Chekh Tidiane Gaye, Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera
Edizioni Jaca Book, 2013
Nella forma di lettere all'amico Silmakha, un cittadino italo-senegalese con impiego in banca a Milano vuole trasmettere il disagio che prova nello stare in quella che potremmo chiamare la società sviluppata. Il suo non è il rifiuto di un mondo, perché in questo mondo l'autore vuol vivere: ormai è anche il suo mondo, in cui però non si sente accettato, non si sente parte a pieno titolo. Questa città, di cui l'autore parla perfettamente la lingua, lo vorrebbe diverso. In fondo si dovrebbe spogliare della sua pelle nera, dei suoi legami culturali, di ciò che per lui è il valer la pena, e la gioia, del vivere. L'opera è da un lato una raccomandazione al fratello e ai suoi di non spogliarsi di se stessi, dall'altro una critica interna alla società che si vuole democratica e del diritto, e di cui l'autore vuole far parte, ma a cui è costretto a porre una domanda: "Il muro è storico, ma l'esperienza è sempre profetica. Per sconfiggere l'odio e il rancore occorre maggiore giustizia. Non dobbiamo avere paura. Dove sono finiti oggi i diritti e la legalità?". Alla domanda si aggiunge la messa in questione di un modo di vivere. Prefazione di Giuliano Pisapia.
Tunisia
Habib Selmi, Gli odori di Marie Claire
Edizioni Mesogea, 2013
Questa è una storia d'amore. Mahfudh, giovane tunisino emigrato da diversi anni in Francia, portiere in un albergo e docente universitario a contratto, incontra in un caffé parigino Marie Claire, giovane donna francese che, dopo gli studi di storia e geografia, sceglie di lavorare come impiegata in un ufficio postale. I due si innamorano e vanno a vivere insieme, avviando la cronaca quotidiana di ragione e sentimento che apre il varco alla scoperta di sé e dell'altro, ma anche alle insidie della vita in comune. Nel racconto che Mahfudh fa della sua relazione con Marie Claire - intrisa di una sensualità senza manierismi, istintiva ed essenziale come una lingua d'intesa - emergono le differenze, i codici simbolici, di un universo sentimentale fatto di due mondi, quello delle donne e quello degli uomini. Ma non solo.
Tunisia
Iman Bassalah, Hotel Miranda
Edizioni New Compton, 2013
Due donne in fuga verso la libertà
Due donne in fuga. Selma è una giovane dissidente che scappa dalla Tunisia, dal suo regime dittatoriale, e dalle repressioni violente e tuttavia silenziose. Alle spalle un passato doloroso: il carcere, uno sciopero della fame che l’ha quasi uccisa, un amore spezzato e una famiglia – madre e fratellino – che forse non rivedrà mai più. Ma Selma vuole vivere ed essere libera, per questo affronta il mare su un fragile barcone pur di raggiungere le coste di Lampedusa e da lì la città dei suoi sogni: Parigi. Louise, fotografa di successo e figlia della buona società parigina, si sente intrappolata in un ruolo che non ha scelto. Decisa a non trascorrere un altro 14 luglio prigioniera della sua vita, abbandona marito, figli e benessere, facendo perdere le sue tracce. I destini delle due fuggitive si incontreranno in un piccolo albergo alla periferia di Parigi, l’Hotel Miranda, popolato da personaggi eccentrici e pittoreschi con storie complesse, commoventi e tremendamente umane. Qui, nel calore di questa strana e variopinta famiglia, Selma e Louise intraprenderanno il loro personale e definitivo viaggio verso la libertà.
Algeria
Alham Mostaghanemi, L'Arte di dimenticare
Edizione Sonzogno, 2013
Amalo come sai fare tu, dimenticalo come farebbe lui
Quando una donna viene lasciata, tanto più se di punto in bianco, le ambasce del cuore possono travolgerla e spingerla a entrare nel tortuoso tunnel delle supposizioni, delle attese spasmodiche - più o meno sensate - di un segnale, magari nella speranza che non sia proprio l'ultimo e che lui ritorni. Ma così non va. C'è una cosa che le donne dovrebbero imparare dagli uomini, e cioè l'arte di dimenticare. Nessuno ci insegna come si fa ad amare, a evitare di essere infelici, a dimenticare, a spezzare le lancette dell'orologio dell'amore. Come si fa a non tormentarci, a lottare contro la tirannia delle piccole cose, a neutralizzare il complotto dei ricordi e ignorare un telefono che resta muto. Esiste qualcuno che, mentre siamo lì a singhiozzare per un torto d'amore, ci dice che un giorno rideremo di quella stessa cosa che oggi ci fa piangere? Attraverso le confidenze di amiche e conoscenti, proverbi e una ricchissima raccolta di aforismi di personaggi famosi - poeti, scrittori, filosofi arabi e non - questo libro è una sapiente e gustosa raccolta di pillole di saggezza per prendere le distanze da una storia finita e creare i presupposti per una nuova. Una meditazione piena di stile e ironia su come sopravvivere all'amore e ai suoi danni
Algeria
Daoud Kamel, La prefazione del negro. Racconti
Edizioni Casagrande, Bellinzona 2013
Un corridore olimpionico taglia per primo il traguardo dei diecimila metri ma non riesce più a fermarsi. Un ex ufficiale dell'esercito algerino costruisce un aeroplano con le proprie mani ma non riesce a vincere l'indifferenza dei visitatori di una fiera internazionale ("Un arabo è comunque più famoso quando dirotta un aereo che quando lo costruisce!"). Uno scrittore lotta contro la propria negritudine e cerca di non scrivere l'unico libro che ci si aspetta da lui. Invece di far esplodere l'aereo di linea con il quale sorvola l'Atlantico, un arabo preferisce lanciarsi nel vuoto e raccontare la sua storia per tutto il tempo della caduta. Quattro personaggi che si rifrangono in una moltitudine di figure, come in un labirinto di specchi nel quale i lettori non tarderanno a riconoscere anche i tratti del proprio volto, di Negro o di Uomo Bianco, di Robinson Crusoe o di Venerdi.
Egitto
Ahdaf Soueif, Il Cairo. La mia città. La nostra rivoluzione
Editore Donzelli, 2013
Il 25 gennaio 2011, quando scoppia la rivoluzione in Egitto, Ahdaf Soueif, giornalista e scrittrice di fama internazionale, è colta da un unico, irrefrenabile istinto: scendere in strada per mescolarsi ai milioni di giovani che sciamano verso piazza Tahrir. Nessuno sa ancora, neppure lei, che la folla deciderà di fermarsi in quella piazza per diciotto interminabili giorni. Poco più di due settimane: il tempo di una rivoluzione tanto fulminea quanto covata per decenni. Diciotto giorni che hanno segnato la storia presente di un popolo tuttora in pieno fermento, raccontati da chi li ha vissuti in quel luogo simbolo della "primavera araba". Ahdaf Soueif ci conduce per mano tra i vicoli affollati del Cairo in rivolta; ci fa respirare quella straordinaria atmosfera, quella spinta collettiva che porta il singolo a sentirsi finalmente parte attiva di una comunità. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, l'autrice segue il succedersi dei drammatici sconvolgimenti che hanno determinato la caduta del regime di Hosni Mubarak il racconto, tuttavia, non si traduce mai in semplice cronaca: "la storia che ho scritto non riguarda solo gli eventi oggettivi ma anche il modo in cui io, noi, li abbiamo vissuti, sentiti, interpretati". La rivoluzione, comunque, è un processo, ha una vita propria, che si dipana indipendentemente dal modo in cui i suoi stessi artefici l'avevano immaginata. E Ahdaf Soueif non può fermarsi a quei decisivi diciotto giorni: deve andare avanti, perché la rivoluzione stessa va avanti.
Mali
Mah Aissata Fofana, Un cadavere sorridente, una calebasse piangente, un balanzan rimpicciolito
Edizione Segno, 2013
Il libro racconta ancora le avventure dell’ispettrice Fofy nel villaggio barbara – Mali ed è un giallo avvicente che attraverso le indagini della protagonista, porta il lettore nel mondo e nella cultura del Mali.
In appendice il racconto breve Anche gli alberi di mango possono crescere in Italia, scritto dalla figlia di Fofana, Anna Traorè, che affronta con linguaggio semplice ed emozionante il tema dell’integrazione.
Burundi
Rugero Roland, Vivi
Edizioni Socrates, 2013
Roland Rugero è nato in Burundi. "Vivi!" è il suo secondo romanzo. Nel 1993, a causa della guerra, la famiglia di Rugero ha scelto di lasciare il Burundi per approdare in Ruanda prima, in Tanzania poi. Ma, evidentemente, la guerra è rimasta nelle fibre e nella mente del giovane scrittore. Infatti la storia che racconta in "Baho!" (titolo originale di "Vivi!") è intrisa degli orrori e della violenza che ha devastato il suo Paese per un decennio. I segni di una guerra del genere non si cancellano facilmente perché restano impigliati, volenti o nolenti, nei corpi, nei pensieri, nelle paure di chi l'ha vissuta. "La guerra era riuscita a dissociare l'umano dallo spazio, perché aveva svelato con terrore che l'uomo dispone di spazio solo attraverso la sua storia e la sua cultura; violandoli, lo spazio svanisce, l'uomo fugge e allora è retto dai grugniti del suo ventre, dalla paura e dalla fame. Ritorna la bestia errante che percorre giorno e notte la foresta. La guerra aveva messo a nudo lo sguardo dei burundesi".
Taiye Selasi, La bellezza delle cose fragili
Edizioni Einaudi, 2013
Traduzione di Federica Aceto
Kweku Sai è morto all'alba, davanti al mare della sua casa in Ghana. Quella casa l'aveva disegnata lui stesso su un tovagliolino di carta, tanti anni prima: un rapido schizzo, poco più che un appunto, come quando si annota un sogno prima che svanisca. Il suo sogno era avere accanto a sé, ognuno in una stanza, i quattro figli e la moglie Fola. Una casa che fosse contenuta in una casa più grande - il Ghana, da cui era fuggito giovanissimo - e che, a sua volta, contenesse una casa più piccola, la sua famiglia. Ma quella mattina Kweku è lontano dai suoi figli e da Fola. Perché il chirurgo più geniale di Boston, il ragazzo prodigio che da un villaggio africano era riuscito a scalare le più importanti università statunitensi, il padre premuroso e venerato, il marito fedele e innamorato, oggi muore lontano dalla sua famiglia? Lontano da Olu, il figlio maggiore, che ha seguito le orme del padre per vivere la vita che il genitore avrebbe dovuto vivere. Lontano dai gemelli, Taiwo e Kehinde, la cui miracolosa bellezza non riesce a nascondere le loro ferite. Lontano da Sadie, dalla sua inquietudine, dal suo sentimento di costante inadeguatezza. E lontano da Fola, la sua Fola. Ma le cose che sembrano più fragili, come i sogni, come certe famiglie, a volte sono quelle che si rivelano più resistenti, quelle che si scoprono più forti della Storia (delle sue guerre, delle sue ingiustizie) e del Tempo
Repubblica del Congo
Alain Mabanckou, Zitto e muori
Edizione 66thand2nd
Julien Makambo lascia il Congo e a Parigi assume una nuova identità. Ad accoglierlo c'è Pedro, suo connazionale, Sapeur e uomo dai loschi affari. Pedro lo prende sotto la sua ala e le cose sembrano procedere bene fino a un fatidico venerdì 13, quando Julien si ritrova accusato di un omicidio che giura di non aver commesso. Avrebbe scaraventato una giovane francese giù da una finestra. In prigione Julien scrive la sua storia su un diario - un uomo che sfida il destino. Forse non è un caso che Makambo in lingala significa "guai", perché di fronte ai guai regna inesorabile una regola: zitto e muori.
Egitto
Ahmed Mourad, Polvere di diamanti,
Edizione Marsilio, 2013
Traduzione di Barbara Teresi
Il lato oscuro del Cairo e dell'Egitto contemporaneo nel nuovo thriller dell'autore di Vertigo
Taha è un ragazzo del Cairo che ama suonare la batteria e fumare la shisha al caffè con gli amici. Quando non va in giro per studi medici cercando di piazzare qualche farmaco e non fa il turno di notte in farmacia, si prende cura del padre che, costretto su una sedia a rotelle, trascorre le giornate appostato nella sua stanza a spiare la gente con il binocolo. Dalla sua finestra sul mondo osserva le vite degli altri e ne scruta i segreti. Una mattina, rientrando in casa, Taha trova la sedia a rotelle rovesciata e suo padre a terra, colpito a morte. Qualcuno ha voluto ucciderlo. Ma in un paese dove per la legge i più deboli non contano, ben presto le indagini finiscono in un vicolo cieco, e a Taha non resta che cercare giustizia da sé. Inizia per lui un viaggio nel lato più oscuro del Cairo che, accanto alla crudeltà e ai vizi di persone senza scrupoli, gli permetterà di toccare con mano anche l'impegno e la passione di chi crede di poter cambiare una società devastata dalla corruzione e dal clientelismo. Giovani come Sara, la vicina di casa bella e impossibile, giornalista a caccia di inchieste che colpiscano il malcostume, che apre una breccia nel suo cuore. Nelle loro indagini private, Taha e Sara, ognuno con il proprio obiettivo, s'imbattono nella misteriosa polvere di diamante, «il re dei veleni», diffusa un tempo tra i commercianti ebrei della città: una sostanza che una volta ingerita striscia nel corpo silenziosa come una serpe, uccidendo molto lentamente. Primo autore di polizieschi ad aver conquistato il pubblico al di là dei confini del mondo arabo, nel suo nuovo thriller Ahmed Mourad racconta di una città che ha perso l'innocenza, ma non quel lieve e affascinante umorismo che da sempre contraddistingue lo spirito egiziano.
Benin
Florent Couao-Zotti, Non sta al porco dire che l'ovile è sporco
Edizione 66thand2nd, 2013
Traduzione di Claudia Ortenzi
La notte dura un secolo a Cotonou. A caccia dell’assassino di una squillo d’alto bordo e di una valigetta piena di polvere d’angelo ci sono, per scopi diversi, il commissario Santos e l’ispettore Kakanakou; Smaïn detto l’Arabo, un faccendiere arricchitosi chissà come; l’agente di sicurezza Sdk e due femme fatale puttane di professione. La forza di questo romanzo esilarante e pulp sta nello slittamento continuo della storia, che si dipana nel recinto di una Cotonou irrazionale, cortile di un’Africa contemporanea stanca di inghiottire gli scarti dell’Occidente.
Algeria,
Kamel Daoud, La prefazione del negro
Edizioni Casagrande, 2013
Libro di racconti dello scrittore algerino ospite di Babel nel 2013, tradotti da Yasmina Melaouah e le studentesse del corso per traduttori dell’ISIT: Diana Pasina, Gioia Sartori, Elisabetta Di Stefano e Elisa Orlandi
Kenya
Binyavanga Wainaina, Un giorno scriverò di questo posto
Edizione 66th and 2nd, 2013
Traduzione di Giovanni Garbellini
L’autobiografia di uno dei più influenti intellettuali africani. Un memoir straordinario che rompe con la visione postcolonialista dell’Africa e regala l’immagine di un continente nuovo.
I campanelli delle bici-taxi Black mamba, le urla dei meccanici di Nairobi, la musica di Michael Jackson, le animate discussioni delle clienti nel negozio di parrucchiere della madre e le continue risate di suo fratello e sua sorella: l’infanzia di Binyavanga Wainaina è un mondo di suoni e colori sgargianti.
Un giorno scriverò di questo posto incarna l’urgenza di raccontare la propria storia e la storia del continente africano, ma anche il bisogno imprescindibile di descrivere il mondo con parole proprie. Nel suo intenso debutto, Wainaina ci riporta ai tempi della scuola, alla scelta fallimentare di andare a studiare in Sudafrica, raccontando l’ossessione crescente per i libri e la scrittura e lasciando trasparire in filigrana la tumultuosa storia del Kenya, tra lotte tribali e sconvolgimenti politici. Fino all’illuminazione di un viaggio in Uganda, dove per la prima volta vede la sua sterminata famiglia riunita per festeggiare il sessantesimo anniversario di matrimonio dei nonni. Qui, in un miscuglio di lingue e tradizioni diverse, decide: Un giorno scriverò di questo posto.
Binyavanga Wainaina vive a Nairobi , Kenya. E’ il fondatore di Kwani?, una delle principali riviste letterarie africane. Nel 2002 ha vinto il Premio Caine per gli scrittori africani, e ha scritto articoli per Vanity Fair, Granta e New York Times. Dirige il Chinua Achebe Centre for African Writers and Artists presso il Bard College, New York.
Algeria
Belamri Rabah, Uno sguardo ferito
Mesogea, 2013
Nell'Algeria del 1962, alla vigilia dell'Indipendenza, in un villaggio prostrato da sette anni di guerra, Hassan, un adolescente di 15 anni, comincia a perdere la vista a causa di un distacco della retina. Di fronte all'impotenza della medicina, la madre ricorre agli stravaganti rimedi di marabutti, maghi e ciarlatani. Il ragazzo vive così il progresso implacabile della malattia e i drammi del suo paese in lotta. Eppure Hassan è sempre capace di ridere, di desiderare, di imparare, sostenuto dalla memoria e dalla capacità di osservare col suo sguardo ferito la vita circostante, tenera, folle, crudele. Introduzione di Domenico Canciani.
Nigeria
Teju Cole, Città aperta
Einaudi, 2013
Morningside Heights è un buon punto per partire. Incastrato fra la cima di Central Park e il fondo di Harlem, è un punto di partenza buono come ogni altro per le peregrinazioni di questo flâneur contemporaneo, il narratore nigeriano-tedesco Julius, che nella città simbolo della modernità incontra persone, luoghi ed epoche differenti, e lascia che ogni impressione germogli in idee per il nostro tempo.
Scritto in una prosa che ricorda quella di W. G. Sebald e J. M. Coetzee, questo poliedrico esordio ha fatto di Teju Cole una delle voci più promettenti e acclamate del panorama letterario contemporaneo.
Algeria
Hamid Grine, Camus nel narghilè
Edizioni e/o, 2013
Nabil, professore di letteratura francese in un liceo di Algeri, tutto scuola e famiglia, viene a sapere durante il funerale del padre che in realtà è figlio illegittimo di Camus e di una sua misteriosa amante algerina. Lì per lì non crede una parola di tutta quella storia, ma l'idea gli lavora dentro come un tarlo, diventa un'ossessione: in fondo gli piacerebbe essere figlio di un celebre scrittore anziché di quel padre austero e distante che non l'ha mai amato. Così, fingendo anche con se stesso di non crederci, si mette sulle tracce di Camus e della sua fantomatica storia d'amore algerina. Le sue ricerche lo conducono da un vecchio libraio, poi da un'anziana intellettuale, finché insieme a una giovane e bella collega approda a casa di un ex combattente che si è distinto nella guerra d'indipendenza algerina. E lì le rivelazioni fioccano, in un continuo capovolgimento di verità. Una storia originale e piena di ironia, ambientata tra le romantiche bellezze di Algeri e venata di una struggente nostalgia per un mondo che sta cambiando troppo rapidamente.
Amara Lakhous, Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario
Edizioni e/o, 2013
Ottobre 2006. Mancano pochi mesi all’entrata della Romania nell’UE. Torino è scossa da una serie di omicidi di albanesi e rumeni. È in corso una faida fra immigrati delinquenti, oppure dietro c’è la mano della criminalità organizzata che prima “infesta” e poi “bonifica” certe aree per speculare nel settore immobiliare?
Enzo Laganà è metà torinese perché nato a Torino, metà calabrese perché figlio di immigrati provenienti da Cosenza. A lui piace definirsi “terrone di seconda generazione”. È un giornalista di cronaca nera nell’edizione locale di un quotidiano nazionale, vuole vederci chiaro e scoprire il movente degli omicidi.
Contemporaneamente, nel quartiere multiculturale di San Salvario in cui abita, Enzo è alle prese con un’altra vicenda spinosa che riguarda Gino, il maialino del suo amico e vicino di casa, il nigeriano Joseph. Chi ha portato il maialino nella moschea del quartiere? E soprattutto perché?
Enzo dovrà far luce su questi piccoli e grandi misteri usando un bel po’ di fantasia, ironia e tanta pazienza. È l’Italia di oggi, bellezza!
Un giallo all’insegna della commedia all'italiana per raccontare il nostro paese multiculturale.
Marocco
Fouad Laroui, L'esteta radicale
Del Vecchio Editore, 2013 - Traduzione di Cristina Vezzaro
A Casablanca, al Café de l'Univers, un gruppo di giovani conversa, discute, rumoreggia fra un caffé e l’altro; espone opinioni, fatti, idee. Ogni pretesto è buono – un turista che si è perso, un passante eccentrico – per far scattare una scintilla, una parola che scaturisce in una storia. Uno racconta di un matrimonio che qualche anno prima, in un piccolo villaggio, si doveva celebrare fra Malika e un giovane professore islamista. Un altro si ricorda di quella partita di calcio che aveva significato la libertà dei calciatori, o di quell’anno in cui l’amministrazione scolastica non riusciva a assegnare un colore al bounni, che pure era il nome di un colore. Le storie non raccontano solo di un passato recente, i giovani marocchini al bar sono loro stessi una storia, simile a quella dei loro coetanei che hanno lasciato il paese per vivere nelle metropoli d’Europa. Sono ragazzi integrati che studiano e lavorano, eppure Jaafar e Ahmed ( e altre migliaia di ragazzi) stanno colmando una distanza che è ancora un terreno minato, coltivato dall’imprudenza o dall’uso scellerato del linguaggio. Perché se è vero, come dicono questi ragazzi seduti al bar che “la linguistica non ha mai ucciso nessuno” è pur vero che la convivenza e la pietà passano attraverso la traduzione e la comprensione. Fouad Laroui, - una biografia che sembra quella di uno dei suoi giovani protagonisti - racconta una varietà sorprendete di storie che pescano dalla cronaca, la morte di Saddam Hussein, il terrore di Al Quaeda, al costume di un Marocco in cui la tradizione e la religione sono molto radicate. Questo fiorire di storie singolari, costruisce un disegno unico, proprio come i petali compongono la corona del fiore. Il café de l'Univers ( il nome che è un indizio neppure troppo velato) è il punto fermo attorno al quale i racconti partono per violare con semplicità le cornici che li contengono, e tracciare un filo rosso in cui le narrazioni affluiscono per dare corpo e voce al Marocco contemporaneo, ai suoi giovani, alle sue estati afose e certamente alle sue primavere.