Mohamed Mbougar Sarr - Il silenzio del coro - recensione a cura di Giulia De Martino

Mohamed Mbougar Sarr

Il silenzio del coro

edizioni e/o, 2023

 

Un giorno, il poeta francese Yves Bergeret, amico dell’autore, lo invita a seguirlo in Sicilia ad Aidone, dove tiene dei laboratori per migranti, assicurandogli un'esperienza forte e travolgente. Sarr acconsente e si ritrova in un piccolo paesino della provincia di Enna, sui monti Erei “in mezzo a una campagna che sembrava sgorgata da un verso delle Georgiche”. Visita Catania, Noto, Piazza Armerina, conosce il lavoro dell'associazione Don Bosco 2000, operante in Sicilia come in alcuni paesi subsahariani e l'immane fatica dei suoi volontari. Questo è quanto racconta alla rivista Caviar per spiegare la genesi del romanzo Il silenzio del coro, scritto nel 2017 e la sua immersione in una storia di migranti.

Come avevamo già letto ne La più recondita memoria degli uomini, da noi recensito, l ‘opera poggia su alcuni capisaldi che ormai, potremmo dire, sono la sua cifra stilistica, il suo marchio di fabbrica.

Innanzitutto la mescolanza di narrativa, pagine di diari, articoli di giornali, scene teatrali da tragedia antica, segnalati peraltro da una diversa veste tipografica, pagine scritte in prima persona, pagine scritte in terza; politica, economia, cronaca sociale si contendono lo spazio con il calcio; poi, la sovrabbondanza, anzi l'eccesso di parole e verbi, aggettivazioni, richiami letterari a Dante e a Pasolini con cui costruisce le scene o i pensieri dei personaggi, rovesciando addosso al lettore una congerie di descrizioni e riflessioni. Su tutto l'autore inchioda i lettori per l'abilità con cui costruisce le biografie dei protagonisti, donando loro una verosimiglianza ma insieme dei tratti lirici e onirici, con una certa predilezione per i personaggi fuori dagli schemi, come il poeta Fantini e il parroco Bonianno.

Altino, questo il nome che assume nella fiction il paese di Aidone, vede l'arrivo di 72 migranti sbarcati sulle coste, in seguito smistati in questo luogo collinare fuori dal mondo. Ad accoglierli il dottor Pessoto e i membri più in vista dell'associazione: Sabrina, Carla, Suor Maria, Lucia e il senegalese Jogoy, arrivato profugo qualche anno prima e arruolato in seguito come mediatore e traduttore, grazie alla conoscenza del francese e inglese, oltre a una decina tra lingue e dialetti africani dell'Africa occidentale.

Fin dalla prima apparizione del corteo che si snoda tra le viuzze tortuose del paesino per raggiungere le case loro assegnate si nota un'aria di nervosismo: c'erano stati, negli anni, già altri arrivi e sistemazioni, accolti dal sindaco Montero in testa, apparentemente favorevole all'integrazione dei migranti. Ma solo una parte dei paesani ora applaude e si congratula con i migranti; fischi e male parole, oltre al rogo di un pupazzo nero, inducono a credere che gli abitanti siano stufi di questa invasione ormai perenne.

Conosceremo in seguito padre Bonianno, l'esuberante e carnale parroco a capo di questa impresa che, grazie al fatto di essere stato in Africa occidentale, ne conosce alcune lingue e può aiutare i profughi a scrivere e ad abbellire in modo giusto le storie da presentare alla commissione che deve valutare la concessione dell'asilo e del permesso di soggiorno. Non è importante descrivere per cosa si è partiti, per quale scopo o sogno, ma perché lo si è fatto, possibilmente, una guerra, un'emergenza climatica, fame e terrorismo. L'Europa per dare accoglienza ha bisogno di una storia lacrimevole e disperata, non ascolta il bisogno di libertà , della mancanza di diritti per giovani o donne, il desiderio di una vita migliore per sé e la propria famiglia, tradizionali motivi per cui gli uomini sono sempre migrati, oltre alla povertà.

Compare fin dall'inizio della storia Giuseppe Fantini, poeta di fama internazionale, vecchio amico del parroco, ormai ritiratosi a vita privata in un vecchio e cadente palazzo di Altino, senza scrivere più un verso da ormai più di 15 anni, con i tratti di un vecchio burbero e scostante, che non ama più frequentare nessuno, a parte il suo cane. Sotto il poeta si cela il veggente che, attraverso l'ispirazione poetica, profetizza una fine drammatica per il paese e per tutti. Riuscirà l'arte a sopravvivere ai disastri provocati dagli uomini? Può aiutare a salvarli?

Sotto un'apparente calma e tranquilla routine si rivelano inquietudini, tensioni, sottotrame: il dottor Pessoto è in pieno burnout, dovuto allo stress cronico e alle pressioni della moglie che lo accusa di non occuparsi più di lei e dei figli. Sente che ormai la situazione è al limite: non basta curare i migranti, assicurare loro dei pasti, dare un tetto, i loro sogni dell'arrivo in paradiso si spengono nelle lunghissime attese burocratiche, nella mancanza di lavoro in un posto remoto e dimenticato, nello scoglio duro dei paesani che non li vogliono per razzismo, ignoranza, fomentati da forze politiche xenofobe, attente soprattutto alla quantità di voti ottenibili cavalcando la soluzione definitiva della questione immigrazione. Pur continuando il suo lavoro si sente in preda ad un pessimismo, che contagia persino la sua voglia di allenare la squadra di calcio, messa su con passione dall'associazione e che ha finora dato buoni risultati. “Mangiare e avere un tetto sopra la testa sono due cose importanti, vitali, ma non fondamentali. Non bastano. Gli uomini, tutti gli uomini hanno bisogno di ragioni più profonde per vivere”. Il paese di Altino, sospeso tra cielo e campagne, in un'aura mitica e atemporale, sembra perfetto per il il tempo dell'attesa, cui sono costretti i migranti.

Anche Jogoy sente di non farcela più a tradurre, si pone dei problemi sulla traduzione, se serva per davvero a introdurre nelle storie dei migranti, scritte per la commissione Asilo, le loro sofferenze e la forza dei loro sogni. “Da un lato l'impossibilità di comunicare una parte dell'essenziale, il fallimento della lingua di fronte all'enigma umano e dall'altro, nonostante tutto, il tentativo disperato di dare un nome o quanto meno avvicinarsi a quell'enigma attraverso la lingua. Fallimento e speranza...Pur essendo il segnale di qualcosa che è andato perso, tuttavia, la traduzione è anche la promessa che qualcosa sarà ricreato.” Jogoy scrive tutta la sua storia, le sue difficoltà e riflessioni in un diario, iniziato all'arrivo ad Altino con la descrizione del naufragio e della morte, durante il viaggio per terra e per mare, di molti suoi amici.

Nel romanzo circolano alcune storie d'amore che non riescono ad esprimersi e restano sotto traccia come quella del giovane Fousseyni e di Lucia, muta per un trauma subito in seguito al suicidio della madre; o dell'amore trasformatosi in odio mortale di Sabrina e Maurizio Mangialepre, passato, per vendetta amorosa, dalla parte del bene a quella del male; o a quella di Jogoy per Carla, già fidanzata, ma con un debole per lui.

Mangialepre per far fuori i migranti politicamente, tenta il sindaco, già predisposto ai tradimenti politici, con un posto di senatore in Parlamento, se acconsente ad alcune losche operazioni elettorali; il capitano dei carabinieri Matteo Falconi si sente intrappolato tra quello che considera essere il suo dovere di proteggere i migranti dalle angherie e le ragioni politiche che gli vengono impartite.

L'arrivo in paese dei Calcagno, scagnozzi del Mangialepre, pescati nelle torbide tifoserie del Catania, tutti patria italiana e Gesù , rompe gli apparenti equilibri e comincia a succedere il finimondo: sgarri, scazzottate, violenze e soprusi nei confronti dei migranti mandano in tilt il paese fino al tragico bagno di sangue finale, che vede anche stupri e violenze sulle donne. Chi è stato a compiere queste gesta esecrande? I paesani o i ragazzi ? ( così vengono chiamati in italiano nel testo i migranti).

Ma nessuno è innocente, come indicano i personaggi di Bemba e soprattutto Salomon, arrivato in Italia con la voglia di vendicarsi dell'occidente, che si trascinano dietro altri migranti nel tentativo di contrapporsi fisicamente ai paesani.

Tutti, siciliani e stranieri, devono confrontarsi e affrontarsi con il tasso di estraneità dell'altro, con le ragioni, reali o presunte, i problemi, gli obiettivi dell'altro. L'autore ci lascia inquietanti riflessioni sul concetto di umanità: non umano nel senso di buono, ma un umano che contiene anche Caino fin dalle origini e con cui gli uomini devono fare i conti.

A terminare la storia ci si mette l'Etna, che con una spettacolare e rovinosa eruzione sprofonda il paese nel fuoco e nella cenere, nel gas e nelle pietre. All'indomani del massacro della notte di migranti e paesani, i protagonisti della storia si guardano smarriti e si contano: molti sono morti, altri sono vivi, ma non c'è tempo di pensare, l'eruzione incombe e tutti devono scappare. In silenzio. Nel paese dove erano risuonati i cori di nostalgia, rabbia, disperazione dei migranti, domina un grande silenzio: solo un grido si era udito, quello della voce riacquistata della giovane Lucia in cerca del suo Fusseyni.

Un finale apparentemente leopardiano: gli uomini riuniti in social catena si allontanano. Ma...

Non ci inoltriamo di più. Un poeta che si dissolve nel suo ultimo poema, scritto nei giorni feroci precedenti e una misteriosa statua di Atena, vanto dell'archeologia locale superano un finale da semplice storia di migranti e allargano la visuale alla possibilità per la letteratura e l'arte di aiutare gli uomini a superare i confini entro i quali si rinchiude . A rifiutare, insieme all'autore, cinismo e mancanza di speranza.

 

 

 

 

 

 

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