoniste del  Re Ombra. Perché, se c’è una cosa che tutte le guerre, antiche e moderne, hanno in comune, è che ci sono sempre state raccontate come palcoscenico di soli uomini. E che Il Re ombra ci apre nuovi orizzonti sul ruolo delle donne durante il tempo di guerra.

Il romanzo si apre nel 1974, mentre Hirut, seduta per terra in un angolo della stazione di Addis Abeba, attende qualcuno del suo passato  a cui deve restituire una cassetta piena di lettere, di articoli di giornale, di fotografie. Tenendo la scatola, sente le voci degli “innumerevoli morti che esigono risurrezione” e mentre apre la scatola con le immagini terrificanti che contiene, la narrazione torna al 1935 e descrive una guerra portata avanti con inaudita brutalità, impari, razzista (1) …, malgrado i richiami della Società delle Nazioni (oggi Nazioni Unite).

L’audacia delle guerriere.  

Questo straordinario romanzo lirico di Maaza Mengiste dicevamo, ci ha aperto nuovi orizzonti sul ruolo delle donne durante il tempo di guerra, come audaci guerriere che difendono il loro paese. C’è proprio l’intento di dare vita a quelle donne e di rappresentarle come entità dinamiche. Con la potenza poetica delle sue parole, ci svela che le donne, in battaglia, svolsero un ruolo altrettanto importante di quello degli uomini. Erano presenti ma non hanno parlato della loro esperienza quotidiana. Una donna poteva essere un soldato sul campo di battaglia, ma di ritorno dal campo, gli uomini potevano fare di lei quello che volevano. Le donne si vergognavano di parlare di quei momenti, perché avendo sacrificato tutto, era umiliante per loro ammettere che erano state in grado di difendere il territorio, la terra, ma non il proprio corpo.

Ed è soltanto una delle rivelazioni del romanzo, affresco epico e corale dipinto magistralmente dall’autrice che restituisce nomi e volti ai protagonisti dimenticati della guerra d'Etiopia. È una storia di corpi e ombre, che si allungano a sfidare le consuetudini, i ricatti, la violenza. Attraverso le protagoniste, l’autrice ci fa capire da subito che la guerra per le donne non è solo quella che si combatte con i fucili contro gli invasori, ma che il corpo stesso delle donne è un campo di battaglia. Così incalza la “Capa” Aster alle donne dei villaggi ricordando loro: “Noi siamo più di questo. Chi si ricorda cosa significa essere più di ciò che il mondo pensa che siamo?”. E le donne rispondono, combattendo, fabbricando nuovi proiettili dai bossoli ‘talian’.

Non c'è guerra senza fotografia.

In Italia, la guerra fu preparata e accompagnata da un’imponente campagna di propaganda. Tutti i mezzi di comunicazione di massa furono mobilitati e posti al servizio dell’impresa coloniale del regime. Gli italiani furono sommersi da una vera inondazione di messaggi relativi agli etiopi: un popolo di selvaggi che vivono in capanne decrepite; che non si lavano, per i quali il Duce è l’unica speranza. Nel materiale satirico, ad esempio, gli etiopi sono privati di qualsiasi umanità. Le donne sono merce, oggetti da comprare e persino spedire come pacchi postali, mentre gli uomini sono guardati come animali. Il caso limite si avrà nell’equiparazione tra abissini e insetti, quasi a giustificare che il gas sia l’arma più efficace da usare nei loro confronti (2).

Lo scenografo de Il Re Ombra, Ettore Navarra, ebreo, detto “Foto”,  sotto la sorveglianza del colonnello Carlo Fucelli crea la storia più potente, ossia quella visiva, perché se la narrazione può aiutare a capire, le fotografie fanno qualcos’altro: ci ossessionano. Nel romanzo, Ettore Navarra è “un archivista di oscenità, un collezionista di terrore”, che obbedisce all’ordine di Fucelli di fotografare la caduta mortale dei prigionieri etiopi lanciati in un burrone: le sue fotografie dovranno imbalsamare la morte, cogliere l’ultimo volo di ciascun prigioniero, deve costruire una narrazione colossale, lirica e tragica. Eppure, Ettore Navarra, come tutti i personaggi che incontriamo nel romanzo, è una figura complessa: come fotografo, vive di luci e di ombre; è complice del massacro, ma è divorato dai sensi di colpa; è carnefice ma scivola nel ruolo di vittima quando in Etiopia giunge la notizia della deportazione degli ebrei. Riesce a tollerare gli orrori di cui è complice solo a patto di non guardare mai direttamente i prigionieri che egli fotografa: “li ha sempre visti attraverso l’obiettivo, e al solo scopo di inquadrarli in una luce perfetta: il loro valore misurato nel gioco fra ombra e nitidezza”.

Il coro, il ritornello, l'interludio, i commenti in stile greco.

La struttura del romanzo aggiunge un livello grazie alla sua inclusione di segmenti-capitoli di transizione come “coro” "ritornello", "interludio" e fotografie di guerra. “Interludio” che descrive Haileselassie in esilio; e un “Coro” che commenta le attività dei personaggi del romanzo. Il risultato è un romanzo epico che ricorda le grandi tragedie greche. La narrazione delle donne non è univoca, non è un’aria di soliste, non si appiattisce sul loro punto di vista. Quando prende la parola il Coro, a metà tra la tradizione greca antica e quella degli azmari etiopi (i griot), il registro si fa lirico, ma non a fini celebrativi: il Coro di Maaza, come quello dell’Agamennone di Eschilo, ha una personalità ben definita, che gli permette di adempiere alla funzione di dare voce al non detto, rettificare, contestare, aggiungere, ragionare. Perché la storia è sempre territorio di negoziazione, di contestazione, di contesa. Il Coro agisce spesso come una sorta di commento. A volte è un flashback per spiegare un momento importante che ha sottolineato un personaggio. Questi inserti fungono da pausa mentre si spostano per concentrarsi esclusivamente su Haileselassie, ad esempio. Durante la guerra, mentre uomini, donne e bambini iniziano a combattere per il loro paese, l’imperatore e la sua famiglia scappano. L'Interludio qui è il momento in cui la responsabilità e la colpa sono un peso troppo grande  da sopportare.

Il Re Ombra.

Dopo l’ultima battaglia di Mai-chew, il re Haileselassie è fuggito in Inghilterra con la sua famiglia, mentre la sua gente è rimasta senza timone e senza ispirazione. In una società feudale come l’Etiopia che vanta un’antica indipendenza e una solida tradizione militare, vedere l’imperatore che scappa in esilio è il massimo shock che si possa subire. E quando le sorti delle battaglie volgono al peggio e i guerrieri dei capi etiopi sono costretti alla ritirata, in una situazione del genere bisogna trovare una proposta diversa per mantenere alto il morale e sollevare gli umori della popolazione. E’ Hirut ad offrire un piano straordinario attraverso un escamotage, facendo passare un mite contadino-pastore per l’imperatore esiliato, cui tanto somiglia, diventando così “Il re ombra”, che l’autrice chiama, significativamente, Minim che vuole dire Nulla. Un Nulla che, in groppa ad uno splendido cavallo, indossando le vesti regali, può, con la sua sola presenza, infondere fiducia e coraggio nei guerrieri che combattono l’invasore e un’ombra che può allontanare le ombre che oscurano il paese. Ecco, il re ombra prende di mira questo copione nazionalista e patriarcale della resistenza etiope sotto diversi aspetti. Soprattutto, sottolinea il ruolo delle donne in combattimento.

La guerra glorificata.

In questo romanzo abbonda la rappresentazione di prepotenza con un'enfasi inquietante sugli squilibri di potere. Un esempio: l'umiliazione che spesso accompagna la violenza e il modo in cui gli uomini vedono lo stupro come una necessità non solo per soddisfare i sensi, ma come la rivendicazione di un diritto del loro rango. Abbiamo il colonnello italiano Carlo Fucelli, che è determinato a conquistare la gloria per sé. Ed abbiamo il fotografo dell’esercito, Ettore Navarra (o “Foto”), un ebreo, a cui viene dato l’ordine sadico e pornografico di immortalare esecuzioni e nudi femminili. Navarra diventerà poi la vittima del fascismo e a un certo punto smetterà di ricevere lettere dai suoi genitori, finiti probabilmente  in qualche campo di concentramento.

Maaza è una esperta della caratterizzazione, e i suoi personaggi rivelano chi sono solo dalle loro azioni ; lei si avventura nelle menti di questi due uomini, con le loro confusioni di crudeltà e autocommiserazione, le loro riflessioni sulla mascolinità e la rappresentazione. L'obiettivo fotografico di Ettore, ad esempio, approfondendo il tema della luce e dell'ombra, ci trascina nella complicità traballante del testimone, creando immagini di atrocità, mentre continua a passare dal disagio e dalla riluttanza, ad una tranquilla e certa sicurezza: “queste sono alcune delle migliori fotografie che abbia mai fatto”.

Infine, uno dei meriti del libro è che richiamando l’attenzione ad un segmento di storia così importante, ma molto spesso rimosso dalla storiografia del ‘900, non costruisce una narrazione totalmente univoca. Ricordo tra gli altri, il romanzo di Ennio Flaiano “Tempo di uccidere” ambientato durante la stessa guerra, in cui la prospettiva italiana dell’invasore riduce la popolazione nativa ad un branco di esseri bestiali, nei cui occhi si possono leggere i duemila anni del tempo che si è fermato. Gli etiopi de Il Re Ombra sono invece uomini moderni, certamente tradizionalisti, ma calati nel loro tempo, non arrendevoli, non marchiati dalla percezione di sé come sconfitti.

Dunque, se da un lato, finalmente, possiamo sentire la voce degli Etiopi e non solo quella dei dominatori italiani, dall’altro si apprezza che i personaggi di Maaza Mengiste non siano mai monocordi, divisi in buoni e cattivi.

Una nota personale: L’autrice scrive, riferendosi all’attacco degli etiopi: “si sente alle loro spalle un fischio basso. Il segnale etiope di attacco…”. Da tempi immemorabili, nei campi di battaglia, gli etiopi hanno sempre usato il “Negarit” come mezzo di comunicazione. Sono grandi e piccoli tamburi che segnalano i diversi linguaggi di ’“attacco”, di “vittoria”, di “ritiro”… ma anche segnalano la posizione del nemico e la sua consistenza. Non mi risulta, inoltre, quando scrive sulle persecuzioni razziali e l’espulsione dei professori ebrei dalle università italiane che ciò avvenisse nel 1936.  A me sembra che questa politica di Mussolini avvenisse nel 1938. In ogni modo, piccoli errori non diminuiscono la grandezza di un capolavoro come Il Re ombra, un contributo enorme per l’Italia che ha sempre cercato di rimuovere la storia coloniale. È una storia indispensabile ed esemplare. Una storia che ogni italiano dovrebbe leggere. E non solo.

 

NOTE:

1)-Le pagine sulle violenze perpetrate dalle truppe di Mussolini sono memorabili, narrate da un'onnisciente terza persona attraverso il filtro di Hirut, la protagonista del romanzo che è anche la memoria storica di quei tragici eventi.

2)-Infatti, sull’Etiopia gli italiani sganciarono 1020 bombe da 500 kg caricate a iprite, il famoso “gas mostarda”, che agisce sulla pelle aprendo piaghe di carne viva e, se inalato, distrugge in pochi minuti l’apparato respiratorio: di questo non esistono fotografie. Mussolini le vietò, e impiegò tutti gli strumenti della censura per nascondere l’uso di armi chimiche.

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