Namwali Serpell - Capelli, lacrime e zanzare - a cura di Habté Weldemariam

 

 

  

 

 Namwali Serpell

 Capelli, lacrime e zanzare

 Fazi editore, 2021

 Traduzione di Enrica Budetta

 

 

Come reagireste a un romanzo che si apre con il ronzio di uno sciame di zanzare parlanti che, grazie alla loro conoscenza, superano le barriere tra passato e presente, e prevedono il futuro? Domanda più che lecita quando si inizia la lettura di "Capelli, lacrime e zanzare", già additato dalla critica come «il grande romanzo africano del ventunesimo secolo».

Un libro impressionante, che inizia come un romanzo storico e finisce come un’avventura futuristica, spaziando abilmente tra racconto storico e fantascienza, muovendosi fra dibattito politico, realismo psicologico, realismo magico, realismo sociale, satira, fiction, thriller di spionaggio. Una narrazione ampia e avvincente di gesta quotidiane e imprese eroiche, commisurate alla difficoltà del vivere nella povertà endemica di un Paese che diventa paradigma di un intero continente. Il romanzo abbraccia l'ampio passato: nascita, sviluppo e destino dello Zambia passando per il precolonialismo occidentale, le guerre d’indipendenza (più di cento anni) e raccontando l'imminente futuro tecnologico digitale immaginario che batte alle porte.

Già dall’inizio, il lettore si confronta, con un paratesto schematico che cerca di dare ordine e forma. Viene fornito un albero genealogico per guidare il lettore attraverso l'intreccio delle voci narranti. Inoltre, la sezione "Contenuti" raggiunge una funzione di ordinamento simile in quanto articola il livello del discorso del romanzo, consentendo al lettore di visualizzare la sua cornice narrativa multifocale. Il romanzo è strutturato in tre sezioni – “le nonne” (Sibilla, Agnes, Matha), “le madri” (Sylvia, Isabella, Thandiwe) e “I bambini/figli” (Joseph, Jacob, Naila). Ciascuna divisa, a sua volta, in tre capitoli, intitolati con i nomi dei nove personaggi. Pertanto, nonostante la sua fondazione patriarcale, l'organizzazione generale del romanzo è piuttosto matriarcale. Inoltre, questi nove capitoli sono inscritti in una cornice narrativa in cui altri due capitoli, "Le cascate" ( le maestose Cascate Vittoria) e "La diga", aprono e chiudono rispettivamente il romanzo, fungendo da prologo ed epilogo.

La storia è attraversata da tre famiglie (una nera, una bianca e una mista) e da cinque donne, (Sibilla, Agnes, Matha, Sylvia e Naila”) e da almeno una trentina di altri personaggi, tutto raccontato principalmente dal punto di vista delle donne. Da sottolineare qui, l'importanza dell'istruzione femminile e le conseguenze del cambiamento tecnologico, fortemente presenti.

IL PATRIARCA “MUSUNGU

La trama parte dai primi colonizzatori, agli inizi del '900. L’Autrice avverte nella prima pagina: "Questa è la storia di una nazione, non di un regno o di un popolo, perciò inizia, ovviamente, con un uomo bianco". Infatti, nel capitolo iniziale del romanzo, assistiamo alla morte di David Livingstone, il cui cuore è sepolto sotto un albero nel veld dello Zambia. Il narratore, contemplando i momenti finali dell'esploratore vittoriano, sostiene che "con il suo radicamento e il suo vagabondare, le sue fermate e ripartenze, diventa nostro padre inconsapevole, il nostro involontario pater muzungu". L'ultima frase, che significa “uomo bianco” in bantu, incarna il potere simbolico della spedizione di Livingstone dall'Inghilterra verso lo Zambia in quanto, come nella frase citata dell’autrice, la storia di una nazione inizia con un bianco..

Il travolgente, epico romanzo multi-generazionale basato su memorie, testimonianze reali e voli di fantasia, esplode lasciando spazio ai generi letterari più diversi, facendo di "Capelli, lacrime e zanzare" un'epopea contemporanea e visionaria che ha dell’incredibile.

Come abbiamo visto sopra, combinati tra diversi generi di narrativa, il libro inizia con un uomo, un fotografo britannico itinerante di nome Percy Clark, che si guadagna da vivere vicino alle Cascate Vittoria all’inizio del XX secolo nel 1904; prosegue conducendo il destino di tre famiglie - una nera, una bianca e una mista - a intrecciarsi per più di un secolo di avvenimenti ai limiti dell’immaginabile: ragazze completamente ricoperte da peli o afflitte da uno scrosciare infinito di lacrime, tenniste cieche, stregoni e streghe locali, esploratori eccentrici, commercianti dai dubbi valori morali, prostitute romantiche, politici anticolonialisti, soldati anti-indipendenza e “afronauti”…

Nel romanzo, il personaggio di Percy Clark serve a illustrare la ricerca spericolata da parte degli europei del divertimento e dell'avventura nel continente africano e il loro atteggiamento razzista nei confronti delle popolazioni locali.

Un'altra figura storica è Edward Nkoloso, un combattente della resistenza nello Zambia e fondatore della National Academy of Science, Space Research and Philosophy. Nkoloso voleva essere il primo, prima degli Stati Uniti e Russia, a inviare persone sulla luna; qui, Matha è un afronauta nel programma di Nkoloso. A ben vedere, Serpell ritrae ripetutamente lo Zambia come un paese di innovazione. Oltre ai progressi nella ricerca spaziale, sono in corso eccellenti ricerche sul trattamento dell'AIDS e i nipoti sono responsabili dello sviluppo dei droni più piccoli del mondo.

‘AFROFUTURISMO’

Il formato ibrido del romanzo, con la fusione di realismo storico, fantascienza, ecocriticismo, realismo magico e afrofuturismo (1) e l'incorporazione di parole bantu, porta in primo piano la struttura multistrato della narrazione; attraverso una generica flessibilità si può dire che riproduca un modello di memoria multiprospettica. Possiamo vedere anche come l’opera attinga all'eredità letteraria del romanzo storico africano, un'enorme iniezione di energia dal fenomeno storico della decolonizzazione, che ha infuso nel romanzo un senso di azione storica e un desiderio di contribuire alla costruzione di identità culturali postcoloniali praticabili per le nuove nazioni africane.

Da questa prospettiva, l'enorme scala storica del romanzo mescola diverse realtà etniche, politiche, di classe e genere, attraverso la storia e la geografia, e mette in evidenza il ruolo cruciale del passato nel plasmare l'identità culturale dello Zambia. Elementi di realismo magico, come le zanzare che si alternano con i protagonisti umani nel narrare la storia, contribuiscono a materializzare “un universo alternativo in cui elementi fantastici si affiancano al reale in un processo di equivalenza”.

A tale proposito, l’Autrice ha inserito un coro greco di zanzare, una mente alveare che commenta le debolezze umane che “le è venuto in mente in sogno”. Il libro stesso utilizza un minuscolo disegno di una singola zanzara, a guisa di asterisco, per creare interruzioni tra i passaggi che scorrono sulle pagine.

ROMANZO MULTI-GENERAZIONALE

Il romanzo è veicolato attraverso il linguaggio figurale di metafore, analogie, allegorie e montaggi, dispositivi linguistici che consentono connessioni e trasformazioni nel tempo e nello spazio.

Questo intreccio di molteplici tracce è percepito dal lettore nel personaggio di Sibilla che funge da raccolta simbolica tra i vari filoni narrativi. Come suggerisce il nome, la donna incarna gli oracoli mitologici dell'antica Grecia, le cui profezie si diceva fossero in grado di orientare il destino umano. Il suo nome non solo suggerisce un intreccio problematico dell'asse temporale, ma ricollega anche la storia multigenerazionale di Serpell ai toni su scala epica dell'Eneide di Virgilio. Come nel poema di Virgilio, l'eroe Enea si accinge a consultare il famoso oracolo della Sibilla Cumana, dalla cui profezia dipende il suo destino in Italia, così, in modo simile alla figura mitologica, la figlia illegittima dell'aristocratico italiano Giacomo Gavuzzi incarna l'intricata trama della storia di Serpell.

 L’ALLEGORIA DEI CAPELLI

I capelli si trovano ovunque nel romanzo, diventando un vettore allegorico di coesione e l'emblema dello scorrere del tempo, stabilendo connessioni imprevedibili tra persone e luoghi. Il viso e il corpo di Sibilla sono interamente ricoperti da una peluria, come per una misteriosa magia.

Orizzontalmente, i capelli stabiliscono collegamenti mnemonici tra le tre famiglie mentre, verticalmente, intrecciano anche i membri della stessa famiglia.

Il lettore scopre che la madre di Sibilla, che lavorava come serva per i Gavuzzi, aveva sviluppato un desiderio per il prezzemolo durante la gravidanza e che l'orto dove veniva coltivato il prezzemolo era stato fertilizzato con i capelli avanzati di un barbiere. Secondo questo aneddoto, l'irsutismo di Sibilla è quindi una condizione ereditaria che affonda le sue radici nella terra stessa in cui è nata, sebbene forme di ramificazioni rizomatiche si estendano oltre la sua origine geografica.

Sibilla diventa cliente del salone di Sylvia, legando così la sua trama a quella dei Mwamba, discendenti di N'gulube. Se i capelli collegano il viaggio di Sibilla dall'Italia verso lo Zambia attraverso il commercio di Sylvia nella neonata nazione africana, anche la figlia di Sibilla, Isabella, sembra beneficiare dell'irsutismo della madre. Isabella gestisce temporaneamente un'azienda di parrucche, fino a quando non sposa un uomo indiano più anziano, Balaji, che vende prodotti per capelli. Un ulteriore esempio della forza generativa e allegorica dei capelli è esemplificato nella terza generazione della famiglia di Sibilla. Sua nipote, Naila, decide di soddisfare il desiderio di suo padre di disperdere le sue ceneri nel Tempio di Tirumala. Si reca poi nel sud dell'India, un viaggio che amplia la portata geografica del romanzo, dove Naila, aggrappata alla tradizione indù della tonsura, si fa tagliare i capelli da un barbiere indiano. Questa pratica le permette di piangere la perdita del padre e riconnettersi a uno dei molteplici frammenti della sua composita origine etnica.

Allegoricamente, i capelli conservano il loro potere metanarrativo, suggerendo una forza generativa in grado di moltiplicare i fili narrativi. Inoltre, i capelli diventano un simbolo performativo flessibile dove passato, presente e futuro si intrecciano, creando un senso di solidarietà tra le persone e aprendosi a continue trasformazioni.

La funzione rigenerativa di questo linguaggio allegorico emerge con chiarezza nelle ultime generazioni dove la rivoluzione tecnologica proietta le persone nel futuro, sfumando il confine tra mente umana e macchine. Negli ultimi capitoli, il romanzo presenta la proliferazione di macchine ad alta tecnologia chiamate “Beads”, dispositivi tecnologici incorporati nelle mani dell'uomo. Allo stesso modo degli smartphone, le “Beads” diventano un mezzo nelle mani del governo per controllare i cittadini e, in una fase successiva, per trasmettere loro un vaccino sperimentale contro l'HIV.

Quello che a prima vista sembra un romanzo di esplorazione coloniale si rivela presto una storia di esplorazione psicologica: la prospettiva distopica incarnata dai “Beads” sembra implicare una versione del potere coloniale del XXI secolo, a causa delle loro implicazioni in termini di libertà individuale. Inoltre, questa posizione speculativa fornisce un inquietante avvertimento sulla delicata interfaccia tra questioni biopolitiche e protezione della privacy, come dimostra il dibattito sull'uso delle app per il monitoraggio dell'attuale pandemia di COVID-19.

 CONCLUSIONE

Il titolo originale dell’opera, “The Old Drift”, si riferisce a un vecchio guado sul fiume Zambesi che si può considerare testimone del doloroso passaggio a nazione dello Zambia, in uno sfondo di lotte e spostamenti. La narrazione potrebbe essere paragonata anche ad un fiume, che più spesso scorre placido, ma talvolta è impetuoso e veloce. Altre volte invece sommerge la memoria come in una piena che ricopre tutto al suo passaggio.

Alla fine del romanzo, Jacob, Joseph e Naila, i rappresentanti della terza generazione delle tre famiglie, vedono lo Zambia attuale come un riflesso dei vecchi tempi, quando i primi inglesi vennero nel Paese, cento anni fa. I tre eredi delle molteplici traiettorie dei loro antenati, organizzano una rivoluzione hackerando la tecnologia, portando infine il lettore verso il futuro. Come ho cercato di dimostrare, Serpell crea una struttura narrativa che riflette l'articolazione multistrato e frammentata della memoria. Il colonialismo britannico, gli stereotipi razziali, la migrazione umana e altre manifestazioni di sfollamento influenzano le trame delle tre famiglie, creando un'interazione tensionale tra tempo cronologico e ciclico.

 

  • (1) Nel suo libro (pamphlet), “Black to the future: Afrofuturism and Black Subjectivity“ lo studioso Mark Dery che ha coniato il termine, dice che “[L'afrofuturismo] è finzione speculativa che tratta temi afroamericani e affronta le preoccupazioni afroamericane nel contesto della tecnocultura del ventunesimo secolo e, più in generale, il significato afroamericano che si appropria di immagini di tecnologia e futuro…” La fiction speculativa, come suggerisce il nome, è uno spazio in cui si fondono elementi soprannaturali, fantastici, storici e futuristici. È anche strettamente legato alla fantascienza e alla tecnologia ed esplora i diversi modi in cui l'umanità potrebbe esistere. Dery prosegue chiedendo: "Può una comunità il cui passato è stato deliberatamente cancellato e le cui energie sono state successivamente consumate dalla ricerca di tracce leggibili della sua storia, immaginare futuri possibili?"

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