Papa Ngady Faye e Antonella Colletta - Il venditore di libri - recensione di Giulia De Martino

 

 

 

Papa Ngady Faye e Antonella Colletta

Il venditore di libri

edizioni Modu Modu,

ristampa da “Se Dio vuole:Il destino di un venditore di libri”, 2013

 

Presentando questo testo ci piacerebbe farvi conoscere una piccola casa editrice che si autoproduce con forze artigianali dal nome Modu Modu, nome che per i senegalesi indica i migranti, coloro che partono. L'autore senegalese del testo Il venditore di libri, insieme a sua moglie Antonella Nicoletta, l'ha fondata nel 2013, circa 7 anni dopo essere arrivato in Italia, in cerca di fortuna.

La particolarità di Modu Modu è di non affidarsi alle librerie tramite la grande o piccola distribuzione, ma di vendere attraverso venditori ambulanti, che in questo modo si guadagnano un onesto stipendio con cui vivere qui e aiutare la famiglia in Africa. La casa editrice si impegna anche ad aiutare i venditori in piccoli progetti di sviluppo a casa loro. Molti sono senegalesi, ma tanti provengono anche da altri paesi africani e molti di noi li avranno senz'altro incontrati in alcune città italiane, anche se la base del suo fondatore resta la Puglia, in particolare il Salentino.

Attraverso il testo Il venditore di libri veniamo a capire meglio cosa c'è dietro queste scelte. Non solo in relazione ai venditori di qualsivoglia merce, che meritano tutti comunque rispetto, ma a quelli che si pongono come dei veri e propri ambasciatori di culture africane, nelle spiagge d'estate, davanti alle librerie o ai locali, durante manifestazioni politiche o culturali. E se gli italiani, che non vogliono essere infastiditi hanno sviluppato strategie per sottrarsi, i venditori africani hanno messo in pratica un miglior savoir faire, cortesia, dignità e anche un italiano fluente nel presentare le proprie merci, che in definitiva vendono cultura e non prodotti qualsiasi. Tutti orgogliosi di presentare testi delle loro culture di provenienza. L'Africa non è solo savane e parchi, villaggi arretrati e bambini che muoiono di fame: attraverso i loro libri cercano di spezzare stereotipi e pregiudizi degli italiani.

La casa editrice si è specializzata in fiabe africane, provenienti da un immenso patrimonio folklorico, presentati con grafiche fantasiose e accattivanti, ma pubblica anche antologie poetiche di giovanissimi autori africani come Ibrahim, appena uscito da un centro per minori nell'avellinese, testi di Mandela e Mariama Ba, di Senghor e Marcus Garvey sulla nascita del movimento rasta. Molte storie di donne, anche qualche giallo .

Se si vuole saper di più basta affidarsi alla lettura di una lunga intervista all'autore pubblicata nel luglio 2017 sulla rivista El Ghibli.

Per tornare al libro in questione diciamo che presenta tre fasi, etichettate come le medesime presenti nella cerimonia del tè, che non è fatto per essere ingollato di corsa, ma degustato lentamente prima forte, poi aromatizzato alla menta, alla fine dolciastro e più acquoso, meno dotato del sapore originario. Per l'autore la memoria funziona come una rilassante bevuta di tè in compagnia.

La prima parte fa emergere la forte e severa (ma anche un po' tirannica) figura del padre, membro di una confraternita sufi, che lo vorrebbe istradare verso la illuminazione divina. Non immaginiamoci un vecchio biascicatore di sure e litanie : quest'uomo era stato un energico sindacalista delle società di trasporti a Dakar. Tuttavia, durante le fasi più giovanili, il ragazzo si divide tra preghiere e moda : jeans, magliette, musica, balli e film, ma in seguito riesce a capire gli insegnamenti del padre che non abbandonerà mai più. Neanche in Italia.

Nella seconda fase emergono dalla memoria tutte figure femminili: sua mamma e sua nonna, la sua prima grande passione per una giovane ragazza da cui avrà una figlia che non potrà concludersi con un matrimonio, fortemente voluto dai due giovani, perché lui appartiene alla casta dei griot e lei dei ger, discendenti di re. Viene sposato con una giovane che saprà conquistarlo con un amore fedele e sincero, da cui avrà un'altra figlia. Il matrimonio finirà tragicamente, quando lui è ormai emigrato in Italia, lasciando un vuoto.

Nella terza fase, dove interviene come personaggio la sua attuale moglie italiana, la memoria scivola verso le illusioni della vita in occidente, poi lo scontro con la dura realtà delle condizione di lavoro e di abitazione, la scoperta di razzismi dichiarati e striscianti, soprattutto quando comincia il suo lavoro di venditore di libri.

La moglie, vedova con un figlio, vuole che racconti come si sono incontrati, come è sbocciato il loro amore e anche la nascita del loro bambino, quando hanno rischiato entrambi, madre e figlio, di morire. Guarda caso, si sono proprio incontrati su una spiaggia mentre lui vendeva libri...

Il testo si conclude non con la visione rosea e stereotipata del futuro in Italia del migrante che ce l'ha fatta, ma con l'energia da profondere per continuare un cammino difficile, con la voglia di non sentirsi uno integrato attraverso la cancellazione della propria cultura, ma con l'accoglienza da parte degli italiani verso chi ha lingua, cultura, religione e tradizioni diverse. “Relativizzare è importante, altrimenti diventa impossibile vivere e convivere. Serve a individuare la molla che sta alla base di ogni singola azione. Qualche volta, dietro ad un atto maldestro c'è un buon proposito. Altre volte, un comportamento impeccabile nasconde il peggiore dei sentimenti. Relativizzare, sì, ma diventare camaleonti, mai.”

Oggi Papa Ngady Faye unisce la musica ai libri, partecipando ad eventi con gruppi musicali italiani come Anima Mundi di Otranto, gira per le scuole a portare la dignità che gli ha consegnato suo padre, forgiata dalle disavventure italiane, dagli incontri e malintesi con le persone che ha incontrato.

 

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